Di Francesca Cezza
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Stevie Wonder |
«Legendary Motown artist, American icon and musical genius» : questa è la descrizione che Stevie Wonder fa di se stesso sul suo profilo Facebook, e non gli si può dar torto. Stevie Wonder è tutto questo e molto altro. Oggi, 13 maggio 2021, è il suo settantunesimo compleanno, e siamo qui per celebrarlo in tutta la sua grandezza. |
Stevland Hardaway Judkins, in arte Stevie Wonder, è un cantautore, vocalist e polistrumentista, compositore e produttore discografico di raro e precoce talento. I suoi album sono considerati delle vere e proprie pietre miliari della musica mondiale; infatti, il soulman, oltre a vantare 30 brani nella US top ten, ha vinto centinaia di premi ed ha venduto oltre 100 milioni di dischi in tutto il mondo.
Nato il 13 maggio 1950 a Saginaw, nel Michigan, Wonder è diventato molto presto non solo una delle maggiori icone della black music, ma anche uno dei principali rinnovatori della musica soul e del rhythm and blues (basti pensare all’uso dei synth per ricreare - elettronicamente - archi e fiati, sulle quali sovraincideva la sua stessa voce, creando l’effetto di multiple voci soliste). Divenuto cieco a pochi giorni dalla nascita, l’enfant prodige si avvicina alla musica in tenerissima età: a quattro anni suonava già il piano e, appena tredicenne, diventa l’artista più giovane che abbia mai raggiunto la vetta della classifica Billboard.
Nel 1954 Stevie si trasferisce a Detroit con la famiglia e inizia a cantare nel coro della chiesa, imparando a suonare piano, armonica e batteria. Così ha inizio la sua carriera musicale: dopo aver ascoltato un suo brano, Ronnie White lo porta alla Motown Records dove Barry Gordy, padre-padrone della casa di produzione, gli offre un contratto per i cinque anni successivi. Questi saranno gli anni in cui il Little Stevie Wonder sarà adottato artisticamente dalla band dei Funk Brothers, che diventeranno suoi maestri di musica e di vita.
I primi due album, A Tribute To Uncle Ray e The Jazz Soul Of Little Stevie (1962) non vengono particolarmente apprezzati dal pubblico, nonostante si evidenzino in maniera già chiara le abilità del piccolo Stevie, alle prese con piano, percussioni e armonica jazz. L’anno seguente, esce l’album The 12 Years Old Genius che, grazie alla versione estesa di Fingertips eseguita live con l’armonica, svetta ai primi posti delle classifiche pop e r’n’b.
Dopo un breve periodo di pausa della carriera discografica, durante il quale approfondisce lo studio del pianoforte, Stevie torna alla carica nel 1966 con Uptight (Everything’s Alright), brano caratterizzato da chitarre ritmiche, con una chiara influenza reggae, che diventa subito una hit in cima alle classifiche. Di questo periodo sono anche le cover di alcuni brani di Bob Dylan e l’interesse per la canzone di protesta, che tuttavia rimarranno lavori minori nella sua discografia.
A partire dal 1970, Wonder godrà di maggiore libertà espressiva da parte della sua casa discografica, e i brani saranno caratterizzati da una cura maggiore negli arrangiamenti, accompagnati dalla sempre più presente strumentazione elettronica. Nel giorno del suo ventunesimo compleanno, però, il contratto con la Motown scade: appena un mese dopo, esce sul mercato il primo album interamente prodotto e composto dal soulman, When I’m Coming From. Sebbene l’album non ottenga il successo sperato, Wonder non si lascia abbattere, anzi decide di produrre album più compatti, cercando di fare a meno della classica formula r’n’b. Fonda così la Black Bull Music, la sua etichetta discografica, che darà avvio alla vera stagione d’oro della sua popolarità. Questa prende avvio nel 1972, con l’uscita di Music Of My Mind: album quasi interamente scritto, prodotto, arrangiato a suonato da Wonder stesso e che, grazie all’impiego dei sintetizzatori e della commistione di rock, funky e soul, porterà una vera e propria ventata di freschezza nella sua produzione.
Con l’overture dell’album Talking Book, You are the Sunshine of My Life, Stevie Wonder viene consacrato ufficialmente re indiscusso della black music; ma, se dal punto di vista professionale, riceve il massimo riconoscimento, dal punto di vista sentimentale, soffre parecchio: il matrimonio con l’amata Syreeta Wright, dopo soli diciotto mesi, giunge al termine. L’album altro non è che un diario in cui il cantante ci mostra apertamente il suo cuore e i suoi sentimenti, attraverso dichiarazioni d’amore e inni di fervente fede.
I successi discografici, fortunatamente, continuano: grazie all’uscita di Superstion, Wonder torna in vetta alle classifiche. Il riff inconfondibile, mix di funky, soul e r’n’b, vince il Grammy Award per Best R&B Vocal Performance, Male e il Grammy Award alla miglior canzone R&B (senza considerare che, nel 2004, la rivista Rolling Stones la classificherà alla 74esima posizione della lista delle 500 migliori canzoni della storia).
Seguono altri album e altri grandi successi nei quali inizia ad emergere anche un Wonder “politico”, come è evidente già in Big Brother, un inno anti-nixoniano.
Poi, un tour al fianco dei Rolling Stones, sancisce il suo successo, coronato dalla pubblicazione di Innervisions, tappa fondamentale nella storia della black music. Album, questo, in cui abbiamo uno dei brani più sofferti per l’artista: Living for The City, drammatico testo di denuncia sulle discriminazioni razziali, in cui il classico giro blues si amalgama a sintetizzatori e piano. Per la prima volta, con questo singolo, si trattano in maniera esplicita tematiche razziali incorporando, alla musica registrata in studio, suoni della strada (voci e sirene della polizia).
Altre grandi tematiche di questo album sono l’abuso di droghe, l’ineguaglianza del sistema e le immancabili ballate d’amore, come All In Love is Fair e Golden Lady.
Arrivato al culmine del successo, Stevie Wonder rimane coinvolto in un terribile incidente stradale, che rischia di spezzare la sua vita. Ma, dopo alcuni giorni di coma e paura, ritorna più forte di prima. Innervisions nel frattempo si è guadagnato ben cinque Grammy Awards, tra cui quello come disco dell’anno. Dopo questo ennesimo successo, Wonder parte di nuovo in tour, stavolta al fianco di Elton John.
All’improvviso l’annuncio shock: Stevie Wonder si ritira dalla scena musicale per dedicarsi ad una raccolta fondi per il popolo africano, decidendo poi di trasferirsi nel grande continente nero. Dopo numerosi tentativi di dissuasione, con gran sorpresa, nell’estate del 1974 esce un nuovo album: Fulfillingless’ First Finale, i cui brani più apprezzati sono You Haven’t Done Nothing e Boogie On Reggae Woman.
Due anni dopo, Wonder produce il suo lavoro più maturo e ambizioso: Songs In The Key of Life, un doppio album in cui il cantautore consolida il suo soul rivoluzionario, attraverso un cocktail di suoni e generi distribuito in ben diciassette brani, tra cui la “semplice” dichiarazione d’amore Isn’t She Lovely? dedicata alla figlia Aisha, i cui risolini, registrati in presa diretta, aprono il brano. Non mancheranno canzoni di protesta, che scavano nel disagio delle popolazioni nere: come Village Ghetto Land o If It’s Magic. Dopo la realizzazione di questo album, Stevie Wonder si ritira nuovamente dalla scena musicale, questa volta per ben tre anni.
Nel 1979 Wonder ritorna con un nuovo e ambizioso progetto: la colonna sonora di un documentario, tradotta in un doppio album, The Secret Life Of Plants, composto sia da numerosi brani strumentali, al limite della new age, che da dolci pop-song, come Same Old Story e Send One Your Love. Questo album vede al centro lo spiritualismo di Wonder che, convintosi del fatto che anche le piante possano soffrire, sogna l'avvento di una nuova filosofia naturalista.
L’album viene però accolto con non poca diffidenza dalla critica e delude le alte aspettative dei fan. Ragion per cui, l'anno successivo, Wonder torna alla ribalta con un album pop, dal contenuto più diretto, Hotter Than July, disco più temprato anche sul versante della denuncia sociale: basti pensare a Happy Birthday (simbolo della campagna condotta dall'artista per rendere festa nazionale il genetliaco di Martin Luther King). Con questo album, Wonder si aggiudica per la prima volta il disco di platino.
Il 1984 segna un nuovo exploit commerciale, grazie alla colonna sonora del film The Woman In Red, diretto da Gene Wilder, che darà poi il titolo all’omonimo album di Wonder. Oltre a diversi duetti con Dionne Warwick, regina del soul-pop (tra cui la soave It's You), il disco comprende uno dei pezzi più commerciali dell'intera produzione di Wonder, che gli frutterà anche un Academy Award: I Just Called To Say I Love You, ballata sentimentale con un ritornello mieloso e accattivante, in cui l’autore sottolinea come qualunque giornata ordinaria possa diventare straordinaria se si confessano i propri sentimenti alla persona amata.
A consacrare questa nuova popolarità raggiunta, Stevie Wonder prende parte al grande progetto Usa For Africa, che vede coinvolte numerose rockstar americane, tra cui Michael Jackson, Bruce Springsteen, Lionel Richie e molti altri. We Are The World, brano realizzato per combattere la carestia in Etiopia, diventa in brevissimo tempo la canzone benefica più venduta della storia e il video su YouTube avrà più di 500milioni di visualizzazioni.
Se gli anni Ottanta segnano un affievolimento della vena creativa di Wonder, il decennio successivo si rivela ancor meno brillante, con la sola pubblicazione di Conversation Peace. Il suo grande ritorno sulla scena internazionale coincide con la pubblicazione dell'album A Time to Love nel 2005, che riscatta Wonder arrivando quinto nella classifica statunitense. Tra il 2009 e il 2010, escono gli album The Gospel Inspired by Lula, che tratta delle varie crisi che affliggono il mondo e Through the Eyes of Wonder, che tratta delle sue esperienze da non vedente.
Nel 1996, quando ricevette la laurea ad honorem di Dottore della musica, all'Università Dell'Alabama a Birmingham, raccontò divertito un aneddoto: «Anni fa molti mi dissero: “Tu hai tre tare: sei cieco, nero e povero”. Ma Dio mi ha detto: “Io ti arricchirò dello spirito di ispirazione, per trasmetterla ad altri e perché con la tua musica tu possa incoraggiare il mondo a perseguire l'unità, la speranza e la positività”. Ho creduto a Lui e non a loro».
Ad oggi Stevie Wonder fa parte del patrimonio dell’umanità: con la sua straordinaria capacità di crearsi un suo sound, è impossibile non riconoscerlo quando canta, e persino quando suona. È riuscito ad entrare nelle case e nei cuori della gente, ha fatto ballare ed emozionare le ultime tre generazioni, e ha trasformato il suo genio musicale in una icona sia musicale che sociale: icona della lotta per i diritti dei neri americani, icona della pace e icona della solidarietà per l’Africa.
Quindi cos’altro aggiungere, se non un semplice “Happy Birthday Stevie”?
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