Cos'è il Roma Fringe Festival?
Il Fringe Festival è la festa del teatro indipendente. I primi Fringers nascono nel 1947 ad Edimburgo, dove nel mese di agosto (mese di maggiore affluenza turistica in Scozia), il Festival Internazionale di Edimburgo offriva gli spazi pubblici della città alle compagnie straniere, escludendo così la possibilità agli artisti locali di esibirsi su una scena internazionale.
Il Fringe Festival da nove anni è sbarcato anche in Italia, a Roma. Le compagnie in programmazione vengono selezionate tramite bando, con il solo requisito di essere compagnie che creano e producono i loro spettacoli senza contributi pubblici. In una parola: indipendenti.
Ogni
anno una giuria speciale assegna diversi premi agli spettacoli in gara: Spirito Fringe, Miglior Regia, Miglior Drammaturgia, Speciale Off, Miglior Attore, Miglior Attrice.
Nella prima fase vengono selezionati tre spettacoli finalisti. Nella seconda fase vengono invece assegnati il Premio Fersen dalla
Fondazione Fersen, il Premio della Critica dai
giornalisti accreditati, e infine il premio per il Miglior Spettacolo dal presidente di giuria del Fringe Festival. Il premio destinato alla compagnia vincitrice è una tournée in dodici tappe da distribuirsi nei teatri di Zona Indipendente.
Per saperne di più, trovate qui l'introduzione al Festival 2021 ad opera degli organizzatori.
Edizione 2021: presentazione, giuria, programmazione
Quest'anno il Roma Fringe Festival, come ogni anno, ha avuto luogo al Teatro Piccolo Eliseo e al Teatro Vascello di Roma dal 18 al 26 aprile. La particolarità di questa edizione è stata, tuttavia, la diretta streaming dai teatri. A causa delle restrizioni d'emergenza previste dal Dpcm del 25 Ottobre 2020, che prevedeva la chiusura di cinema, teatri e altri luoghi di assembramento, il Fringe Festival ha dovuto adottare lo streaming per permettere al suo pubblico di fruire degli spettacoli in gara.
La giuria, quest'anno, era composta da Manuela Kustermann (presidente di giuria), Raffaella Azim, Ferruccio Marotti, Antonio Rezza, Flavia Mastrella, Italo Moscati, Valentino Orfeo, Pierpaolo Sepe, Pasquale Pesce.
Potete trovare qui il programma di sala completo, mentre qui è disponibile la brochure degli spettacoli.
I tre spettacoli finalisti dell'edizione 2021 sono stati:
- Ca/1000 prodotto da Estudio.
- La pescatrice di perle prodotto da Acasa
- E' Cammarere prodotto da Ri.Te.Na Teatro.
Nel corso della serata finale di questa edizione, presso il Teatro Vascello, i tre spettacoli finalisti hanno avuto la possibilità di esibirsi per una seconda replica, stavolta davanti ad un pubblico in carne ed ossa. Dalla giornata di ieri, 26 aprile, è stato infatti possibile riaprire i teatri al pubblico dopo sei mesi (e risentire gli applausi di un pubblico fisico, anche se da remoto, è stata per tutti un'esperienza rassicurante).
Un'altra novità di quest'anno è stata il Fringe Tube: un concorso parallelo al Festival dedicato agli spettacoli scritti per il web. Lo spettacolo vincitore di questa categoria guadagnerà i finanziamenti e i mezzi per poter essere realizzato, con l'impegno da parte dell'amministrazione del Fringe a diffonderlo sulle principali piattaforme nazionali ed internazionali.
I vincitori
La cerimonia di premiazione, seguita da noi in modalità "blended" (il pubblico in sala, ma con possibilità seguire il collegamento tramite streaming), ha visto la presenza in diretta Zoom di tutte le compagnie che hanno partecipato a quest'edizione del Fringe. "Un'edizione faticosa", commenta Fabio Galadini, il direttore artistico del Festival. "Per gli ovvi motivi che già sappiamo".
S'inaugura la cerimonia con l'annunciazione del premio Spirito Fringe, assegnato per la capacità di dimostrare adattamento e indipendenza nell'arte come nella vita quotidiana. Non a caso il premio viene assegnato dal responsabile della logistica, Raffaele Balzano. Lo spettacolo premiato è Tango 109.
"Il Fringe Festival è aperto a tutti, professionisti e non", dichiara Fabio Galadini introducendo la categoria dedicata a chi tratta tematiche tabù, di cui solitamente non si parla: lo Speciale Off. Il vincitore viene per questo annunciato dalla presidentessa della UILT Lazio, Stefania Zuccari. Lo spettacolo premiato è Mammy Blues.
Per quel che concerne, invece, la nuova categoria del Fringe Festival, il Fringe Tube, il vincitore è (Neo)Futurismo Online. Il trailer disponibile su You Tube documenta infatti una drammaturgia digitale che non solo include la tecnologia, ma non esclude la scenotecnica, creando così un "teatrino sintetico futuribile" che dà vita, corpo e scena a degli attori-cellulari fantocci.
Il finale di questa edizione ha visto protagoniste quattro donne e nessun uomo, quindi non ci sorprendiamo nell'apprendere che il vincitore della categoria Migliore attore non fosse tra nessuno dei finalisti. A vincere il premio è stato infatti il barese Nico Sciacqua (Ketta di') autore ed interprete di uno spettacolo rappresentativo della sua città.
Al primo spettacolo finalista, La pescatrice di perle, spetta invece il Premio della critica, "per lo straordinario impegno drammaturgico nell'usare tutte le parole di Hannah Arendt con chiarezza e limpidezza, anche grazie ad una recitazione estremamente potente". Sul palco, ad accogliere il premio, sono l'attrice Marianna De Pinto e la regista-autrice Valeria Simone. Quest'ultima dedica il riconoscimento ottenuto alle donne, e in particolare alle madri lavoratrici nel mondo dello spettacolo.
Il premio alla miglior regia è vinto, invece, da Fabio Di Gesto per E' Cammarere, mentre il premio alla Miglior attrice si sdoppia e viene consegnato alle "migliori attrici" Francesca Morgante e Maria Claudia Pesapane, per il medesimo spettacolo.
Il giurato Pasquale Pesce, direttore della Fondazione Fersen dal 2008, annuncia due categorie ed un unico vincitore: Ca/1000. Lo spettacolo viene infatti premiato sia per la Migliore Dramaturgia di Enrico Manzo, sia per la ricerca e l'innovazione con il Premio Fersen.
Cosa abbiamo visto in Redazione:
TANGO 109
Di e con India Baretto
Aiuto regia:
Alberto Longo
Coreografia aerea: Chiara
Ruggiero
Prodotto da: Damarame, 238 hangar delle arti
Periodicamente, la musica viene interrotta dal suono di una macchina da cucire, costringendo così India ad interrompere la sua performance. Le interruzioni creano un climax: la prima farà tornare a lavoro la sarta, la seconda le darà l'input di portare l'arte circense nel suo lavoro... ma dalla terza la donna ignorerà l'interruzione e si metterà a danzare. Spogliatasi degli abiti dell'imbranata, sciatta impiegata, la circense, nel suo ambiente “naturale”, si esalta. Proprio come un tango, la danza aerea rivela tutta la bellezza e la sensualità rimasta a lungo sepolta nella donna. Il prezzo però è lo svenimento, il buio, tornare alla routine di ogni giorno. La musica è svanita: si sente solo il rumore della macchina da cucire.
Tango 109 dunque non è solo Nouveau Cirque, ma è uno spettacolo sulla dolorosa consapevolezza di non poter ballare per sempre, perché non sempre la vita coincide con l'arte.
Una storia raccontata col corpo, che,
nel nostro intimo, ricorda un po' a tutti noi la sofferenza che si
prova a sedersi ad una scrivania, non sapendo quand'è che potremo
rialzarci.
PAPPARAPPÉRO ARRIVA LA PAPESSA
Luci: Andrea Vannini
Prodotto da: SB Teatro
In un paesino della provincia di una non ben specificata regione italiana, cinque personaggi si preparano alla visita di una papessa, prima donna a rivestire questo ruolo. Da qui il titolo: Papparappéro arriva la papessa. Sono personaggi forti, quelli di questo spettacolo, cinque “caratteri” che vengono interpretati da un'unica, meravigliosa attrice: Giorgia Mazzucato.
Oltre alla straordinaria capacità interpretativa della Mazzucato, è degno di lode anche l'uso che è stato fatto delle luci, alle quali ognuna corrispondeva una specifica personalità, aiutando in questo modo lo spettatore a comprendere tutti i tempestivi cambi di carattere in scena.
Giorgia Mazzucato presenta al Roma Fringe Festival un one woman show incredibile. Un testo poliedrico, che spazia dal registro colloquiale, dialettale, balbettante, al grammelot e lo "psicodramma". E il canto, naturalmente. Sarà infatti la canzone di una clochard, alla fine dello spettacolo, più che il discorso della papessa, a darci il senso di un'opera che parla della perdita del senso civile: “Ma che bello è sto mondo dove il rispetto va ai morti, ma dei vivi, dei vivi a chi vuoi gliene importi?”
Papparappéro è in definitiva uno spettacolo che rivela tutte le potenzialità della scena vuota: divertente, affascinante, ma che offre anche uno spunto di riflessione profonda su uno spaccato di civiltà umana.
Laura Astarita
MAGDA - A VERY PUNK SOAP OPERA
Come ci ricorda la protagonista nel trailer, “ogni riferimento a qualsiasi tipo di personaggio storico veramente esistito o meno non è casuale”.
Magda-A Very Punk Soap Opera è una rilettura moderna della storia di Gesù Cristo, in particolar modo della vicenda di Maria Maddalena. Ecco quindi che Maria-Magda diventa una escort BDSM e Jesus un artista trap. La donna decide di abbandonare la propria professione, catturata dalla retorica del profeta, ma ben presto si rende conto che non è tutto oro quello che luccica e che il “Messia” non è il grand’uomo che crede di essere.
L’unione di sacro e profano, antico e moderno, si realizza sin dalla primissima scena, in cui vediamo un uomo frustare la protagonista, legata al letto in una posizione che richiama quella di un crocifisso, con in sottofondo un canto gregoriano. Un’unione-opposizione che si realizza anche a livello di linguaggio: quello molto ufficioso di Jesus, ispirato ai Vangeli, e quello sboccato di Magda (che d’altronde è anche quello che l’artista utilizza nelle sue canzoni). Opposizione tra i due personaggi che si realizza su tutti i fronti: prima di tutto nel sesso, l’uno maschio e l’altra femmina; poi anche a livello etico.
Il risultato? Una versione del Nuovo Testamento che lascia un sorriso un po’ amaro, perché ci ricorda che ormai il tempo dei profeti e della redenzione è finito. E va bene così.
Silvia Strambi
La tragedia Amleto più o meno la conoscono tutti. Per affrontare una storia così nota in maniera
originale, l’attrice e ideatrice di questo spettacolo, Viola di Caprio, decide
di assumere il punto di vista di tre personaggi femminili: Ofelia, l’amata del
principe di Danimarca, la madre di Ofelia e Gertrude, regina di Danimarca e
madre del principe. Per interpretare questi ultimi due personaggi l’attrice fa uso di
due maschere, una bianca e una rossa.
Viola di Caprio è
l’unica in scena. Si presenta con una lampada frontale sulla testa, come un’esploratrice,
esploratrice della propria interiorità. Tutti gli altri personaggi della vicenda
shakespeariana sono solo voci, proiezioni della sua mente evidentemente già
spossata dalla follia. D’altronde questa sua solitudine sul palco è emblematica
della solitudine del personaggio di Ofelia nell’opera di Shakespeare. Lei
stessa, allora, dà voce e corpo all’unica persona con cui riesce
ad avere un dialogo, ovvero la propria madre.
Lo spettacolo della di Caprio riprende dichiaratamente le vicende della tragedia shakespeariana, non solo nella reiterazione di personaggi e di interi brani dallo spettacolo, ma anche nella specularità di temi e di punti della trama. La madre di Ofelia torna nel mondo dei vivi per parlare con la figlia come il padre di Amleto aveva fatto col figlio; Gertrude, dopo la morte di Polonio, impazzisce a sua volta. Non solo questo, ma si dimostra cosciente di essere il personaggio di uno spettacolo, come accadeva ai protagonisti dell’opera Rosencrantz e Guildenstern sono morti, anche questa ispirata all’ Amleto.
Nel finale le linee di confine si indeboliscono ancora di più nel momento in cui, durante il suo discorso folle, Ofelia inizia a citare il famoso “Essere o non essere” amletico. Viene da chiedersi davvero se, in fondo, tra Amleto e Ofelia fosse lei la pazza.
Silvia Strambi
Di: Assoteatro
Tratto dal romanzo da “Memento
Domine” di Dora Liguori
Con: Marco Junior
Marrone, Filippo D'Amato, Christian Salicone, Eduardo Di Lorenzo,
Dora Crudele
Movimenti coreografici: Marina
Ansalone
Costumi: Maria Marino
Adattamento e regia: Vito Cesaro
Laura Astarita
“Nel momento in cui un bambino nasce anche
una madre sta nascendo”.
Luna Romani decide di raccontare una storia di maternità sofferta, vissuta in solitudine, in cui riepiloga tutte le esperienze negative legate a quello che dovrebbe essere il “momento più bello” della vita di una donna.
Lo spettacolo è un
one woman show in cui, oltre alla protagonista in scena, “partecipano”
virtualmente altre due donne che appaiono in alcuni video trasmessi sulla
parete del teatro. Le loro testimonianze sulla maternità difficile “completano”
le parole dell’attrice.
Per decenni la
società ha parlato della figura materna come di un essere etereo e perfetto. Nel
momento in cui l’esperienza della nascita del figlio si allontana da questa
immagine impostaci, ecco allora che la maternità diventa un momento traumatico,
in cui la donna mette in dubbio sé stessa e il proprio valore.
Lo spettacolo
scava dunque nelle paure più profonde della protagonista e in tutti quei temi
che solitamente non si affrontano mai: il sentire il figlio come un estraneo, il
sentirsi inadeguate, la paura di “perdersi”, la pressione sociale di essere
sempre positiva, la mancanza di tempo per prendersi cura di sé...
Nello spettacolo
ci sono anche momenti di musica, in cui l’attrice lavora molto sulla sua
fisicità. D’altronde si parla anche del corpo e delle trasformazioni che
seguono ad un evento così traumatico. Luna Romani parla di tutto con una
sincerità disarmante, mettendosi a nudo e senza risparmiare i dettagli più
sgradevoli, anche a livello fisico, dell’esperienza. Particolarmente forte la
descrizione dell’atto del parto.
Un racconto
travagliato, di sofferenza fisica e psicologica, che però ha un valore
inestimabile. In un mondo di matriarche perfette, abbiamo bisogno di ricordarci
che non sapere cosa fare, che non sapere come essere madri, non ci rende pessimi
genitori ma solo esseri umani.
Silvia Strambi
Con Anna Bocchino, Gaetano Frazese, Emanuele Iovino, Nicola Tartarone
Testo, regia e disegno luci di Filippo Stasi
Scene di Mario Ferrillo
Costumi di Francesca Liguori
Musiche originali di Mario Autore
Proveniente da Napoli
Direttore di scena: Francesco Bellella
E' CAMMARERE
Di Ri.Te.Na Teatro
Con Francesca Morgante e Maria Claudia Pesapane
Regia e drammaturgia di Fabio Di Gesto
E' cammarere è uno spettacolo
scritto e diretto da Fabio Di Gesto ispirato a “Le serve” di
Genet.
Come nel testo originale, anche qui ci sono due sorelle che, in
assenza della signora per la quale lavorano come cameriere, giocano, facendo a turno, ad impersonarla.
La loro padrona viene descritta con
“l'orgoglio nel petto”, “la cazzimma negli occhi” e “il
veleno sulla bocca”. Questi elementi vengono ripresi in una ninna
nanna che diventa il Leitmotiv dello spettacolo: l'elemento che
sancisce la trasformazione nella padrona, insieme a l'uso di una
pelliccia e di una parrucca nera. Inizialmente, dall'imitazione che le
serve fanno di lei, si ha l'idea che questa padrona sia una
donna meschina e crudele, talvolta anche violenta. Eppure,
quando il gioco s'interrompe, questa padrona viene anche descritta con parole di ammirazione, invidia e desiderio. La padrona è una bella donna, sensuale, "femminile" anche quando si arrabbia.
Le serve, al contrario, sono due figure aride, asessuate e aliene nel loro grembiule scialbo, la retina per capelli. Le azioni ritmate, lo stesso uso del dialetto e del canto “popolare” napoletano (A' Maruzzella, Gigi D'Alessio) – sono tutti elementi musicali che accrescono la sintonia tra le due serve e l'ambiente che abitano: un vascio che è un nido, ma è anche un limbo del gender neutral.
La magia si spezza nel momento in cui subentra la realtà: la padrona, la femme fatale dalla bellezza castrante, si scopre essere ora inesistente. Una delle due sorelle, dopo essere andata al mercato vestendo i panni della padrona, viene infatti additata come pazza. Le due cameriere non sono serve di nessuno, se non del concetto che "la padrona" rappresenta: quella donna che ogni ragazza vorrebbe essere, il "femminile" che, soggetto al giudizio altrui, tende a venir represso. A questo punto, una delle due si ribella al gioco, chiede alla sorella di rinunciare a tutto, di ammazzare la padrona per essere libera. L'altra reagirà aggressivamente e strangolerà la sorella ribelle. Con folle lucidità, infine, la sorella superstite spoglierà il cadavere dell'altra per vestirla con la pelliccia e la parrucca nera da padrona, continuando così, da sola, il gioco delle serve di Genet.
Laura Astarita
Tutte le foto, salvo diversa segnalazione, sono ad opera di Piero Tauro, il fotografo ufficiale del Festival.
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