Claude Cahun: la fotografia trascende il genere

Di Anna Rizzo

Negli anni '40, durante la Seconda Guerra Mondiale, essere omosessuale significava, nella stragrande maggioranza dei casi, subire la deportazione nei campi, soccombere a ogni sorta di tortura e non tornare mai più indietro. È proprio negli anni '40 che Claude Cahun, l’artista di cui si vuole parlare in questo articolo, avrà il coraggio di opporsi alla società dell’epoca rifiutandone le regole e le convenzioni ipocrite.


CLAUDE CAHUN – L'ARTE DI ESSERE IO

“Maschile? Femminile? Ma dipende dai casi. Neutro è il solo genere che mi si addice sempre” (Claude Cahun)

«Non-binary: indica una persona che non si riconosce nell’idea che esistano solo due generi, maschile o femminile. Le persone non-binary non si sentono nate nel corpo sbagliato (anche se potrebbero voler modificare alcuni aspetti), anzi, spesso armonizzano caratteri legati al genere maschile o femminile. Gender queer è un altro modo di indicare le persone non-binary e rende l’idea di un’identità di genere dinamica e in continua evoluzione» (1)

La psicologa e psicoterapeuta Valeria Lussiana, nel suo articolo riguardante la comunità LGBTQ+ qui citato, spiega, a chi ancora non la sa, la differenza tra sesso e genere e chiarisce le definizioni dei vari orientamenti sessuali e affettivi.

Oggi, probabilmente, Claude Cahun verrebbe definitǝ non-binary, ma sicuramente non sarebbe d’accordo dato che ha trascorso tutta la sua vita combattendo le etichette e le definizioni stagnanti. La neutralità di genere è un tema ricorrente e direi protagonista all’interno delle sue opere. Tra i 20 e i 30 anni decise di rasarsi i capelli e indossare abiti eccentrici non appartenenti al codice vestimentario maschile o femminile.

Claude è natǝ nel 1894 a Nantes in Francia. La mamma venne rinchiusa in una clinica psichiatrica a causa di continui esaurimenti nervosi. L’assenza della madre durante la crescita rappresentò per Cahun un dramma che poi riversò nelle sue opere. Nel 1917 suo padre si risposò con una donna e Claude si innamorò della sorellastra. Quest’ultima cambiò il nome in Marcel Moore. La relazione d’amore tra Marcel e Claude durò per tutta la vita. 

Claude non era il suo nome di battesimo, ma quello che scelse per se stessǝ insieme al cognome. Claude era un nome neutro adatto sia a una donna che a un uomo, il cognome era quello della nonna ed esaltava le sue origini ebraiche. Il legame tra Marcel e Claude divenne anche sodalizio artistico; infatti sovente dietro la macchina fotografica c’era Marcel.

«Ti amo poco, molto, appassionatamente, per nulla. Tu mi ami e io sono libera. Tu mi ami poco, molto, appassionatamente, per nulla. Io ti amo e tu sei libera.» (Le Muet dans la melèe, 1948).

Claude fu un’artista estremamente versatile: scrisse saggi, recitò a teatro, fu costumista e fotografǝ. Fu inoltre esponente del Surrealismo e amicǝ di André Breton, Man Ray, Salvador Dalì e altri artisti e artiste conturbanti dell’epoca.

In più occasioni Claude dovette scontrarsi con la censura. In aggiunta, molti dei suoi lavori furono distrutti dalla Gestapo la quale irruppe in casa sua e bruciò tutto ciò che era considerato osceno. Nel 1938 tentò di sfuggire all’antisemitismo crescente di quegli anni insieme a Marcel e si recarono nell’isola di Jersey. L’area venne occupata dai nazisti nel 1940. Marcel e Claude presero parte all’Association des Ecrivains et Artistes Révolutionnaires e della Fédération Internationale de l'Art Indépendant (l’ala surrealista della resistenza). Furono chiusǝ in carcere e il loro materiale distrutto perché considerato pornografico. Claude morì nel 1954 e nel 1972 Marcel si suicidò.

La vita di Claude Cahun fu molto travagliata, segnata non solo dai drammi familiari, ma anche dalla brutalità della società nei suoi confronti perché lontanǝ dai concetti convenzionali di sessualità, perché ebreǝ, perché fierǝ della propria diversità.

Portò avanti fino alla fine la lotta contro le discriminazioni, ma ovviamente ebbe anche dei momenti densi di inquietudine e timori che espresse in alcune opere.

Di seguito cercheremo di delineare il percorso artistico e di pensiero di Cahun mediante alcune opere chiave.


AUTORITRATTO CON STELLA SUL PETTO (1926)


Claude non nascose mai la propria identità, non solo per quanto riguardava l’identità di genere, ma anche in merito alla religione. Dichiaratamente ebreǝ, nel 1926 (periodo storico in cui l’antisemitismo stava raggiungendo l’apice in tutto il mondo) realizzò un autoritratto - manifesto del proprio credo. Nella foto, Claude emerge dalla penombra, indossa una sorta di casco trasparente che arriva fino alle spalle. Sul petto una grande stella che rievoca la stella di David.

«Io ebrea al punto da usare i miei peccati per la mia salvezza di mettere in opera i miei sottoprodotti, di sorprendermi continuamente. L’occhio a uncino, al bordo della mia immondizia.» (Claude Cahun, Aveux non avenus)

L'ENIGMA DI ELLE (1929)


Claude definì Elle - la sfortunata moglie di Barbablù - il suo personaggio enigma. Una celebre fotografia rappresenta Claude nei panni di un’entità a metà tra Elle e la madre dell’artista. Nella foto, Claude indossa una veste pudica incrociata nella parte superiore, i capelli raccolti in una treccia attorno al capo (simbolo del peccato di essere donna), un trucco pesante sugli occhi e sulle labbra, un viso pallido.
Cahun era certǝ che il disagio della madre non fosse altro che una forma d’insofferenza nei confronti della società opprimente. Riuscì, quindi, a trovare una connessione con la figura genitoriale.

OPERE PUBBLICATE SUL SUO LIBRO AVEUX NON AVENUS (1930)



Claude eliminò dalle sue opere ogni elemento che avrebbe potuto definirlǝ donna o uomo, proponendo maschere mutevoli. Si fece portatorǝ di un terzo genere e attraverso il surrealismo rivendicò il diritto di vivere liberamente.

«Dio moltiplicandosi si è suddiviso all’infinito. Invano nell’Universo noi cercheremo la sua somiglianza.»  (Claude Cahun, Aveux non avenus)

UN AIR DE FAMILLE (1936)


Con questa fotografia, Claude propose un nuovo modo di osservare la realtà, capace di costruire e distruggere.
La fotografia ritrae una composizione di oggetti domestici allestita da Claude. Immediato è il richiamo al readymade surrealista. Al centro una culla su cui scende un velo sorretto da una corona fiorita. Sul lettino vi sono vari oggetti e un foglio. Sul foglio sono presenti diverse combinazioni di lettere che compongono più parole, da 'mangiare' al verbo 'mentire'.
Claude allude al concetto di artista come individuo capace di fuggire dalle oppressioni e di liberarsi mediante il travestimento e l’illusione. Gli oggetti rappresentano le ansie, le paure, il senso di inadeguatezza e di estraneità di Claude rispetto all’ambiente borghese da cui proveniva.

Claude Cahun ha amato tanto e coraggiosamente e lo ha fatto per se stessǝ e per tutti noi.
Le sue opere sono grandi perché grande è la sua anima. Oggi siamo debitori di Cahun e di tutte le persone che in egual maniera hanno sfidato l’ignoranza, l’ipocrisia e l’odio con la verità e l’amore. Sono diverse le vittorie raggiunte negli anni, ma sono ancora tante le lotte da perseguire.

Ci tengo a sottolineare che Claude Cahun ha lottato soprattutto contro la violenta morbosità con cui la società tentò di farlǝ rientrare in convenzioni preconfezionate.
Sovente, negli ultimi anni soprattutto, si tende a eccedere nell’etichettare le persone in base a orientamento sessuale, etnia, fisicità… 
Questo, a mio avviso, risulta controproducente perché conduce alla costruzione di compartimenti stagni in cui vengono rinchiuse le persone e private della meravigliosa complessità propria degli esseri umani. Riconoscersi in un gruppo e trovare altre persone a noi simili con cui poterci confrontare è positivo, ma stiamo attentǝ a non farci risucchiare da questo meccanismo perché potrebbe impoverirci di tutte le altre sfaccettature che ci rendono noi.
Io sono io.
Cosa significa? Prova ad amare come Claude Cahun e forse lo scoprirai.

Commenti