Alejandro Gonzáles Iñárittu: "Amores Perros", l'apice all'esordio

Di Davide Gravina

Eraserhead - La mente che cancella del 1977 di David Lynch, Le Iene del 1992 di Tarantino e Sidney del 1996 di Paul Thomas Anderson sono tre tra i più importanti e significativi esordi degli ultimi 50 anni. L’esordio cinematografico del regista messicano Iñárritu, che oggi compie 58 anni, è di altrettanto valore.

Scena dal film Amores perros (2000)

Il film s’intitola Amores perros, è uscito nelle sale nel 2000 e vede nel ruolo di sceneggiatore lo scrittore ed amico del regista Guillermo Arriaga. Sia il titolo, sia la data di distribuzione, sia lo sceneggiatore hanno rivestito un ruolo di notevole rilievo. Su questi punti, però, torneremo più avanti. 

Voglio fin da subito mettere in evidenza una peculiarità che si può riscontrare in tutta, o quasi, la filmografia di Iñárritu: i personaggi sono al centro del suo cinema. Può sembrare una frase fin troppo banale, ma io non la ritengo tale. Cercherò di spiegare meglio la mia idea nel corso dell’articolo. 

L’opera d’esordio del regista è composta da tre storie, tutte ambientate a Città del Messico. Ognuna di essa ha un titolo: Octavio e Susanna, Daniel e Valeria e El Chivo e Maru. In ogni episodio del film è costante la presenza dei cani. I migliori amici dell’uomo rappresentano dei veri alter ego dei sei protagonisti. I personaggi, ed i rispettivi cani, dei diversi episodi non si incontrano mai, se non in un incidente automobilistico che vede vittime alcuni di loro. 

Voglio iniziare la mia analisi sui punti messi in luce precedentemente: titolo, anno di uscita e sceneggiatore. 

“Amores perros” significa, traducendo direttamente dallo spagnolo: “ama i cani”, ma il reale significato del titolo è un altro: “L’amore è una cagna” ovvero “L’amore è una rogna”. Questo è ciò che Iñárritu vuole raccontare. Quali altri film hanno avuto l’intenzione di raccontare le reali difficoltà che si possono riscontrare in una famiglia o in una coppia o in un rapporto tra padre e figlia ricorrendo sempre ad una metafora con dei cani? Pochi. L’originalità non è sempre sinonimo di valore, ma in questo caso, l’audacia del regista ha pagato. 

Il film esce nelle sale nel 2000. Alfonso Cuaron e Guillermo del Toro, due registi messicani che con Iñárritu compongono il cosidetto trio “I tre amigos del cinema”, avevano già realizzato alcuni film prima del 2000 (del Toro realizzò Cronos nel 1993 e Mimic nel 1997; Cuaron diresse, invece, Uno per tutte del 1991, La piccola principessa del 1995 e Paradiso perduto del 1998). Nonostante questo, quando ci si chiede quando ha inizio l’era dei tre messicani, tutti pensano ad Amores perros. Il 2000 quindi non è una data significativa a priori, al contrario lo è diventata dopo il clamoroso successo del film. 

Da sinistra a destra: Alfonso Cuarón, Alejandro González Iñárritu e Guillermo del Toro

L’autore delle sceneggiature dei primi tre film di Iñárritu, che compongono la “Trilogia della morte” (oltre ad Amores perros troviamo 21 grammi del 2003 e Babel del 2006) è Guillermo Arriaga. Lo scrittore firma, assieme al regista, anche tutti e tre i soggetti. Questo non è solo segno di continuità, ma anche di grande autorialità. Vedere quest’autorialità fin dall’esordio non è una banalità.  

Adesso parliamo più specificatamente del film. Come detto in precedenza, i protagonisti sono i sei personaggi che danno, con il loro nome, il titolo ai tre diversi episodi. 
Octavio (Gael García Bernal) e Susanna (Vanessa Bauche) sono cognati. Lei ha sposato il fratello di lui. Vivono tutti e due sotto lo stesso tetto, insieme alla madre di Octavio (Adriana Barraza), insieme a Ramiro (Marco Pérez), il marito di Susanna ed insieme al loro figlio. Tra Octavio e Susanna non c’è solo un semplice rapporto di parentela. I due si amano, o per meglio dire, Octavio crede che siano innamorati. Come rivelerà il finale: l’amore è una rogna.
Daniel (Álvaro Guerrero) e Valeria (Goya Toledo) sono due innamorati. Lei è una modella di grande fama, lui un impiegato di medio livello che ha appena lasciato la moglie per poter andare a vivere con la sua presunta anima gemella. La storia tra i due si complicherà fin dal primo ostacolo: l’incidente automobilistico. Successivamente la loro relazione sarà sempre più in salita. Ancora una volta: l’amore è una rogna.

Scena dal film Amores perros (2000)

El Chivo (Emilio Echevarría) e Maru (Lourdes Echevarría) sono i protagonisti del terzo episodio ed al contrario delle due coppie precedenti, non si conoscono. Ma c’è di più: noi spettatori non conosceremo mai Maru. Come può, allora, Iñárritu utilizzare il nome Maru per il titolo del terzo e conclusivo episodio del film? La risposta ormai la sapete: l’amore è una rogna.
Ogni episodio ha un finale diverso. L’essenza è però una sola: Amores perros.

Le tre brevissime analisi proposte non tengono conto degli alter ego dei protagonisti: i cani. 

Nel primo episodio il cane è di proprietà di Ramiro, ma è chiaramente l’alter ego di Octavio. Il cane non si affeziona a quello che dovrebbe essere il suo padrone. Ramiro è incapace di amare sua moglie ed il suo bambino e quindi non è in grado di occuparsi di nulla. Octavio è davvero interessato alla salute del suo cane. Sorge però una domanda: è interessato per amore oppure per interesse personale? Non si avrà mai una risposta. È possibile porre la stessa domanda riferita questa volta a quello che dovrebbe essere il suo vero amore: è realmente interessato a Susanna o la ama solo per non rimanere solo? Ancora una volta, la risposta è ambigua. 

Nel secondo episodio il cane è di Valeria. I due sono elegantissimi, uniti da un sincero legame. L’aumentare delle difficoltà per Valeria corrisponde ad un incremento di problemi per il suo cane, e viceversa. Il loro rapporto è autentico e questo significa che non si spezza al primo ostacolo, ma al contrario si rafforza nelle difficoltà. Ancora una volta il cane, vittima di un incidente domestico, è metafora della vita della sua padrona. 

Nell’ultimo episodio, dove il reale protagonista è uno soltanto, data la quasi totale assenza di Maru, i cani sono tanti. Niente di più inaspettato. Come possono tanti cani esser metafora della vita di un solitario sicario quale è El Chivo? La risposta, in questo caso, è semplice: non esiste essere umano che presenta più sfaccettature dell’ex guerrigliero. Un solo cane non poteva bastare. Eppure, alla fine, ne rimane uno solo: per quale motivo? Anche in questo caso la risposta è semplice: la vita di El Chivo cambia e di conseguenza cambiano i suoi alter ego.  

Scena dal film Amores Perros (2000)

Voglio concludere l’analisi su uno dei più grandi esordi cinematografici degli ultimi anni ritornando ad una frase scritta all’inizio dell’articolo: i personaggi sono al centro del cinema di Iñárritu. Credo che questa veloce analisi sul suo primo film abbai esplicitato ciò che intendevo. Iñárritu non antepone il film ai personaggi, perché i personaggi sono il film. In Amores perros i personaggi sono rafforzati dai loro alter ego, i loro cani. Cosa succede se Iñárritu rafforza i suoi personaggi, dato che i suoi personaggi sono il film? Semplice: il film diventa indimenticabile. 

Questo è Amores perros: l’esordio di Iñárritu, il suo apice. 

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