Di Eleonora Groppelli e Silvia Strambi
Dal sito labiennale.org/it |
Si è concluso da poco uno dei festival cinematografici più importanti, ovvero la Mostra del Cinema di Venezia.
Tra numeri record, star di serie A, anteprime di primo livello, sicurezza più che mai serrata e scivoloni non molto eleganti (ha fatto discutere molto negli ultimi giorni la partecipazione dell'attore ucraino Serhii Filimonov, conosciuto in patria come ex capo di una violenta oganizzazione neonazista) il Festival si è chiuso con la soddisfazione degli organizzatori ma lasciando l'amaro in bocca a diversi spettatori. Mai come quest'anno, infatti, la partecipazione alle proiezioni è stata complessa, complici i posti in sala dimezzati e l'utilizzo della piattaforma Boxol. Il sovraffollamento, soprattutto nei primi giorni, non ha certo giovato all'intera organizzazione, che ha cercato di evitare in maniera goffa gli assembramenti. Risultato? Un evento particolarmente esclusivo, con pochi punti di ristoro (con un'offerta tra l'altro molto limitata), pochi impiegati e tanto malcontento.
Ma sull'organizzazione di questa Mostra si potrebbe scrivere un articolo intero. In questo ci limiteremo a parlare di film.
Probabilmente uno degli aspetti più positivi quest'anno, la Mostra ha selezionato diverse opere interessanti e di qualità alta. In questo articolo sorvoleremo su quelle che hanno provocato più scalpore, dal nuovo film di Jane Campion The power of the dog al commovente È stata la mano di Dio, passando per Il buco, acclamato dalla critica, il film di apertura, Madres paralelas, e infine il controverso vincitore del Leone d'Oro, L'evenement. Senza citare poi le grandi anteprime tenutesi, come quella del blockbuster Dune o del nuovo film horror di Edgar Wright, Ultima notte a Soho. Qui ci concentreremo su sei film minori, in concorso o meno, visti durante la Mostra e che consigliamo di recuperare.
ARIAFERMA, regia di Leonardo di Costanzo
Di Eleonora Groppelli
Dal sito labiennale.org/it |
Ariaferma è un film di genere drammatico che arriverà nelle sale il 14 ottobre. Si tratta di un racconto di vita quotidiana, ambientato in un vecchio carcere in dismissione. Qui, a causa di problemi burocratici, un gruppo di detenuti, insieme ad alcuni agenti, rimane bloccato in attesa di essere trasferito altrove.
Ariaferma, racconta il regista, non è un film che vuole descrivere le condizioni delle carceri italiane, bensì la loro assurdità. Si costruisce sulla base di racconti di veri detenuti e agenti di varie carceri italiane. Da queste è nato il luogo immaginario in cui è ambientato, il carcere di Mortana.
Il fulcro della storia è la rottura di quella barriera, posizionata dalla società, tra agente e detenuto. La macchina da presa, infatti, ci mostra il lento svilupparsi, attraverso azioni quotidiane, di relazioni che si spogliano della disuguaglianza che si crea tra carcerato e guardia. Ciò lascia spazio al ritratto di una grande umanità, che spesso tendiamo a dimenticarci di possedere.
Umanità che viene interpretata da due attori che sembrano combattere a colpi di bravura. Toni Servillo e Silvio Orlando recitano nei panni dell’agente Gaetano Gargiulo e del detenuto Don Carmine. Scena dopo scena il freddo e impassibile Gaetano sembra essere smosso dalle parole e dalle azioni di Carmine. In questo modo lascia trapelare la sua parte più umana rimanendo sempre ligio al suo dovere nei momenti che lo richiedono.
À PLEIN TEMPS (Full time), regia di Éric Gravel
Di Silvia Strambi
Dal sito labiennale.org/it |
In concorso nella sezione "Orizzonti", questo film ha vinto sia il Premio Orizzonti per la miglior regia, sia quello per la migliore attrice (Laure Calamy). Si concentra su una madre single, Julie, che deve occuparsi dei figli e allo stesso tempo barcamenarsi col lavoro durante gli scioperi svoltisi a Parigi nel 2020.
Nonostante la breve durata (poco meno di un'ora e mezza) questo risulta certamente uno dei film più interessanti presentati nella sezione. Proprio grazie alla sua breve durata riesce a trasmettere bene la frenesia della vita della protagonista. Il ritmo diventa sempre più frettoloso, le situazioni in cui Julie è coinvolta sempre più estreme, come anche le soluzioni che deve assumere. In un panorama cinematografico di film d'azione e corse all'ultimo minuto, è davvero impressionante quanta ansia possa indurre la vita quotidiana di una madre pendolare.
Ad accompagnare l'ottima regia l'interpretazione forte della Calamy, protagonista assoluta della vicenda e dell'inquadratura. Con la sua pragmaticità disperata, che si trasforma poi in una frustrazione contenuta ma percepibile, Julie è un personaggio tenace e pieno di risorse ma al contempo fragile che vede il proprio mondo farsi sempre più ostile. Tutto per circostanze che sono al di là del suo intervento.
In un anno in cui hanno abbondato le storie di maternità (negata, non voluta, sofferta...), penso sia ugualmente importante ricordare queste vite (stra)ordinarie.
AMERICA LATINA, regia dei Fratelli D'Innocenzo
Di Eleonora Groppelli
America Latina è un thriller cupo che mette al centro la figura di Massimo Sisti (Elio Germano), titolare di uno studio dentistico di Latina. È un uomo pacato, corretto, rispettoso, che mette al primo posto la famiglia (moglie e due figlie) e che aiuta gli amici in difficoltà. Insomma, un intoccabile. Un giorno, però, nel mezzo della tranquillità quotidiana, scende in cantina e la sua vita si trasforma in un incubo.
Damiano e Fabio D’Innocenzo con America Latina cercano di interrogare sé stessi e spingono il pubblico a fare lo stesso. Offrono agli spettatori la possibilità di porsi delle domande, di scavare nella propria mente e trovare una risposta che non è univoca ma cambia da persona a persona.
Una fotografia dai colori sgargianti, che simboleggia la follia in cui è calato Massimo (dal verde intenso al rosso fuoco), si alterna a quelli più pallidi della sua vita ordinaria. Protagonista dell’inquadratura è sempre il volto di Elio Germano che nel corso dei novanta minuti di durata del film si distorce. La sua espressione dolce si trasforma in quella di un demone disperato, accompagnata dal rumore del suo respiro che si fa sempre più pesante e trascina il pubblico nel buco nero. Descrive la luce e la dolcezza di un uomo e della sua famiglia, stravolta da un evento del quale non si conosce né l’origine né la veridicità, e lo fa, come hanno affermato i registi, dal punto di vista dell’oscurità.
America Latina mette in discussione l’identità del protagonista e di chiunque lo osservi. Farà il suo debutto nelle sale il 25 novembre 2021.
COMPETENCIA OFICIAL, regia di Gastón Duprat e Mariano Cohn
Di Silvia Strambi
Competencia oficial racconta di un miliardario che decide che la migliore maniera per essere ricordato dai posteri è... produrre un film. Ma non un film qualsiasi: un film straordinario. Acquista dunque i diritti del miglior romanzo in circolazione, chiama la regista più amata dalla critica, Lola Cuevas (Penelope Cruz), e unisce due attori ugualmente famosi ma provenienti da mondi totalmente diversi. Félix Rivero (Antonio Banderas) è infatti una pomposa e viziata star cinematografica, Iván Torres (Oscar Martínez) un acculturato attore di teatro. Inizia così un periodo di prove ricco di tensioni, tra l'ego smisurato di entrambi gli interpreti e le stranezze di Lola che fa uso di particolari metodi per ottenere ciò che desidera.
Il film è un'ottima commedia metacinematografica che getta luce su una parte del processo creativo raramente (se non mai) affrontata. E la luce gettata sui personaggi non è certo positiva. "Impara l'arte e mettila da parte", sembra essere il messaggio. Un film non è più un atto creativo, in questo universo, ma l'ennesimo capriccio di un miliardario; un attore non è più un artista impegnato ma una marionetta a cui basta del mentolo per piangere. I pochi, veri artisti che lavorano per amore dell'arte sono ugualmente arroganti e insopportabili, e non possono che cedere sotto la pressione del mondo commerciale che li circonda.
Con tre attori dall'ottima chimica e una sceneggiatura divertente e riflessiva sul proprio mezzo, Competencia oficial è un tributo all'arte del cinema e allo stesso tempo una sua decostruzione. Una lettera d'amore (e d'odio) assolutamente deliziosa.
ILLUSIONS PERDUES (Illusioni perdute), regia di Xavier Giannoli
Di Eleonora Groppelli
Il film è ispirato all’omonimo romanzo di Honoré de Balzac. Il protagonista è Lucien Chardon\de Rubempré (Benjamin Voisin), un giovane poeta sconosciuto che lavora nella tipografia di famiglia nella campagna francese del XIX secolo. Per seguire le proprie ambizioni si trasferisce a Parigi, dove si imbatte in una realtà spietata governata dalla legge del profitto e dalla supremazia del mercato. Il giovane dovrà imparare a sopravvivere in un mondo in cui tutto si compra e si vende, dalle poesie ai sentimenti, dalle cose alle persone.
Giannoli afferma di essersi preso delle libertà, rispetto al romanzo, che gli hanno permesso di esprimere meglio lo spirito, l’essenza di questa vicenda. Racconta della velocità con cui le cose cambiavano nella Parigi dell’epoca. Una velocità che ha trasformato le ambizioni di Lucien nelle cosiddette "illusioni perdute" del titolo.
Descrivendo il mondo della stampa francese del 1820, Giannoli induce il pubblico a interrogarsi sul presente. Porta a domandarsi quanto e se, in realtà, le cose siano cambiate. C’è la rappresentazione del giornalismo come merce di scambio, come un’arma, un coltello che Lucien un momento tiene dalla parte del manico, un altro vede puntarsi contro.
Illusioni perdute rappresenta la netta differenza tra la provincia francese e l’allettante e crudele mondo della città. Una spietatezza che strappa tutta l’innocenza del giovane poeta trasformandolo in succube.
Il cast presenta anche attori quali Xavier Dolan, Gérard Depardieu, Cécile de France, e Vincent Lacoste.
ENNIO, regia di Giuseppe Tornatore
Di Silvia Strambi
Ennio è un documentario dedicato a quello che oggi è considerato uno dei più importanti compositori del 21esimo secolo, Ennio Morricone. Tornatore, che ha lavorato con lui per trent'anni, l'ha intervistato a lungo sulla sua carriera. Tra aneddoti di vita e curiosità su alcune delle sue intuizioni musicali, quella che si ottiene è un'opera monumentale di quasi 3 ore che raccoglie alcuni dei brani più importanti in una carriera che conta più di 500 film.
Il regista ha evidentemente lavorato anni per raccogliere testimonianze. All'interno del documentario ci sono interventi di film maker che hanno collaborato con Morricone, come Bertolucci, i fratelli Taviani, Tarantino, lo stesso Tornatore. Ma intervengono anche attori come Clint Eastwood e musicisti che si sono ispirati alle sue composizioni, come Bruce Springsteen e Hans Zimmer.
Nonostante la durata e la ripetitività delle situazioni presentate, Ennio scorre e non stanca, trovando sempre elementi (un ospite particolare, un aneddoto divertente, una chicca musicale...) che catturino l'attenzione dello spettatore.
Nato probabilmente come omaggio alla sua arte, Ennio si è trasformato in un tributo post mortem dopo l'inaspettato decesso del compositore, avvenuta lo scorso luglio. La forza evocativa delle colonne sonore, accompagnate alle ugualmente evocative immagini, assumono dunque un ulteriore significato. Nonostante la sensazione di tristezza che nasce nel sapere che questo genio musicale ci ha lasciati, sembra anche la cosa più giusta che questo film esca proprio adesso per rendergli onore.
Commenti
Posta un commento