Di Alessandra Vita
Quando qualche anno fa andai in Inghilterra per una breve vacanza studio, un professore, non appena seppe da dove provenivo, disse: "Italia! Volareee oh oh, cantareee oh oh oh oh". Fu in quel momento che mi resi conto davvero dell'impatto culturale che Nel blu dipinto di blu aveva avuto nel mondo. Con le sue braccia spalancate e il suo modo di cantare segnato da una grande impronta attoriale, Domenico Modugno rivoluzionò la canzone italiana. Con lui, che possiamo definire un cantautore ante litteram, si iniziò a distinguere tra una musica giovane e una adulta.
Ma quella di Volare non fu l'unica rivoluzione nella quale Modugno fu parte attiva. Difatti, nel 1961, egli recitò nello spettacolo Rinaldo in campo, scritto e diretto da Garinei e Giovannini. Rinaldo in campo segnò un punto di estrema importanza per la storia del teatro: definì infatti il passaggio dalla rivista alla commedia musicale.
Siccome quest'anno ricorrono i 60 anni dalla sua prima, non c'è occasione migliore per riportare alla ribalta questo spettacolo.
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Delia Scala e Domenico Modugno in una scena di Rinaldo in campo |
Rinaldo in campo è uno spettacolo nato dalla penna di Pietro Garinei e Sandro Giovannini ai quali nel 1961 fu affidato il compito di scrivere una commedia musicale per celebrare il centenario dell'Unità d'Italia. I due pensarono di dare la parte principale a un cantante molto in voga in quel periodo, che aveva studiato recitazione presso il Centro Sperimentale di Cinematografia e che aveva fatto credere a tutti di essere siciliano: Domenico Modugno.
Di Modugno fu anche il compito di comporre le musiche e creare degli arrangiamenti orchestrali.
La storia di Rinaldo in campo ha luogo in Sicilia, dal 14 maggio al 9 agosto del 1860, ossia durante il primo periodo della Spedizione dei Mille. Lo spettacolo difatti riesce a mettere in scena in modo magistrale quelli che erano i sentimenti del popolo dell'epoca. Ma andiamo con ordine.
Il protagonista del racconto è Rinaldo Dragonera (interpretato nella prima edizione da Domenico Modugno). Rinaldo è il capo di un gruppo di briganti un po' alla Robin Hood: essi infatti, con vari ironici stratagemmi, rubano ai ricchi per dare la maggior parte del bottino ai poveri. Tra i briganti quelli che avranno più spazio nella vicenda sono il romano Chiericuzzu (Paolo Panelli), un ex seminarista col vizio di rubare tutto ciò che può e i due compari un po' più tonti: Prorunasu e Facciesantu (interpretati prima rispettivamente da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, poi sostituiti da Beniamino Maggio e Alberto Sorrentino).
Il 14 maggio 1860, Rinaldo decide di provare a fare un colpo nella casa dei baroni di Valscutari: si traveste dunque da garibaldino e finge di essere stato mandato lì proprio per conto di Garibaldi, che ha bisogno di denaro. Ad accoglierlo è una delle figlie dei baroni: Angelica (Delia Scala). La ragazza ha sempre avuto una forte fascinazione nei confronti dei garibaldini così, non appena vede Rinaldo in camicia rossa, credendo che lui sia un uomo valoroso che combatte per la sua stessa causa, se ne innamora all'istante e gli da tutto il denaro che ha in casa.
Angelica quindi decide di scappare per raggiungere Rinaldo ma non appena lo trova capisce di essere stata ingannata: il suo garibaldino in realtà è un brigante. Ed è qui che entra in gioco il motore di tutta la vicenda. La giovane non può accettare che l'uomo di cui si è innamorata a prima vista sia un fuorilegge e così si pone un obiettivo: Rinaldo è entrato nella sua vita come garibaldino e ora garibaldino deve diventare.
La grandezza di Rinaldo in campo sta nel fatto che ogni personaggio sia ben approfondito nei suoi aspetti più intimi. Ciò rende lo spettacolo ancora oggi molto coinvolgente e un interessante oggetto di discussione. Certo bisogna tener presente che la storia è ambientata nella Sicilia dell'800 (se già in un film del 1958 come I soliti ignoti il personaggio siciliano teneva reclusa in casa la sorella, figuriamoci come doveva essere quindi la situazione un secolo prima).
Il personaggio di Angelica tuttavia è molto avanti per l'epoca: oserei dire che si tratta di una figura molto femminista.
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Delia Scala nei panni di Angelica |
Angelica infatti è sempre stata un po' la pecora nera della famiglia. Mentre sua zia parteggiava per i Borboni, lei coltivava il sogno di Garibaldi e dell'Italia. E anche quando poi si innamora di Rinaldo la ragazza mostra un coraggio e una caparbietà non da tutti. Da quando infatti Angelica decide che il brigante si deve unire alla lotta di Garibaldi, la giovane non si ferma al primo no: lei capisce che il ragazzo non è un brigante sanguinario e che potrebbe dedicarsi a imprese più nobili. La baronessina quindi prima dimostra al gruppo di essere coraggiosa, sfida a duello Rinaldo e quando egli le spara sulla treccia tagliandole i lunghi capelli, la ragazza non si perde d'animo ma inizia a indossare abiti maschili e a farsi considerare loro pari. In qualche modo Angelica si spoglia degli abiti da baronessina e si avvicina al popolo.
Grazie alla sua parlantina e capacità di agitare le masse, a poco a poco Angelica riesce a convertire alla causa garibaldina la maggior parte dei briganti di Dragonera. Molto interessante dal punto di vista della messa in scena è il Duetto sì e no. Durante questa canzone Rinaldo (che è pur sempre un uomo dell'800) esasperato da Angelica che, sempre sul piede di guerra, continua ad assillarlo con questa idea di diventare Garibaldino, le dice bellamente di stare zitta. Ma la ragazza a quel "stai zitta sì o no?" del brigante, risponde con un sonoro "E no, e no e no!", tenendo testa all'uomo.
Angelica poi, dopo essersi messa a fare la rivoltosa in piazza scatenando il popolo, finisce in prigione ma riesce a evadere da sola. Anche Rinaldo va per aiutarla ma scopre che la donna è già riuscita a scappare da sé. E quando i due si rivedono il brigante mostra di aver capito ormai com'è fatta Angelica: Rinaldo infatti pian piano ha iniziato a ricambiare il sentimento della giovane. La grinta, l'indipendenza e la forza di Angelica di lottare per i suoi ideali lo hanno conquistato. Solo allora la donna inizia a mostrare dolcezza nei confronti del brigante. Eppure quando scopre che Rinaldo non è ancora a favore dei garibaldini, Angelica decide di andarsene per unirsi lei stessa al gruppo, portando con se Chiericuzzu, il brigante a Rinaldo più caro.
A questo punto trovo che sia necessario analizzare anche Rinaldo.
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Domenico Modugno nei panni di Rinaldo Dragonera |
Rinaldo è il personaggio che per eccellenza rispecchia di più i dubbi e le paure dei siciliani dell'epoca. Sin da un primo dialogo con Chiericuzzu, il brigante dal cuore d'oro dice che la sua fidanzata è la Sicilia. Poco dopo, parlando con Angelica, Rinaldo fa capire quali sono le sue perplessità: tutti gli uomini venuti dal mare infatti erano sempre arrivati in Sicilia per conquistare o derubare. E quando Angelica lo definisce un "brigante senza patria", l'uomo, offeso, risponde che la Sicilia è la sua patria e lui sì, vuole vederla libera, ma non in mano a un altro re straniero. Le paure di Rinaldo difatti sono le stesse che avevano i siciliani nel 1860: che differenza c'è tra Borboni e Savoia? E in effetti non tutti questi timori erano infondati o non avremmo avuto la questione meridionale.
Rinaldo ama la sua terra e la sua vita, nonostante sia semplice. Nella canzone Notte Chiara (che Modugno ha recuperato dal suo primo repertorio riadattando Datimi un paio d'ali), il brigante fa proprio una preghiera per ringraziare il Signore di avergli concesso di vivere così.
Le canzoni approfondiscono davvero bene la psiche di Rinaldo. La sua natura buona e romantica infatti viene rivelata durante il brano Orizzonti di gioia, in cui l'uomo canta a un amore che ancora non conosce ma che sa che è destinato ad arrivargli, e che troverà proprio nella figura di Angelica.
Il sentimento del brigante nei confronti della giovane è interessante perché si sviluppa col tempo. Questo perché Rinaldo simboleggia proprio la Sicilia mentre Angelica è l'Italia (il fatto che la giovane sia l'unica a non parlare in dialetto non è un caso). Così come la Sicilia si unisce all'Italia è inevitabile che alla fine il brigante si innamori della garibaldina.
Una delle parti più interessanti dello spettacolo è un discorso che Rinaldo fa durante il secondo atto. Angelica e Chiericuzzu si sono uniti ai garibaldini, lasciando il brigante Dragonera solo più con due uomini: Prorunasu e Facciesantu. Rinaldo quindi ha un attimo di cedimento e ammette che, a causa di Angelica, anche lui spesso si accorge di avere per la testa la parola Italia e che quando la pronuncia sente un fremito che gli pare una bestemmia, perché quel fremito prima lo sentiva solo per la Sicilia.
Dopo questo momento i tre cantano Tre somari e tre briganti, brano che è entrato nell'immaginario comune ed è forse uno dei più famosi dello spettacolo. La canzone sembra una ballata popolare, il cui ritmo simula il passo degli animali da soma. Brillante è poi il meccanismo che porta all'inversione tra somari e briganti, enfatizzata dal modo di cantare di Modugno, il quale nel ritornello quasi raglia un "ahi ahi ahi": in merito a ciò il musicologo Paolo Jachia dirà che qui Modugno voleva «dimostrare che canto vuol dire uso della voce, uso espressivo e creativo della voce, della sua inflessione, persino dei suoi difetti, dunque della sua intrinseca natura musicale».
Molto toccante è il momento in cui Rinaldo decide di unirsi ai garibaldini. Infatti il brigante, in una sorta di chiusura ad anello, riprova a fare il trucco di inizio spettacolo: si veste da garibaldino per derubare una villa. Non sa però che quell'abitazione è proprio occupata dal gruppo di Angelica e Chiericuzzu. Rinaldo si unisce a loro solo spinto da un evento tragico.
Bisogna però prima fare una premessa. Dragonera e Chiericuzzu erano soliti fare una messinscena per mostrare ai nemici quanto Rinaldo fosse feroce: l'uomo infatti faceva finta di uccidere il brigante romano, e gli altri compari commentavano ogni volta le interpretazioni di Chiericuzzu.
Nella villa però succede che Chiericuzzu, in uno dei momenti più amari della commedia, viene ucciso dai Borboni. Col sorriso sulle labbra il giovane romano dice agli amici che spera che a loro piaccia come muore, perché meglio di così non può fare. A quel punto Rinaldo, in una foga degna dei migliori eroi epici (d'altronde i nomi di Angelica e Rinaldo sono ripresi dalla tradizione dei Pupi siciliani), capisce da che parte deve stare. La morte di un romano che considerava come un fratello gli fa capire davvero il senso della parola Italia.
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In scena: Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Delia Scala, Paolo Panelli e Domenico Modugno |
Lo spettacolo venne messo in scena per la prima volta presso il Teatro Alfieri di Torino (prima capitale d'Italia) a settembre del 1961. In un articolo de La Stampa del 14 settembre 1961 per la rubrica Sulle scene e sugli schermi è presente una recensione della prima. Questa recensione ha secondo me un valore inestimabile in quanto mostra lo stupore per il passaggio da rivista a commedia musicale. Ne riporto pertanto alcuni frammenti: «La nuova commedia musicale di Garinei e Giovannini segna un gran passo avanti verso più moderne forme di spettacolo - Quasi un musical all'italiana in una Sicilia di cent'anni fa. Al termine dei due tempi di Rinaldo in campo, la commedia musicale di Garinei e Giovannini rappresentata per la prima volta ieri sera all'Alfieri, Modugno, Delia Scala e tutti i loro bravi compagni hanno dovuto affacciarsi ripetutamente alla ribalta per rispondere alle acclamazioni del pubblico (è stato davvero uno dei successi più clamorosi di questi anni), ma non si sono avute le tradizionali passerelle. Questa mancanza, ancorché non costituisse una novità assoluta, ha tuttavia confermato, in modo abbastanza significativo, il fermo intento degli autori di staccarsi dalle vecchie e ormai logore formule della rivista. In verità, Rinaldo in campo rappresenta un notevole passo avanti verso un nuovo tipo di spettacolo del quale si erano già avuti da noi alcuni esempi (e ad opera anche degli stessi Garinei e Giovannini), ma non ancora cosi coraggiosamente orientati nella direzione di una commedia musicale che, pur con certe volute rassomiglianze con il musical americano, abbia una sua impronta italiana».
E poi riferendosi alla morte di Chiericuzzu si scrive: «Qui ricorre l'episodio più patetico, quasi drammatico, della commedia: muore, e scuote Rinaldo alla riscossa, l'ex-seminarista romano Chiericuzzu, fattosi anche egli, da brigante, garibaldino. La scena stride forse un poco con il resto; ma è segno soltanto che la metamorfosi della rivista in commedia musicale non è ancora del tutto compiuta. Perché ai duelli, alle risse, e magari ai morti sul palcoscenico (si veda Oklahoma e West Side Story), si dovrà pura arrivare, come non si dovrà avere paura di grandi scene d'amore come quelle che, più timidamente, già imbastiscono la Scala e Modugno.»
Ad oggi possiamo dire che lo scenario di un vero e proprio musical all'italiana è ancora un pallido sogno. Certo, ci sono state opere musicali e opere rock, ma la strada che volevano percorrere Garinei e Giovannini ha bisogno di essere ancora battuta. Resta necessario comunque preservare il ricordo di Rinaldo in campo, una pietra miliare del teatro italiano, con la speranza di poter assistere presto a opere di pari valore. E ovviamente vi consiglio di recuperarvi questo spettacolo, possibilmente nella sua prima edizione perché, benché anche quella del 1987 con Massimo Ranieri sia ben fatta, spesso si tende a cadere nelle imitazioni della recitazione di Modugno.
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