Di Laura Astarita
Il 12 maggio debutta all'Arena del Sole di Bologna "La dodicesima notte" di ERT e Arte e Salute. Lo spettacolo resta in programmazione fino al 16 maggio. Per informazioni su date e biglietti consultare il sito web di Emilia-Romagna Teatro.
Vito nel ruolo di Malvolio. Foto di Stefano Triggiani |
La stagione di Emilia-Romagna Teatro riparte con «una delle commedie più belle di Shakespeare», per la regia di Nanni Garella e la compagnia Arte e Salute.
La dodicesima notte ha inizio durante una tempesta. Viola, la protagonista, perde il fratello gemello, Sebastian, durante un naufragio in mare. Un marinaio riesce fortunatamente a strappare Viola dalle grinfie dell'oceano, salvandole la vita. La ragazza approda quindi in Illiria: una terra di marinai, governata dal Duca Orsino. Non sapendo dove andare, Viola chiede asilo alla corte del Duca vestendo abiti maschili. Spacciandosi per un ragazzo, il nome con cui si presenta ad Orsino è Cesario.
La scena davanti a noi è essenziale: un grande schermo come fondale e quinte mobili, con l'eventuale entrata in scena di un tavolo, alcune sedie e una divanetto quando occorre. L'atmosfera è quasi onirica.
Il fondale monocromatico, all'occasione sfumato con tonalità più tenui, tende a predominare sul colore viola. Viola, come la protagonista.
Si odono versi di rondini: uccelli che, si sa, escono dal nido sempre e solo quando ha smesso di piovere. Sono stornii rassicuranti, sembrano annunciare che il peggio è passato.
Siamo ora alla quiete dopo la tempesta. Una tragedia si allontana, e la commedia può cominciare.
Prestando servizio alla corte di Orsino, Cesario diventa suo intimo e fidato amico. Il Duca gli confida, in amicizia, di essere innamorato di una donna, Olivia. A sua volta, Olivia è innamorata di Cesario. Tuttavia Cesario, o meglio Viola, non può ricambiare l'amore di Olivia, perché, in segreto, «come un verme chiuso in un fiore», coltiva una passione per Orsino.
La situazione si complica quando si scopre che Sebastian è vivo. Egli, in quanto fratello gemello di Viola, infatti, le è molto somigliante. Tutti, compresa Olivia, iniziano quindi a scambiare Sebastian con Cesario, e viceversa, dando luogo ad una serie di spiacevoli eventi e buffi fraintendimenti.
Nel frattempo, parallelamente all'intrigo dei giovani, scorre l'intrigo dei vecchi. Subendo le beffe di Ser Tobia e Ser Andrew, con l'ausilio della serva Maria, del buffone Feste e di Fabiano, il maggiordomo di Olivia, Malvolio, verrà convinto di essere pazzo.
«La trama però è solo un pretesto», ci dice Garella: un pretesto per far vivere l'affresco, la «sinfonia umana» che è questa commedia. Non a caso, l'esecuzione di tale sinfonia viene affidata da Nanni Garella a coloro che, romanticamente, sono considerati i maggiori portatori di umana saggezza nella letteratura shakespeariana: i matti.
Come in ogni spettacolo di Arte e Salute, parte degli attori in scena sono effettivamente pazienti psichiatrici della USL di Bologna. La follia di cui si parla, tuttavia, non è qualificabile clinicamente: chiunque nei drammi di Shakespeare può perdere la lucidità, e i folli non sono che savi che si smarriscono negli abissi del dubbio.
Shakespeare, autore della follia per antonomasia, ha ispirato i maggiori Romantici dell'Ottocento.
Nello spettacolo di Nanni Garella, infatti, i riferimenti all'Ottocento sono molteplici: i costumi, la scelta delle musiche, l'approccio registico così aderente al testo. Lo stesso minimalismo scenico all'apparenza avanguardista, serve ad esaltare la recitazione del testo e l'interpretazione degli attori. Il risultato finale è che non ci sembra di essere in presenza di Shakespeare, ma di un modernissimo Cechov.
Compagnia Arte e Salute. Foto di Stefano Triggiani |
Una menzione speciale va a Stefano Bicocchi, in arte Vito, nei panni di Malvolio, il quale ci regala un monologo, alla fine del secondo atto, di tutto rispetto. Malvolio è un personaggio di sorprendente efficacia comica, e non sappiamo dove inizi il merito di Vito e finisca quello di Shakespeare, a tal proposito. È infatti assurdo come la scena delle calze gialle funzioni ancora oggi con gli stessi, medesimi tempi comici.
Nel frattempo, Nanni Garella (che interpreta anche, magistralmente, il ruolo di Ser Tobia) punta il riflettore sull'assurdità della situazione e instilla nei personaggi il dubbio nelle loro facoltà mentali. Il personaggio di Malvolio e la "sotto-trama dei vecchi" acquisiscono così rilevanza, e abbiamo la sensazione che risieda qui il vero baricentro morale della vicenda.
Nella scena in cui Malvolio ammattisce, legato in un sotterraneo, si confronta con Feste, il buffone di casa. Il matto autentico (Feste) si fa dunque beffa del finto matto (Malvolio), fino al rovesciamento dei ruoli che non ci fa capire chi sia veramente il savio tra i due. La scena resa magistralmente anche grazie alla presenza di Mirco Nanni, attore "storico" della compagnia Arte e Salute, nei panni di Feste. Vito, d'altro canto, svestito dal suo personaggio pubblico, si rivela un vero e proprio coglitore della sfumatura tragica, oltre che un eccellente interprete comico. Il tutto è accompagnato, in via eccezionale, non da uno sfondo lilla o di tenue pastello, ma completamente nero.
Malvolio non è l'unico "folle" della vicenda, però. La follia de La dodicesima notte è collettiva.
Cesario, di fronte agli occhi di tutti, si "sdoppia", e il senno di ognuno non può che vacillare. Del resto, chiunque, in una situazione simile, vacillerebbe. I romantici dell'Ottocento avrebbero giustificato il tutto con la follia. Eppure noi, nel 2021, sappiamo bene che le assurdità non accadono soltanto ai matti, e che la follia come giustificazione non è più sufficiente per spiegare le stranezze della vita.
Alla fine della commedia, quando il fraintendimento viene a galla e tutto si risolve per il meglio, con la logica tornata padrona sulla scena, solo Malvolio, promettendo vendetta, abbandona la ribalta.
Nel clima di festa, la vendetta annunciata da Malvolio riecheggia incompleta, destinata a non compiersi. Eppure, resta lì. Anche nella quiete, turbina l'aria della tempesta. E questo ci turba.
È la nota amara sulla quale si conclude la sinfonia umana de La dodicesima notte. Lo stesso Garella che ci priva della grassa risata alla fine della commedia, tagliando il monologo finale di Feste, lascia così il finale sospeso. Non irrisolto, non aperto. Sospeso. In questo limbo dolceamaro, in quello che è un lieto evento più che un lieto fine, finisce, senza finire, la commedia. Del resto, è proprio questa atmosfera nostalgica, questo senso di imperfezione, di infinitudine, che rende La dodicesima notte, non a caso, «una delle commedie più belle di Shakespeare».
Intervista a Nanni Garella, Emilia-Romagna Teatro.
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