La parola con la S: la naturale curiosità dei bambini nei confronti del sesso

Di Anna Rizzo


Alcuni bambini intervistati da Pier Paolo Pasolini nel documentario d'inchiesta Comizi d'amore1964

A tutti è capitato di giocare al dottore.
Era l’ora del riposino alla scuola materna, il mio amichetto e io non volevamo dormire, volevamo giocare. Questo è il primo ricordo che ho in merito alla mia curiosità sul sesso. Alle elementari i pupazzi erano i protagonisti degli esperimenti che facevamo in classe. A volte partorivano, altre volte ancora li sfregavamo l’uno sull’altro e ridacchiavamo.

Quando avevo circa 12 anni, si cominciava a parlare di sesso. Gianni, Paolo e gli altri esploravano il mondo dei porno con i loro primi telefonini. Io e le mie compagne, invece, iniziavamo a scoprire parole nuove riguardo al sesso, ci divertiva ripeterle e interrogarci sul loro significato. La maggior parte delle volte, però, dicevamo solo l’iniziale o le prime due lettere delle parole. Una “se”, un ”po”, eccetera. Ci vergognavamo a parlarne in pubblico, ma quando eravamo tra di noi, quasi era una sfida a chi avesse il coraggio di pronunciarne interamente di più.

Un giorno poi, durante l’ultimo anno delle scuole medie, mentre ero in bagno, ascoltai una conversazione che creò in me paura e confusione. Una ragazza, nella cabina adiacente alla mia, stava piangendo. Singhiozzava e la voce le tremava. Stava parlando al telefono con la mamma della sua amica, che in quel momento era con lei in bagno. Le disse di essere rimasta incinta. Continuava a ripetere “non lo sapevo”, “non volevo” ed era terrorizzata all’idea di raccontarlo alla mamma.

Sono cresciuta in una casa di sole donne e c’è sempre stata un’atmosfera abbastanza rilassata, favorevole a conversazioni di ogni tipo. Quando ci sedevamo a tavola, ogni giorno, tornata da scuola, chiedevo il significato di una parola nuova. Mia madre e mia zia provavano a rispondermi cercando di non fornirmi troppe informazioni dettagliate.
Ciò nonostante, crescendo e vivendo nei vari ambiti della quotidianità, ho assimilato una forma di pudore e vergogna nell’affrontare questo tipo di argomenti con altre persone.

Poi, cominciai a studiare arte.

PASOLINI E AGOSTI INTERROGANO GLI ITALIANI SUL SESSO

Nel 1964 Pasolini realizza il documentario Comizi d’amore.

Un’indagine ardita, condotta dal nord al sud della penisola, riguardo al rapporto più o meno sincero tra gli italiani e il sesso. Una disamina delle varie sfaccettature dell’argomento. Tra le tante interviste che si susseguono nel film, interessante è quella che l’autore effettua a una madre: le domanda come lei stia affrontando la questione della sessualità con il figlio. 

Emerge una certa difficoltà e disagio.

Il figlio ha 12 anni eppure la donna esclude che il bambino si stia già ponendo delle domande in merito, lo ritiene troppo piccolo. In un secondo momento confessa che preferisce non sapere, rimanere ignara di quella sfera della vita del bambino, sceglie di lasciarlo solo.

Gli adulti, ci dice Silvano Agosti - artista poliedrico formatosi professionalmente durante gli anni delle contestazioni giovanili - vivono sinceramente devoti alla menzogna e il mondo della menzogna, unito, crea disagio alla pura sincerità dei bambini che inevitabilmente si sentono sbagliati.

Egli si dedica da sempre all’arte e a ogni forma d’espressione per parlare d’amore e di libertà. Nel 1984, a tal proposito, concepisce il documentario D’amore si vive. Una ricerca, mediante interviste, sulla tenerezza, la sensualità e l’amore. Seppure realizzato vent’anni dopo l’opera di Pasolini, il film viene additato dal pubblico di aver trasformato i bambini in mostri.

Celebre è la scena in cui a parlare è Frank, un bambino di nove anni, che racconta la sua visione e la sua esperienza col sesso con una pulita disinvoltura disarmante per lo spettatore. Frank dice che i bambini sono esseri umani e come i grandi, anche loro hanno bisogno del bene.

«I bambini vogliono scoprire la vita, urlare “voglio vivere!”».


Francesco, il bambino intervistato in D'amore si vive, dir. Silvano Agosti, 1984

IL GIOCO DEL SESSO

I bambini vogliono scoprire la vita. I bambini scoprono il cielo, i fili d’erba verde e bagnata, la sensazione sotto i polpastrelli a contatto con le piastrelle del pavimento mentre gattonano.

E scoprono il corpo.

Le dita e il modo in cui si piegano; provano a contare i capelli. Tappano le narici, prima una e poi l’altra, poi insieme e cercano di capirne l’utilità. Sfidano le gambe stando su una sola, poi saltano, corrono, per coglierne i limiti. Così fanno anche con i genitali che per loro sono una parte del corpo come un’altra, inesplorata e per questo affascinante, magica.

Maria Grazia Rubanu, psicologa e psicoterapeuta cofondatrice dello studio Psynerghia e consulente CIAI, racconta la sessualità dell’infanzia come fenomeno diverso dalla sessualità degli adulti. Questi ultimi dovrebbero avere un atteggiamento accogliente, di apertura nei confronti dei bambini. Al contrario, nella stragrande maggioranza dei casi, la curiosità sessuale dei bambini viene sporcata, inquinata dalla vergogna: un sentimento esterno, proveniente dagli adulti.

La dottoressa, nell'articolo Da quando inizia la curiosità sessuale dei bambini?esegue una distinzione accurata tra le varie fasi di esplorazione da quando il bambino è un neonato fino alla preadolescenza. Spiega che se nei primi 4 anni di vita, il bambino comincia a scoprire il proprio corpo, intorno ai 5 anni inizia anche a sperimentare la propria sessualità in relazione ad altri coetanei e lo fa attraverso giochi.

In questa fase gli adulti non devono essere invadenti, ma monitorare dall’esterno e creare degli spazi d’ascolto, aree sicure nelle quali ci sia massima libertà d’espressione.

«Ai bambini si può parlare di qualsiasi cosa, basta utilizzare sempre un linguaggio adeguato all’età e aumentare le informazioni da dare man mano che i figli crescono».


Furman Stewart Baldwin, The Kiss, 1947


ESSERI UMANI E IMMEMORI

Quando ero bambina ponevo moltissime domande. Volevo sapere tutto.

Il sesso era uno degli argomenti che mi incuriosiva di più. Lo vedevo come un universo misterioso da esplorare. E a essere sincera, oggi ne so davvero poco. Si impara sul campo, quasi sempre senza strumenti di conoscenza pregressa .

Non sta bene, non è consono, una signorina non dovrebbe mai porre certe domande o parlare di argomenti tanto sconvenienti.

Paura, ignoranza, ipocrisia e timore di Dio sono le concrete catene che imprigionano gli adulti impedendo loro di vivere davvero. Pasolini, nei suoi Comizi d’amore era dello stesso avviso. Aggiungerei, però, un altro elemento alla lista Pasoliniana delle catene sociali e morali: la smemoratezza. Gli adulti sono immemori . Non ricordano più cosa significa vivere ed essere liberi.

Smettendo di giocare si smette di essere umani e ci si omologa alla grande massa di macchine non pensanti e incapaci di provare l’amore. Gli adulti immemori devono smettere di zittire i “perché?” dei bambini, unirsi a loro e tornare a essere umani.


MANUALE PER IMMEMORI CHE VOGLIONO TORNARE A ESSERE UMANI

Regola numero 1: Non scandalizzatevi

« Lo scandalo è un istinto di autoconservazione. La persona che si scandalizza ha paura di mettere in discussione e perdere la propria identità di fronte a qualcosa di diverso e sconosciuto » afferma Alberto Moravia in Comizi d’amore. Sorridete e siate felici, orgogliosi e fieri, se i vostri figli vi pongono domande. Significa che sono vivi e che, spinti dall’amore per la vita, ne vogliono sapere sempre di più.

Regola numero 2: Ascoltate

La visione dei bambini sul mondo è vergine, pura, non contaminata dai morbi della società corrotta. Lasciatevi stupire e provate a riscoprire la vita facendovela raccontare dai bambini.

Regola numero 3: Siate genitori

Non è necessario aver figli biologici per essere genitori. Il vostro istinto paterno e materno potrà essere messo a frutto con lo smarrimento dei bambini. Dopo aver ascoltato le riflessioni e le considerazioni dei fanciulli, indirizzateli, fornite loro conoscenze da voi assimilate grazie all’esperienza. Consigliate senza rivelare tutto subito. I bambini hanno anche il diritto di scoprire autonomamente, ma non devono sentirsi soli.

Regola numero 4: Voi insegnanti, insegnate!

Dai 6 ai 19 anni trascorriamo la maggior parte del tempo a scuola. Storia, geografia, letteratura: tutto molto interessante. E il sesso? E la vita? Cari insegnanti battetevi per i vostri alunni - figli, pretendete per loro un’istruzione completa. Permettete loro di sapere. Rendendoli consapevoli, li avrete protetti. Gli errori, comunque, sono parte integrante di una vita sana.

E allora voi adulti non ne sarete più responsabili, ma sarete finalmente tornati a essere umani.

Commenti

  1. Bellissimo! Finalmente uno scritto chiaro, limpido meravigliosamente libero sincero. Apprezzo molto anche una narrazione fluida che non solo fa riferimento a diversi punti di vista personali e non ma che dona anche preziosi suggerimenti a tutti noi persone, insegnanti genitori e tutti coloro che hanno il dovere e la possibilità di sostenere i bambini nel loro grande impegno a vivere la loro vita e scoprire e decidere che adulti vorrebbero diventare senza paura di fare domande. Grazie,!

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