Recensione "Il silenzio grande" di Gassmann: la standing ovation al Teatro Stabile di Torino

Di Alessandra Vita e Vincenzo Reina

Su questo blog abbiamo già recensito il film Il silenzio grande, diretto da Alessandro Gassmann e presentato in anteprima al Festival del Cinema di Venezia nel 2021.

Erano due anni che non rientravamo dentro il teatro Carignano di Torino: quando abbiamo visto in cartellone proprio lo spettacolo omonimo da cui è stato tratto il film, qualcosa ci ha detto che quella era l'occasione giusta per tornare. D'altronde Il silenzio grande parla proprio di luoghi che fanno parte talmente tanto di noi che quasi assorbono la nostra essenza. E nonostante tutto il tempo trascorso, quel teatro sa ancora di casa.


Foto @tapiocablog

Il silenzio grande, scritto da Maurizio de Giovanni, non è solo un dramma familiare: con uno spirito simile a quello del teatro del grande Eduardo De Filippo, il testo porta a riflettere sulle barriere di comunicazione all'interno delle stesse mura di casa. Tante parole non dette, perché troppo importanti, perché si ha paura di sprecarle, portano a tanti piccoli silenzi che, insieme, formano un silenzio grande, impossibile da colmare.

Protagonista della storia è lo scrittore Valerio Primic (Massimiliano Gallo). Pluripremiato e talentuoso, l'uomo sembra quasi non essere protagonista della sua stessa vita. Chiuso nel suo studio, Primic scrive giorno e notte, restando passivo di fronte allo scorrere della vita dei suoi figli, Massimiliano (Jacopo Sorbini) e Adele, (Paola Senatore) e della moglie Rose (Stefania Rocca). Quando però la situazione economica della famiglia inizia a vacillare, Rose prende la decisione di vendere la loro villa. Questa occasione è finalmente il pretesto per i figli, ormai diventati adulti, di sfogare al padre tutti i loro rancori repressi.

Ora che Valerio ha finalmente fallito in qualcosa, Massimiliano e Adele sono liberi di poter esprimere se stessi. Il primo dichiara al padre di aver sempre accusato il peso del suo cognome e di non essersi mai sentito all'altezza di tale; la ragazza invece dice di aver visto in lui un superuomo, ineguagliabile, e rivela di cercarlo in tutti gli uomini che frequenta, molto più grandi di lei.

Queste accuse dei figli quasi sembrano investire lo scrittore, come un'onda a cui egli non può opporsi. L'unica che lascia parlare Valerio è la cameriera Bettina (Pina Giarmanà), la quale ogni volta che entra in scena concede un momento di respiro.

Il cast teatrale nel complesso sembra più affiatato rispetto a quello della trasposizione filmica. Massimiliano Gallo, che ha interpretato in modo impeccabile il protagonista, è presente in entrambe le versioni ma mostra forse più intesa con Stefania Rocca rispetto che con Margherita Buy.


Fonte: Teatro Stabile di Torino

La regia di Gassmann è molto contaminata dal mezzo cinematografico, caratteristica che alcuni puristi del teatro non apprezzano. In questo contesto invece è perfettamente naturale e dichiarata sin da subito. Un telo, situato nel proscenio, simula lo schermo di una sala cinematografica e separa gli attori dal pubblico. Il telo ha la funzione di rappresentare, tramite proiezioni, ciò che passa nella mente di Primic, proprio creando una commistione tra il mezzo teatrale e cinematografico.

Ambientato tutto in una sola stanza, la scenografia rappresenta lo studio di Valerio, luogo centrale della storia e forse reale protagonista. Una libreria colma riempie il palco in ogni suo lato, accompagnata da due porte, una riservata alla cameriera e l'altra alla famiglia. Sull'altro lato una grande finestra si affaccia sul golfo napoletano, che diventa progressivamente più scuro col passare delle ore, quando diventa notte.

Proprio a questo proposito le luci dichiarano bene in che momento del giorno si svolge la scena: più chiare di mattina, diventano più gialle sul pomeriggio e blu di notte. Nei momenti più raccolti, il palco diventa tutto buio, con solo un occhio di bue sui personaggi.

In una casa fatta di silenzi perfino la musica sembra soffrirne il peso e non trova il giusto spazio. L'unico momento in cui essa sembra protagonista è quando viene accesa una vecchia radio, solo e vero mezzo di riparazione a quei silenzi.

A fine spettacolo gli attori sono stati ringraziati da una calorosa standing ovation. Sentitamente commossi, essi si sono esposti esprimendo un messaggio di pace riferito all'attuale guerra in Ucraina, descrivendo il teatro come un luogo di incontro e unione. Stefania Rocca ha poi ringraziato la sua Torino per averla riospitata.

Dopo lo spettacolo, siamo riusciti a incontrare proprio la Rocca e Massimiliano Gallo, a cui abbiamo fatto qualche domanda.


A: Massimiliano, tu hai avuto modo di interpretare Valerio Primic sia a teatro sia al cinema. Hai costruito il personaggio in modo diverso nel passaggio tra i due mezzi?

M: Costruire i personaggi tra cinema e teatro è un percorso completamente diverso, diciamo. Perché con uno è tutto un levare e poi invece a teatro hai un apertura completamente diversa proprio per raccontare un personaggio, quindi anche nei gesti, nelle movenze, nella mimica... Quello che puoi raccontare al cinema con uno sguardo, con un mini sorriso, a teatro viene amplificato. Quindi sì, sono due linguaggi completamente diversi. Uno è molto tecnico e uno è molto... Il teatro ha bisogno di un altro tipo di percorso e di formazione. Quello che fai è tutto amplificato. Se vi capita di vedere il film le mie reazioni sono diverse. È come se fossero due personaggi diversi, devi azzerare tutte le sicurezze che hai a teatro e rimetterle poi su un percorso cinematografico.


A: Stefania, com'è stato tornare a Torino per recitare? 

S: È stata una grandissima emozione e soprattutto con questo personaggio perché è un personaggio che racconta come si è attaccati a un luogo e come in quel luogo hai tanti ricordi che poi rivelano i sentimenti. Quindi stare nella mia città, dove tutto è iniziato è stata una grande emozione e un pieno di ricordi.


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