Di Silvia Strambi
Willem Dafoe in L'ultima tentazione di Cristo (1988) |
La figura di Gesù accompagna la cinematografia mondiale dai suoi primordi. Infatti, sin dalle prime sperimentazioni dei fratelli Lumiere la macchina da presa è stata affascinata dalla figura del carismatico profeta. Che si tratti di ricostruzioni per intero della sua vita o di singoli episodi, di film in cui è totale protagonista o comprimario, di produzioni ad alto budget o di investimenti più miseri, di registi esperti della professione o di novellini alla ricerca di un soggetto "facile", è innegabile che i quattro Vangeli canonici siano stati riproposti un'infinità di volte.
Questo, ovviamente, porta con sé diversi trabocchetti per un regista. In primo luogo, la storia è stata ormai riproposta in tutte le salse, in tutte le arti, per cui è difficile creare un'iconografia nuova. Trattasi inoltre di una vicenda con cui quasi tutto il pubblico italofono, volente o nolente, entra a contatto dall'infanzia e che difficilmente può riservare sorprese salvo cambiamenti radicali. Allo stesso tempo, tuttavia, con un film sulla figura di Gesù sarebbe difficile attrarre un pubblico diverso da quello dei cristiani. Nel tentativo di evitare malumori all'interno di questo gruppo di persone, spesso si tende, quindi, non solo a mantenere una ricostruzione pedissequa della vicenda evangelica, ma anche a fare di Gesù una figura sempre uguale: divinamente ispirata, in pace con sé stesso e gli altri anche nei momenti più difficili. In questo panorama di caratterizzazioni, spesso e volentieri il discrimine tra un attore e un altro sembra stare non nella capacità di interpretare un personaggio, ma piuttosto nella somiglianza fisica con l'iconografia (occidentale) del Cristo.
Il grande dilemma pasquale per un cinefilo può essere, quindi: che cosa guardare? A quali film rivolgersi per mantenere comunque vivo un qualche legame con la Passione, senza però rinunciare alla qualità e ad una visione più approfondita di questa figura, che si stacchi dai topoi ad essa legati? Qui trovate una mia personale lista di film che si staccano dall'idea di Gesù cristallizzata nella nostra cultura.
BRIAN DI NAZARETH (Life of Brian, Terry Jones, 1979)
Partiamo dal film in cui Gesù appare di meno. Per essere precisi in questo film del gruppo comico Monty Python compare in sole tre scene: all'inizio, quando alla nascita si trova 'vicino di grotta' del protagonista Brian, in una parodia del famoso discorso della montagna, e infine in una fugace apparizione che si può perdere facilmente, distraendosi. Inoltre all'interno del film sono presenti alcuni riferimenti alla sua vita, tutti ironici.
Nonostante l'iniziale intento dei comici fosse quello di parodiare in maniera diretta proprio Gesù, ciò non avviene perché, come gli stessi Python hanno affermato, nel processo di scrittura si sono resi conto che «non si poteva ridere di Gesù Cristo e del sermone della montagna. È tutta roba molto buona, nulla di cui ridere» (Liebeson). Il focus è quindi spostato sul personaggio inventato Brian, che segue un percorso che fa palesemente il verso a quello del profeta, terminante anche nel suo caso nella crocifissione.
Come, allora, questo film può ridefinire la figura di Gesù, se appare così poco? Quello di cui Brian di Nazareth ci fa rendere conto è il fatto, spesso trascurato da altri adattamenti del Vangelo, che all'epoca gli auto proclamati Messia fossero un'infinità. Nel film il popolo viene rappresentato come tanto desideroso di qualcuno che li guidi fuori dallo stato di sottomissione romana da accettare come prove di santità anche i frequenti dinieghi di Brian. Oltre a ciò Brian di Nazareth non lesina sul ruolo politico che, in una situazione così complessa, spesso queste figure si trovavano (più o meno volontariamente) ad assumere. Ovviamente tutti questi dettagli sono affrontati con l'approccio satirico dei Monty Python, che non risparmiano di critiche, tra le altre cose, la credulità di fondo di diversi credenti, le scissioni interne alle comunità religiose e le degenerazioni conseguenti alla lettura fondamentalista delle loro regole. Nonostante ciò, nella sua impostazione parodica il film riesce a cogliere un contesto storico che non sempre viene analizzato in tutte le sue implicazioni e che finisce per definire anche la figura e l'importanza di Gesù.
IL VANGELO SECONDO MATTEO (1964, Pier Paolo Pasolini)
Probabilmente l'accoppiata Pasolini-Vangelo è una delle più azzardate della storia del cinema. Tuttavia l'adattamento dell'intellettuale di origini bolognesi è incredibilmente fedele al testo originale, tanto fedele non solo da riprenderne la struttura e l'ordine degli episodi, ma anche i dialoghi: questi addirittura sono completamente assenti quando nell'opera non ce ne sono per accompagnare la vicenda in corso (la scena iniziale della scoperta da parte di Giuseppe della gravidanza di Maria e il successivo ripudio avviene in assoluto silenzio, giocandosi tutta sullo sguardo dei personaggi).
Nel riprendere i dialoghi originali di uno dei Vangeli, Pasolini 'rispolvera' un personaggio inedito che in altri adattamenti cinematografici viene molto placato: questo Gesù usa parole autoritarie e spaventose, ha un atteggiamento forte, si pone effettivamente come leader dei suoi seguaci piuttosto che come rabbi, capo di una rivoluzione spirituale ma anche sociale. (Di Risio)
Di fronte a questo Gesù più 'politico' viene da chiedersi se la scelta dell'attore spagnolo Enrique Irazoqui, attivo nel movimento comunista ed antifranchista, si sia basata solo sul suo aspetto fisico: per un regista come Pasolini, sempre attento alle persone a cui assegnare i ruoli (nello stesso film Maria da anziana, mater per eccellenza, viene interpretata da Susanna Colussi, madre del regista), non è impossibile ipotizzarlo. D'altronde lo stesso Irazoqui ammise di essere stato convinto ad interpretare la parte solo quando gli fu promesso che il film sarebbe stato «(...) in chiave epico-lirica e nazional-popolare nel senso gramsciano del termine» (Rosoli). Da Gramsci a Gesù il passo poteva forse risultare azzardato, ma né Pasolini né Irazoqui si fecero spaventare dalla sfida.
La forza di questo adattamento e la sua novità sta non tanto nella maniera in cui crea un Gesù nuovo, ma nell'aver piuttosto riportato a galla un Gesù già presente nelle pieghe del testo e non ancora trasposto su schermo.
JESUS CHRIST SUPERSTAR (1973, Norman Jewison)
Scena dal film Jesus Christ Superstar (1973) |
Tratto da un musical di poco precedente, Jesus Christ Superstar è opera di Andrew Lloyd Webber che anni dopo avrebbe ottenuto la fama mondiale come compositore de Il Fantasma dell'Opera. Se Il Vangelo secondo Matteo si concentrava sull'intera vita di Gesù, questo invece si limita a trattare gli ultimi giorni prima della sua morte.
Ted Neeley, interprete nel film (già apparso nello spettacolo teatrale), riprende in apparenza molti dei manierismi solitamente associati alla figura cristologica: le mani imposte, la serenità del viso, i gesti misurati e paciferi. Tuttavia, basta poco per infrangere questa perfezione: basta spostare il focus da Gesù a Giuda (Carl Anderson), possibilmente il vero protagonista della storia.
La visione di questo personaggio, profondamente pessimista, tinteggia tutte le azioni del profeta: una figura che ormai ha assunto più importanza dei suoi insegnamenti, un'icona vuota che viene adorata perché ci si aspetta qualcosa in cambio («Lasciali urlare la loro devozione, ma aggiungi un po' di odio verso Roma»), con gli Apostoli che non intendono il suo messaggio («Quando andremo in pensione scriveremo i Vangeli, così parleranno ancora di noi quando saremo morti»). Gli unici a capirlo sono, paradossalmente, Giuda e Maddalena, unico personaggio femminile di rilievo.
Col passare del film diventa chiaro che lo stesso Gesù è consapevole di questa situazione e della propria solitudine, e che la sua missione non solo è ormai diventata un peso («Dopotutto, ho provato per tre anni, sembrano novanta»), ma che sta nascendo in lui l'incertezza della sua effettiva utilità. La frustrazione e la rabbia esplodono nel numero Gethsemane, probabilmente uno dei momenti più emozionanti del musical, oltre all'unico in cui entriamo in sincera connessione con l'umanità di questo Gesù imperfetto.
Il resto del film, con gli eventi della Passione, vedono come protagonista un Gesù stanco che quasi si trascina passivamente, perfettamente in linea con quello che abbiamo visto. Alla fine, l'ultima stoccata. La Resurrezione manca, lasciandoci con lo stesso dubbio che aveva attanagliato Gesù in Gethsemane: tanta sofferenza è servita a qualcosa?
L'ULTIMA TENTAZIONE DI CRISTO (The Last Temptation of Christ, 1988, Martin Scorsese)
Scena del film L'ultima tentazione di Cristo (1988) |
Tra tutti i film finora citati, nessuno ha probabilmente causato tanto scandalo quanto quest'ultimo (il che è tutto dire, vista l'accoglienza riservata agli altri in questa lista).
L'ultima tentazione di Cristo non è un adattamento dei Vangeli canonici ma del controverso romanzo dello scrittore greco Nikos Kazantzakis. L'autore immagina un Gesù molto più prono alla debolezza e al vizio, tanto da abbandonare la croce nel momento topico della Passione e vivere una vita normale con tanto di mogli e figli.
Nel film di Scorsese, in cui il personaggio è interpretato da un giovanissimo Willem Dafoe, il dubbio è un compagno costante del protagonista: incerto riguardo al suo ruolo, incerto persino di essere effettivamente il Messia, questo Gesù brancola tra i propri istinti, la propria ispirazione divina e le idee contrastanti di personaggi come il Battista e Giuda. Ne nasce così un personaggio estremamente sfaccettato ma anche estremamente fallibile, che alla fine si lascia plagiare a causa del suo immenso desiderio di essere un normale essere umano. Solo alla fine, accettando il proprio destino di morte, sceglie di essere il figlio di Dio e completa così il proprio arco narrativo.
Alla natura molto più carnale di questo Gesù si accompagna anche la rappresentazione di un mondo molto più violento, in cui a dominare è il colore del sangue: i miracoli del protagonista non sono atti benevoli ma quasi aggressivi, il Giordano è un ritrovo di donne nude e penitenti che si frustano con in sottofondo le profezie terribili del Battista, Maddalena viene trascinata per i capelli prima di essere lapidata. Scorsese crea così una Galilea che si discosta di molto da quella che siamo solitamente abituati a vedere: non una terra di grazia ma una landa brulla, abitata da uomini induriti e interessati alla loro sopravvivenza più che alla parola di Dio.
Bibliografia:
-Di Risio, G. (2013), "Il Vangelo secondo Matteo: una rivoluzione didattica e cosmogonica" in L'immagine-Cristo (pp. 46-74), Le Mani, Genova, 2013
-Liebenson, D., Eric Idle wrote "Always look on the Bright Side of Life" in About an Hour, in «Vanity Fair», 2 agosto 2019, https://www.vanityfair.com/hollywood/2019/08/always-look-on-the-bright-side-of-life-monty-python-life-of-brian-eric-idle (ultimo accesso: 13 aprile 2022)
-Rosoli, L., Il ricordo. «Io, Gesù, nel film di Pasolini». Enrique Irazoqui si racconta, in «Avvenire», 19 settembre 2020, https://www.avvenire.it/agora/pagine/io-gesu-per-pasolini-intervista-a-enrique-irazoqui (ultimo accesso: 15 aprile 2022)
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