Il giallo di "Leonardo": tre scelte Rai che proprio non si spiegano

Di Laura Astarita



Da sinistra: Matilda de Angelis, Aidan Turner, Freddie Highmore nel promo di Leonardo

Il 13 aprile sono andati in onda gli ultimi episodi della serie-evento Leonardo prodotta dalla Rai insieme ad altre case di produzione internazionali. Citiamo Big Lights Productions e Sony Pictures Entertainment, in associazione con France Telèvisions e RTVE.

Oltre a Frank Spotnitz, già produttore esecutivo di Big Lights e creatore de I Medici (il primo historical drama coprodotto con la Rai), troviamo nella squadra degli sceneggiatori Steve Thompson. Trattasi di uno degli scrittori che ha contribuito alla serie tv BBC Sherlock.

Da una parte abbiamo quindi un autore già familiare con l'epoca rinascimentale, dall'altra abbiamo un autore avvezzo al giallo. I due hanno così deciso di unire le forze e regalarci il giallo storico che sapevamo di volere, ma che non ci meritavamo. Del resto la profezia di Boris su Machiavelli, il thriller rinascimentale, doveva avverarsi, prima o poi!

Leonardo, infatti, è un giallo. Non solo perché all'interno della serie c'è effettivamente un “mistero” da risolvere, ma anche perché è piena di scelte inspiegabili che hanno lasciato gli spettatori alquanto perplessi. Cercherò, da brava detective, di esporle con ordine.

Ho atteso, prima di scrivere della serie, che tutte le puntate fossero trasmesse su Rai 1. Se non le avete viste tutte, potete trovarle sulla piattaforma Rai Play.

Da qui in poi, iniziano gli spoiler: siete stati avvisati.


Aidan Turner in un episodio di Leonardo

Prima scelta discutibile: perché gli scrittori di Leonardo danno più importanza alla scomparsa di un quadro che alla verità storica?

Nei primi secondi del primo episodio compare in sovrimpressione una scritta che ci informa che il “grande capolavoro” di Leonardo, Leda col Cigno, è andato perduto.

Nel corso della serie, infatti, vediamo come Leonardo da Vinci (Aidan Turner) incontra e fa conoscenza con una donna, Caterina da Cremona (Matilde De Angelis), la presunta modella che poserà per la LedaCaterina è un personaggio inventato, e tuttavia sappiamo che è stata uccisa e Leonardo è il presunto colpevole del suo omicidio. La serie infatti ripercorre gli eventi salienti della vita di Leonardo, narrando della collaborazione artistica tra Leonardo e Caterina, della loro amicizia e della nascita di una “filosofia” sull'arte e la vita del pittore.

Da sinistra: Aidan Turner e Matilda De Angelis in una scena di Leonardo

La vicenda si sviluppa su due livelli temporali: il passato e il presente.

Nel passato, vediamo il percorso di Leonardo come artista. Da non riuscire a dipingere la modella di fronte alla sua "torbidità", al suo capolavoro: Leda e il cigno. Il mito e la vita di Caterina hanno in comune l'inganno di un uomo, una gravidanza dolorosa, e la gioia di essere madri. Ritraendo l'amica nei panni di Leda, Leonardo compie così "la più nobile delle imprese": trasformare il dolore in bellezza.

Nel presente, invece, vediamo come l'inquisitore Stefano Giraldi (Freddie Highmore) stia indagando per provare l'innocenza di Leonardo. La determinazione di Giraldi, alla fine, salva infatti Leonardo dal patibolo. Egli riesce a provare che l'artista non ha ucciso Caterina, si è invece limitato a inscenarne la morte. (Vi ricorda qualcosa, fan di Sherlock?)

Il figlio di lei era infatti perseguitato per motivi politici da suo padre, Ludovico Sforza (James D'Arcy), vecchio amante di Caterina. Per permettere all'amica di lasciare Milano senza essere riconosciuta, Leonardo dà fuoco a tutti i dipinti e i disegni che la vedono raffigurata. Rinuncia così alla sua impresa artistica per aiutare due persone che ama.

Leda inginocchiata e il cigno, disegno, collezioni del duca di Devonshire, Chatsworth


Tutto molto interessante. Ciò che si può discutere, tuttavia, è: perché scegliere di raccontare la storia di questa modella, anziché approfondire la vita di Leonardo da Vinci? Capire cosa ne è stato della Leda, è veramente più importante della realizzazione di tutti i suoi altri capolavori? Ha senso presentare una storia inventata anteponendola ai fatti reali e alla vita dell'artista? Cos'ha la verità storica di tanto noioso e banale, da meritare di non essere raccontata? 

"Verità" è una parola usata di continuo dagli sceneggiatori, è letteralmente ciò che accomuna i due eroi-motori della vicenda. Leonardo è infatti ossessionato dalla verità nella sua pittura e Giraldi vuole scoprire la verità sull'omicidio di Caterina.  Eppure, alla fine dei giochi, gli autori della serie preferiscono la finzione. Non è una scelta sbagliata. Pensandoci, però, ci fa domandare: perché?


Seconda scelta discutibile: perché scegliere di trattare così ambiguamente delle tematiche molto delicate?

Non tutto quello che si vede nella serie è inventato. Un dato di fatto, ad esempio, è che Leonardo (quello vero) faticasse a terminare i suoi dipinti. Vero è anche che per lui fosse stimolante usare come modelli le persone a lui più vicine. Ad esempio, a posare per diverse opere di Leonardo da Vinci è Gian Giacomo Capirotti detto Salaì, suo allievo e, probabilmente, amante. Alcuni critici ritengono, infatti, che Capirotti sia stato non solo il modello per l'apostolo Giovanni nell'Ultima Cena, ma che abbia posato per alcuni soggetti femminili come La vergine delle rocce o addirittura la Monna Lisa. 



Da sinistra: Autoritratto di Salaì, Gioconda riprodotta da Salaì, Monna Lisa di Leonardo.

Che Leonardo fosse attratto dagli uomini, è molto probabile. Viene infatti documentato un arresto nel 1476 a Firenze per “sodomia”. Da questo Leonardo venne fortunatamente scarcerato per via del coinvolgimento nel processo di una potente famiglia fiorentina. Il padre di Leonardo, Ser Piero da Vinci, si curò poi di insabbiare tutte le accuse. Tuttora non si sa se Leonardo fosse davvero “colpevole” oppure no del suo reato.

Gli eventi legati a questo processo non sono omessi in Leonardo. Anzi, si manda in onda, forse per la prima volta su Rai1, in fascia famiglie, un bacio omosessuale in prima visione mondiale. E l'Italia grida troppo presto al miracolo. Nel 2021, la Rai si è decisa finalmente a parlare dell'omosessualità di Leonardo da Vinci. Il prezzo, però, è stato altissimo: parlarne male.

Procediamo con ordine. Nel corso della serie, Leonardo intrattiene una relazione con ben tre uomini. Il problema è come si raffigurano queste relazioni in confronto al rapporto platonico con Caterina da Cremona. Senza entrare toppo nel merito, si può riassumere la dinamica di questi rapporti con il seguente schema: ad ogni bacio omosessuale, in Leonardo, corrisponde una tragedia uguale e contraria. Ad ogni bacio con Caterina, invece, corrisponde la creazione di una Leda col cigno

Le relazioni tra uomini, in Leonardo, sono descritte in modo superficiale e negativo. Queste relazioni conducono quasi sempre a tradimenti, arresti, problemi sul lavoro. E quando tutto va bene, capiamo che l'amore per un uomo non è comunque sufficiente a far sentire Leonardo veramente ispirato e completo. Solo l'amore e l'amicizia di una donna, a quanto pare, possono portarlo alla verità. 


Da sinistra: Carlos Cuevas e Aidan Turner in una scena di Leonardo

Basti pensare allo sviluppo del personaggio di Salaì (Carlos Cuevas). Dipinto come un ladro e un prostituto, nella serie il ragazzo tenta la carriera da artista per redimersi dalla strada. Eppure, per quanto si evincesse dai dialoghi che Giacomo fosse un artista di talento, sullo schermo non si vede mai intento a cominciare una tela. 

Certo, la cosa lascerebbe indifferenti, se solo fosse storicamente accurata. Gli autori, sminuendo l'importanza del ruolo di Salaì nell'arte di Leonardo, hanno infatti anche sminuito uno dei principali esponenti della scuola leonardesca. Una delle scuole più importanti del Rinascimento italiano, ridotta ad un pretesto per fare queerbaiting


Maddalena Penitente, Salaì (dettaglio busto)

Ciò che si può discutere è: perché trattare in modo così offensivo un personaggio realmente esistito, a costo di sputare sul nostro patrimonio artistico in mondovisione? Ci sono solo ragioni estetiche alla base di questa scelta, o ci sono delle ragioni politiche?

Nel nostro Paese, si sta dibattendo da tempo per l’approvazione di un disegno di legge contro il reato di omofobia e transfobia. L'Italia al momento è divisa in due: tra chi ritiene che questo Ddl sia una “limitazione” della libertà d’espressione e chi ritiene che questa legge possa tutelare concretamente una minoranza subalterna. In un clima così delicato, la rete televisiva nazionale dovrebbe usare la massima cautela nella rappresentazione della comunità Lgbt. Se durante i primi episodi di Leonardo, infatti, l'Italia gridava “al miracolo”, sul finale si accusa la Rai di omofobia e favoreggiamento politico. Sarà vero, oppure siamo solo troppo amareggiati da non riuscire a cogliere la genialità di questa fiction? Il giallo s'infittisce.

Terza ed ultima scelta discutibile: a che pro, un fan service su Michelangelo?

L'autore medio di una serie con otto episodi, il cui intreccio ruota attorno ad un'indagine per omicidio, quando sa di dover scrivere il settimo episodio, di solito inizia a disseminare alcuni indizi sulla risoluzione del caso, crea le premesse per la sua risoluzione, presenta per bene la posta in gioco... in poche parole: prepara lo spettatore al finale. 

Spotniz e Thompson però hanno deciso di procrastinare tutta la parte noiosa sulla risoluzione del caso e piazzare invece, nel penultimo episodio della serie, Michelangelo Buonarroti. 

Ebbene sì. Quando ancora la Leda col cigno doveva essere dipinta, la maternità di Caterina scoperta, la minaccia annunciata, la morte falsificata ... ecco che arriva un nuovo personaggio.
Un personaggio interessante, ma che non si ha il tempo di conoscere. Una storia interessante come quella del Salone dei 500, ridotta ad un episodio dispersivo rispetto alla trama originale.

La domanda non è perché sacrificare un personaggio come Michelangelo per il penultimo episodio della serie. La domanda è: perché usare proprio Michelangelo, per scrivere un episodio fan service?

Pierpaolo Spollon in una scena di Leonardo

La risposta è: perché Michelangelo ha un fandom. Personalmente, io non lo sapevo, ma i produttori evidentemente sì. Da cosa possiamo dedurlo? La settimana prima, Michelangelo, interpretato da Pierpaolo Spollon, è comparso solo per un istante nel trailer della puntata successiva. Tanto è bastato per far finire Leonardo in tendenza su Twitter. 

Michelangelo, uno dei più importanti esponenti del Rinascimento italiano, ridotto a una di quelle comparse inutili che ci fanno dire, di una serie tv, "dai mandiamo avanti, che voglio vedere come va a finire..." E per che cosa? Per fare audience. 

Il tentativo di recupero dei minuti rubati alla trama, nell'ultimo episodio, è stata però la conseguenza peggiore di questa manovra pubblicitaria. Per recuperare il tempo perso gli autori si sono davvero ingegnati. Reduci dalla scuola Medici-Sherlock, con uno "spiegone" di Giraldi sulla soluzione del caso, l'aggiunta di scritte sul futuro dei personaggi e una serie di dialoghi artefatti e scritti male, sono infatti riusciti a spiegarci il finale. Spiegarci, appunto, non mostrarci: un errore da dilettanti, che ha fatto la differenza tra qualità e mediocrità. Adesso l'ultimo episodio di Leonardo ha l'aria d'essere un bel cassetto nel quale si sono voluti infilare troppi calzini. 
La domanda che sorge spontanea è: era veramente necessario? Il gioco è valso sul serio la candela? Davvero la Rai era convinta che gli Italiani non avrebbero visto una serie su Leonardo, se non fosse apparso Michelangelo anche solo per un secondo? A questo punto, alzo le mani e prendo le distanze da ogni giudizio. Certi gialli possono essere risolti solo confrontando i dati Auditel.



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