Noi avremo cura di te: Franco Battiato a un mese dalla sua scomparsa

Di Francesca Cezza

«Lontano da queste tenebre matura l'avvenire. Il cielo è senza nuvole. Padre fammi partire!»
Così cantava Franco Battiato in Da Oriente a Occidente nel 1973. È già passato un mese dalla sua scomparsa, e noi ancora non riusciamo a farcene una ragione. 

Franco Battiato

Raccontare ciò che Battiato è stato, o ciò che Battiato ha fatto, sarebbe un vano tentativo di racchiudere qualcosa di veramente enorme in un recipiente davvero troppo piccolo. È stato un cantautore, compositore, musicista, regista e pittore di grande talento. Impossibile metterlo all'interno di un genere, o attribuirgli una pur semplice etichetta: l’unico modo per spiegare il suo lavoro è quello di chiamarlo "artista" e godere della sua musica senza tempo.

Nato il 23 marzo 1945 a Ionia, in provincia di Catania, Francesco Battiato, nel 1964, si trasferisce dapprima a Roma per poi stabilirsi a Milano. Di questo periodo lombardo l’artista si dirà inizialmente contento: «Milano allora era una città di nebbia, e mi sono trovato benissimo. Mettevo a frutto la mia poca conoscenza della chitarra in un cabaret, il "Club 64", dove c'erano Paolo Poli, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Renato Pozzetto e Bruno Lauzi. Io aprivo lo spettacolo con due o tre canzoni siciliane: musica pseudobarocca, fintoetnica».

Siamo quindi verso la metà degli anni Sessanta, anni in cui Battiato pubblica due singoli per la rivista Nuova Enigmistica Tascabile (NET). Nel 1967, insieme al compaesano Gregorio Alicata, forma il duo Gli Ambulanti. 
Giorgio Gaber, in particolare, dopo aver ascoltato il loro repertorio di canzoni di protesta, decide di lanciarli alla casa discografica Ricordi. Ma il duo ha vita breve: a seguito di alcune incomprensioni, si scioglie e Battiato firma un contratto con la casa discografica Jolly. 

Qui, la figura dell’artista viene incasellata nel filone delle canzoni di protesta, all’epoca assai in voga. I suoi primi singoli incisi ufficialmente sono La torre e Le reazioni. A questi seguono Il mondo va così e Triste come me
La torre, in particolare, accompagna la prima apparizione televisiva dell'artista, avvenuta il 1° maggio del 1967, nel programma Diamoci del tu, condotto da Giorgio Gaber in coppia con Caterina Caselli. 
Nel corso della puntata si esibisce un altro giovane cantautore, all’epoca ancora sconosciuto: Francesco Guccini. E proprio in questa occasione l'artista milanese propone a Battiato di cambiare il nome da Francesco a Franco, proprio per non confondersi con Guccini.


L’anno successivo vediamo Battiato cambiare ancora una volta casa discografica; passa ora alla Philips. Il suo intento era di abbandonare il genere di protesta per incidere dischi dal sapore romantico, con la speranza di raggiungere un pubblico più vasto. Presso questa casa discografica registra altri due brani, che vengono però pubblicati soltanto nel 1971: Vento caldo e Marciapiede, e ottiene un discreto consenso con È l'amore, che diverrà ben presto il primo successo commerciale.

Proprio il 1971 segna una svolta: Battiato decide di abbandonare il formato “canzone” per dedicarsi alla musica sperimentale, iniziando ad usare strumenti e sonorità elettroniche
L’esordio Fetus viene considerato un’opera molto originale e innovativa, al punto da registrare una versione anche in lingua inglese. L’album è una sorta di viaggio interiore psichedelico, e varia con balzi che vanno dal microscopico mondo della cellula, all’infinito dello spazio. Ispirato all’opera letteraria Il mondo nuovo di Aldous Huxley, Fetus è un vero e proprio concept-album, ambiguo e dissacrante, mix tra canzone d’autore e krautrock (n.d.R: termine attribuito ai gruppi tedeschi che negli anni Settanta hanno creato musica ispirata al rock progressivo o alla musica elettronica). Riccardo Bertoncelli, critico musicale, ha affermato che Battiato «è sempre stato inclassificabile, nei Settanta entrava in scena, accendeva uno stereo con musica assurda e se ne andava. Il pubblico lo rincorreva inferocito».

Nel 1973 pubblica Sulle corde di Aries, considerato il suo lavoro più riuscito di questa prima fase. In questo album collimano la sperimentazione ripetitiva - tipica del minimalismo - e una particolare forma di musica acustica, che si ispira alla tradizione araba, ma c’è anche l’uso di strumenti elettronici. 
In questo percorso sperimentale, l'artista privilegia l’uso di fiati, oboe, violoncello, mandola, calimba e piano preparato. Il brano più celebre è l'ipnotica Sequenze E frequenze.

Sempre in questo periodo, Battiato fonda la band degli Osage Tribe, in cui appare come leader e voce solista. Con questi incide il 45 giri Un falco nel cielo, la cui copertina, raffigurante una testa di bambola con bocca sanguinante, acquista in breve tempo molta notorietà. 

Cover art dell'album Un falco nel cielo

L’anno successivo pubblicano Arrow Head, LP di jazz rock progressivo. Battiato però non fa più parte del gruppo: compare nel disco solamente in veste di coautore del brano Hajenhanhowa

Seguono anni di sperimentazioni, di collaborazioni (come con Genco Puro & Co, Springfield, Ixo e Colonnello Musch), e di incontri importanti (come quello con il musicista Giusto Pio).

Nel 1978, Battiato pubblica un nuovo 45 giri usando lo pseudonimo Astra. I due brani si intitolano Adieu e San Marco, entrambi con un testo in francese. Adieu verrà ripresa l’anno successivo per una nuova canzone (Canterai se canterò di Catherine Spaak) e ancora nel 1989, per il brano Una storia inventata di Milva. Questi porranno le basi per l’ascesa cantautoriale di Franco Battiato, che da questo momento tornerà in maniera definitiva alla forma tradizionale della canzone. 

Nel 1979, ancora un cambio di casa discografica: passa ora alla EMI Italiana, con cui pubblicherà L’era del cinghiale bianco. L'album, nel complesso, presenta numerosi elementi che in futuro formeranno lo stile e la poetica di Battiato: esotismi, riferimenti letterari e scanzonati giochi linguistici. Ne sono un esempio Strade dell'est, Magic shop e la stessa title-track; ma anche la strumentale Luna indiana, e Il re del mondo - considerata il capolavoro del disco - e Stranizza d'amuri, prima traccia dell'autore interamente scritta in lingua siciliana. 


Seguono Patriots (1980) e, nel 1981, La voce del Padrone, che staziona al vertice della classifica italiana per un anno - vendendo oltre un milione di copie. Viene inoltre promosso alla Mostra Internazionale di musica Leggera, attraverso il singolo di lancio Bandiera Bianca
Altra canzone particolarmente celebre è Centro di gravità permanente, ispirata dalle teorie psicofisiche di Georges Ivanovic Gurdjieff, sulla difficoltà – per l’essere umano – di trovare il proprio centro interiore. Battiato, da questo momento, diventa un “caso”, materia di studio per gli intellettuali e fonte d’ispirazione per i musicisti. 

Risultati commerciali altrettanto notevoli vengono raggiunti da L'arca di Noè, pubblicato nel 1982. In poche settimane vende circa 550.000 copie, risultando il disco italiano più venduto nell'anno, preceduto soltanto dal celebre Thriller di Michael Jackson. 

Cantautore eclettico e profondamente innovativo, Battiato ha avviato una ricerca personale che lo ha portato a elaborare dei veri e propri pastiche letterari: citazioni colte, riferimenti filosofici, terminologie pop, miti e legende, per non parlare delle svariate lingue adoperate nei suoi brani. 
Di quel clamoroso – e improvviso - successo Battiato era lusingato, appagato e allo stesso tempo infastidito. Dopo aver dimostrato che, grazie anche a un periodo di fertile Rinascimento culturale, si poteva utilizzare la canzone per fare arte in maniera ironica, leggera, ma allo stesso tempo incisiva e a suo modo profonda, Battiato decise che bisognava andare avanti, migliorarsi, tornare ad atmosfere più pacate, più adatte al suo modo di concepire la musica e la performance. Il tono si fece quindi più dolente, riflessivo: nascono così E ti vengo a cercare, L’oceano di silenzio fino all’ineguagliabile La cura.


Negli anni successivi vedono la luce altri 18 album, tutti estremamente diversi fra loro. Ma Battiato era fatto così: aveva bisogno di sperimentare, di cambiare, di trasformarsi e di vestire vestiti diversi, continuamente. Si commuoveva per le visioni oniriche, non certo per i sentimenti ordinari, per gli amori cantati, e la sua rivoluzione l’aveva portata avanti proprio così: combattendo gli stereotipi, le rime facili, i mielosi sentimentalismi. Basti pensare a Povera Patria, la più struggente elegia cantata in Italia.

La verità è che i brani di Battiato andrebbero ascoltati sempre, come una salutare prescrizione medica. Bisognerebbe leggere Battiato nelle scuole, nei libri e ovunque si possa, perché le sue canzoni non sono “semplici” canzoni. 
Per molte persone, magari legate in modo importante al mondo della musica di avanguardia, tutto è iniziato con lui. 

Gli ascoltatori incalliti di Battiato possono dire – senza troppe riserve - che un mondo diverso è possibile, che la musica non deve essere per forza una certa cosa ma può esserne mille altre, che non ci sono limiti da non superare, che non ci sono sperimentazioni senza valore, che ogni tentativo può portare a qualcosa di magico. 
Possiamo dire che non esistono solo le canzoni, che le canzoni non devono essere per forza fatte in un certo modo, che non esistono compartimenti stagni; che esistono brani fatti solo di silenzi, e altri fatti di puro rumore, che esistono note che si ripetono cambiando impercettibilmente; che esistono brani che ti entrano nell’anima dopo pochi secondi e altri che continui a non comprendere anche dopo mille ascolti; che la cosa più bella del mondo è fare cose diverse, cambiare, trasformarsi continuamente, esplorare differenti sfumature del possibile, e scoprire che non ci sono limiti all’immaginazione, alla creatività e all’innovazione. Ricordare che non esistono solo il pop, il rock, il rap e i generi più canonizzati, ma che esistono altri infiniti mondi, e che tutti questi possono dialogare tra loro, contaminarsi, mescolarsi e creare altre infinite possibilità.

Questo è stato Franco Battiato per tante persone: la scoperta di altre possibilità e di altri mondi. Fosse anche solo per questo ruolo nel panorama nazionale, anche a prescindere da tutto il resto, non possiamo che riconoscerlo come un gigante, per sempre. Ed è per questo che non riusciamo a superare la sua mancanza; ed è per questo che Franco è ancora qui, in mezzo a noi. 

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