Di Alessandra Vita
Non finirò mai di sostenere che l'arte può influenzarti. La visione di un film può cambiare il tuo modo di approcciarti al mondo, così come può farlo la lettura di un libro. Certe storie o personaggi poi, soprattutto se letti in giovane età, possono diventare dei veri e propri modelli a cui aspirare o in cui riconoscersi.
Negli ultimi tempi si è parlato spesso di "offrire alle bambine delle figure a cui ambire e da cui sentirsi rappresentate": mi trovo in parte d'accordo con questo discorso. Per quanto riguarda l'importanza di offrire personaggi di varie etnie e fisicità sono molto a favore: da bambina quando giocavo interpretavo qualsiasi personaggio, però ammetto che mi riempiva di contentezza poter dire "sono io!" quando vedevo un cartone con una principessa dai capelli castani e gli occhi ambrati. Non basta però solo questo. Ultimamente i film di intrattenimento firmati da grandi case di produzione, mostrano un modello di donna certamente inclusivo, ma caratterialmente bidimensionale. I personaggi che dovrebbero ispirare le bambine sono delle Mary Sue: già perfette, già forti, senza mai un dubbio e che mostrano il coinvolgimento romantico come un sinonimo di debolezza.
Se dal punto di vista prettamente narrativo la costruzione di un personaggio del genere non porta a niente poiché non vi è una crescita (ed è quindi il risultato della penna di qualcuno che non sa scrivere), dal punto di vista educativo credo che sia deleterio. Come bisogna proporre le diverse etnie e fisicità, così bisognerebbe creare personaggi con una diversa psicologia. Il primo principio della psicologia è che non esiste una realtà vera ma solo una realtà percepita, che cambia a seconda della persona: mi pare dunque sciocco creare queste figure femminili tutte uguali che, per compensare ad anni di rappresentazioni della donna sbagliate su un altro fronte, ricadono in uno stereotipo ugualmente dannoso.
Uno dei personaggi che da bambina mi influenzò di più fu Jo di Piccole donne. La ragazza descritta dalla Alcott è intelligente, colta, ha il sogno di diventare una scrittrice e non sottostà alle regole imposte dalla sua società, ma ha anche dei difetti. Jo infatti spesso è troppo testarda, vuole sempre nascondere le sue fragilità dietro una maschera di sicurezza, è chiacchierona e a volte con i suoi modi di fare poco eleganti mette in imbarazzo le sorelle. Si tratta di una figura con una grande personalità, con luci e ombre.
Nel corso della storia del cinema, più attrici hanno portato questo personaggio sul grande schermo. In questo articolo analizzerò le varie interpretazioni di Jo March, evidenziando similarità e differenze che ogni attrice ha apportato, ognuna nella sua epoca. Perché sì: ogni epoca ha la sua Jo.
1. KATHARINE HEPBURN (1933)
![]() |
Katharine Hepburn in Piccole donne (1933) |
Se c'era un'attrice che poteva rendere giustizia a Jo, questa era proprio Katharine Hepburn. La donna infatti aveva uno stile particolare: indossava pantaloni a palazzo e camicie da uomo, precorrendo i tempi. Katharine metteva la comodità al primo posto, mostrò al mondo che una donna poteva essere affascinante anche senza gonne e collant, aveva un carattere ironico, una forte personalità ed era un'icona del femminismo. Alla sua biografa Charlotte Chandler, l'attrice rivelò che a 9 anni si tagliò i capelli e iniziò a indossare gli abiti del fratello, interpretando un personaggio. “Ebbi una fase da bambina in cui avrei voluto essere un maschio perché pensavo che a loro fosse riservato tutto il divertimento. [...] Così decisi di voler essere chiamata Jimmy. [...] Creai Jimmy per gli altri. Non mi sono mai sentita come Jimmy" disse Katharine. Caratterialmente dunque l'attrice aveva già molte somiglianze con Jo, e forse ciò la aiutò a creare così bene questo personaggio.
La Jo della Hepburn è forse quella che più si avvicina a quella dei libri. La recitazione teatrale mette bene in evidenza tutta la grinta di questo personaggio. Durante la prima parte del film Jo, con le sue bizzarre esclamazioni come "Cristoforo Colombo!", è un'esplosione di energia. A tratti gentile, a tratti scontrosa, determinata ma fragile, la Hepburn ha messo tutta se stessa in questa interpretazione. La protagonista è una donna che usa un nome da uomo e spesso rifiuta il suo genere, perché essere donna in quegli anni significava sposarsi, comportarsi secondo un'etichetta e non poter avere una propria indipendenza.
L'amicizia con Laurie è trattata in un modo molto genuino: Jo va a fargli visita dopo averlo visto alla finestra sempre malinconico e la nascita del rapporto tra i due che ne consegue è piena di ironia. Prima improvvisano un duello in cui Laurie dice di essersi dimenticato che Jo non è un uomo, poi per tutto il corso del film Laurie tenterà di far capire alla ragazza i suoi sentimenti anche se sembrerà sempre uno scherzo.
Il primo momento in cui lo spettatore inizia a vedere la sofferenza di Jo e l'amore del ragazzo è quando la piccola Beth si ammala ed è in pericolo di vita. Lì, per la seconda volta, la giovane sullo schermo piange (la prima avviene quando si taglia i capelli) e nelle delicate e insicure carezze che Laurie fa per consolarla si nota il suo amore nascosto. Quando poi Jo capisce che sua sorella Meg vuole sposarsi, sfaldando il loro nucleo familiare e portando quindi dei cambiamenti che non può controllare, nell'ostilità della ragazza è nascosta in realtà una grande paura di ciò che muta.
Dopo il matrimonio di Meg, Laurie si dichiara a Jo. La scena è più statica di quelle dei futuri film ma è comunque resa interessante dal talento degli attori. Negli occhi di Katharine Hepburn vi è tutta la disperazione della giovane che sa che rifiutando la sua proposta sta per perdere un amico che ama come un fratello. Per la nostra Jo tutto cambia. Quando la ragazza si reca a New York per dare tempo all'amico di dimenticare il suo sentimento, non sembra più la Jo di inizio film: ha abbandonato la spensieratezza dell'infanzia e i suoi tipici modi da ragazzo. E quando scopre che Laurie era a New York e non l'ha salutata, la giovane si dispera.
![]() |
Katharine Hepburn e Douglass Montgomery |
Forse è proprio sul finale che il film va a perdersi. Dopo la morte di Beth, Jo dice a Meg di essere sola e che forse se Laurie si fosse riproposto ora avrebbe accettato, non perché ora lo ami diversamente, ma perché ora le importa di più essere amata. Questo discorso non trova il giusto spazio, ma verrà ben ripreso nella versione del 2019.
Il film uscì durante la Grande Depressione e per il pubblico vedere un gruppo di giovani darsi da fare per sconfiggere la povertà fu un'esperienza edificante.
2. JUNE ALLYSON (1949)
![]() |
June Allyson in Piccole donne (1949) |
Il film di Piccole donne del 1949 è, per essere gentili, una brutta copia di quello del 1933. La sceneggiatura è firmata dagli stessi autori di quella del film precedente e presenta davvero pochi cambiamenti. Siccome anche molte inquadrature sono identiche, sarebbe da definire come un vero e proprio remake. La differenza maggiore sta nel colore: la MGM, che produsse questo adattamento, era la casa del technicolor e dei colori sgargianti, i quali cancellano dal film ogni riferimento a un clima di povertà. Nel '49 difatti la seconda guerra mondiale era finita da relativamente poco e gli spettatori americani ora volevano vedere sul grande schermo storie più allegre, al passo coi tempi.
June Allyson ottenne la parte di Jo in sostituzione a Jennifer Jones. La Jo della Allyson purtroppo non regge il confronto con quella della Hepburn. Certo, è interessante il primo incontro tra la ragazza e Laurie, quando questa esprime il suo desiderio di combattere col padre in guerra, ma nonostante anche questa Jo sia un po' un "maschiaccio", la Allyson sembra sempre fuori luogo. Spesso anziché empatizzare con la ragazza si finisce per giudicarla come troppo rozza o crudele, caratteristiche che non fanno parte di Jo.
Restano apprezzabili le scene aggiunte rispetto al film del '33, in cui la giovane parla di quanto ami scrivere mentre Laurie non la capisce, e alcuni discorsi tra Jo e la madre, nei quali vengono a galla la sua paura dei cambiamenti e la sua solitudine.
Nel complesso però questa interpretazione non riesce a cogliere l'essenza di Jo.
3. WINONA RYDER (1994)
![]() |
Winona Ryder in Piccole donne (1994) |
Questa Jo è meno scalmanata e confusionaria: siamo negli anni '90, vi sono già stati molti movimenti femministi e adesso non serve più una rappresentazione di una donna di quel tipo bensì quella di una donna indipendente che costruisce la propria carriera da sola, senza essere eccessivamente scontrosa. La Jo della Ryder è una ragazza allegra, creativa, che vediamo per molto tempo scrivere e recitare. La giovane si mostra mossa in ogni sua azione da sani principi di femminismo (portati in scena anche dalla madre, interpretata da Susan Sarandon).
Certo non è priva di difetti: spesso è distratta e quando deve combattere per le sue idee si infervora facilmente. L'unico vero e proprio moto di rabbia che ha, avviene quando Amy le brucia il suo manoscritto, il suo lavoro a cui aveva dedicato tempo e fatica e che quindi è parte di sé.
Il suo rapporto con Laurie poi è adorabile: i due insieme diventano bambini. Jo invidia inoltre il fatto che il ragazzo possa andare a studiare ad Harvard, aspetto che negli altri film non emergeva.
Le insicurezze della ragazza di nuovo compaiono nei dettagli. Quando Laurie sta per andare ad Harvard, notandola turbata, il ragazzo le dice che nulla cambierà. Qualche scena dopo, finita la dichiarazione di Laurie (momento caratterizzato da un ritmo più movimentato rispetto ai film precedenti), Jo si confida con la madre. La ragazza questa volta ammette di sentirsi brutta, strana e non crede che riuscirà a trovare un suo posto nel mondo. La madre però le chiede come possa aspettarsi che una ragazza con capacità così straordinarie possa vivere una vita ordinaria.
Dopo la morte di Beth, anche se Jo non dirà mai di sentirsi sola, lo spettatore percepisce la sua disperazione da una scena della giovane in soffitta, in lacrime circondata dai ricordi. E alla fine la ragazza chiederà ad Amy e Laurie di non andare a vivere troppo lontano, perché ha già perso una sorella e non potrebbe stare lontana da un'altra. Questa Jo vorrebbe che tutto tornasse come prima ma siccome sa che ciò è impossibile, cerca di ritrovare la felicità in questa nuova realtà.
La relazione tra Bhaer e Jo in questo film è molto approfondita: l'uomo la rispetta, apprezza il suo lavoro e la spinge a migliorare senza che la ragazza cambi la sua personalità, in un rapporto simbolo del nuovo mondo moderno degli anni '90.
4. SAOIRSE RONAN (2019)
![]() |
Saoirse Ronan in Piccole donne (2019) |
Ammettiamolo: quando nel 2019 ricevemmo la notizia dell'uscita di questo film, pensammo tutti "oh no, un altra versione di Piccole donne? Quello del '94 era perfetto, che avranno da raccontare ancora?".
Sebbene non sia la versione della storia che preferisco, ho rivalutato questa pellicola. Piccole donne del 2019 è il perfetto figlio del nostro tempo. Il film non mostra gli eventi in ordine cronologico, scelta che mette in evidenza ogni cambiamento dei personaggi.
Jo è qui davvero un alter ego di Louisa May Alcott: anche in questo film la ragazza non sopporta di essere una donna, perché le donne non vengono mai prese seriamente e devono lavorare il doppio per raggiungere lo stesso posto di un uomo. Jo con i suoi racconti mantiene la famiglia (così come la Alcott): sullo schermo la vediamo sempre intenta a scrivere (è ambidestra come l'autrice del libro) o a girare negli uffici degli editori. Il suo lavoro per lei è tutto e anche qui, quando Amy brucia il suo manoscritto, la ragazza viene presa da una rabbia feroce. Qualche scena dopo Jo, parlando con la madre, si domanda come mai ogni volta che prova un'emozione la percepisca così intensamente: la donna le risponde di essere così anche lei ma di aver imparato la pazienza col tempo. Il film dunque esplicita una somiglianza tra Jo e la madre.
Questa versione della protagonista sembra inscalfibile: Jo cede solo quando cambia qualcosa. La ragazza piange per i suoi capelli tagliati, dice a Beth che nulla cambierà e che lei riuscirà a salvarla, soffre quando capisce che l'infanzia è finita poiché Meg le rivela di volersi sposare.
Ma la parte migliore della pellicola è proprio quella riguardante la solitudine di Jo.
La giovane ha perso una sorella, un'altra si è sposata, un'altra è partita per l'Europa; ha perso i contatti col suo migliore amico dopo averlo rifiutato e l'amicizia col professor Bhaer è finita dopo che lei gli ha urlato addosso quando lui ha criticato i suoi scritti. In quella soffitta in penombra Jo realizza di essere sola. La ragazza non è più così convinta della sua indipendenza perché ora sente il bisogno di ricevere amore: se Laurie le richiedesse di sposarlo adesso lei accetterebbe, non perché i suoi sentimenti siano mutati, ma perché lei è cambiata e ha rivalutato anche l'idea di sposarsi. Jo gli scrive dunque una lettera che ripone nel loro nascondiglio, se non fosse che ora il ragazzo torna a casa sposato con Amy. In questa versione la felicità di Jo per i due non sembra sincera, ma pare nascondere una profonda tristezza.
La Jo della Ronan a fine film, proprio come la Alcott, non si sposa: la sua scelta non è né migliore né peggiore di quella delle sue sorelle.
Ogni attrice ha dato una diversa piega a Jo, a cominciare dal fatto che tutte hanno prestato i loro volti differenti allo stesso personaggio.
In conclusione, credo sia importante proporre alle bambine di oggi nuove figure come Jo March, che possano ispirarle a coltivare una loro aspirazione ma che insegnino ad abbracciare le proprie fragilità senza sentirsi in difetto.
Commenti
Posta un commento