Come sta cambiando il cinema? Un incontro al Salone del Libro di Torino

Di Alessandra Vita

Dopo un periodo di pausa forzata per i motivi che ormai tutti conosciamo, finalmente è tornato a Torino il Salone del Libro, un'istituzione per tutti coloro che vivono sotto la Mole e non solo. Tra eventi, ospiti famosi quali Francesco Guccini e Carlo Verdone, e stand pieni di libri, si è tornati a respirare quel profumo di cultura che sa di pagine nuove e vecchie canzoni.

Uno dei momenti che però ha attirato di più la mia attenzione di studentessa di cinema è stata una presentazione di un libro-eserciziario su come scrivere una sceneggiatura, scritto da Marcello Olivieri e Nicola Ravera Rafele e pubblicato dalla Fandango, casa editrice ma anche casa di produzione cinematografica e casa discografica.

L'incontro vedeva protagonisti, oltre agli autori del libro, anche due sceneggiatori, Laura Paolucci e Stefano Sardo, ed era condotto da Giaime Alonge, professore di Storia del Cinema dell'Università di Torino e a sua volta sceneggiatore. Era inevitabile che la presentazione di questo libro dunque diventasse un dibattito sulla figura dello sceneggiatore e su ciò che diventerà il cinema in un prossimo futuro, così come era inevitabile che io sviluppassi poi una mia tesi in merito.

Si è innanzitutto discusso sulla professione dello sceneggiatore. Chi conosce un po' la storia del cinema sa che da sempre gli autori delle sceneggiature sono stati un po' bistrattati nell'ambiente: spesso erano gli stessi romanzieri a vergognarsi del fatto di lavorare a Hollywood. Pensateci: voi conoscete tutti i nomi di chi ha scritto i film dei registi che amate di più?

Attenzione, ho detto "i film dei registi". Questo perché il concetto di autore cinematografico per noi coincide con la figura del regista, forse poiché siamo nati sotto lo spettro della Politique des Auteurs. Il film è però un lavoro collettivo. Il regista è diventato per il pubblico "l'autore del film" ma considerando che ci sono molte opere importanti della storia del cinema i cui registi sono anonimi o non sono particolarmente significativi è un'affermazione impegnativa. Nella Hollywood classica i registi erano dei mestieranti ed erano facilmente sostituibili.

Il lavoro dello sceneggiatore d'altro canto era un lavoro collettivo, nonostante nei film spesso venga accreditata solo una persona. Gli sceneggiatori furono i primi ad aspirare al ruolo di autori, forse anche perché chi scrive potenzialmente può anche lavorare da solo, il che potrebbe far pensare che sia da attribuirgli una certa forma di autorialità. Tra tutti i collaboratori del regista gli sceneggiatori infatti sono gli unici che possono lavorare senza regista e anche prima di lui.

C'è da dire che spesso però gli sceneggiatori stessi come categoria tendono alla lamentela poiché non si vedono sufficientemente considerati. A volte mettono in parallelo il copione teatrale e la sceneggiatura, dicendo come argomentazione che non è che ci si dimentica che Romeo e Giulietta sia stato scritto da Shakespeare se l'allestimento è di un Ronconi. Questo ragionamento è però fallace: il testo teatrale è dotato di una ripetitività che la sceneggiatura non ha, poiché è pensata per essere messa in scena una volta sola. Inoltre il testo teatrale ha anche una fruizione letteraria, mentre una sceneggiatura non sempre viene pubblicata, essendo un testo mobile, soggetto a varie riscritture e soprattutto essendo la base per un materiale audiovisivo disponibile.

Durante l'incontro dunque si è giunti alla conclusione che una sceneggiatura senza un film è un materiale di per sé inutile. Mi piace pensare alla sceneggiatura un po' come se fosse uno scheletro umano: un corpo senza scheletro non si regge in piedi, ma questo se preso da solo è semplicemente un mucchio di ossa privo di mobilità.

Nella presentazione è emerso però il fatto che attualmente vi sia una vera e propria riscoperta del ruolo dello sceneggiatore. Molti desiderano iniziare a intraprendere questa carriera professionale: ciò accade perché grazie alle serie tv la sceneggiatura sta iniziando ad avere un peso che un tempo non aveva. Il nome dello scrittore della serie viene posto subito all'inizio dei titoli di testa, legandolo fortemente al concetto di autore dell'opera.

Un altro punto toccato durante questa chiacchierata è stato uno dei quesiti che più volte ci si pone: è possibile insegnare a qualcuno come scrivere una sceneggiatura? La risposta a cui si giunti è sì, è possibile, ma non bisogna adagiarsi troppo in quelle "regole", per non rischiare di cadere in compartimenti stagni ricchi di stereotipi e creare solo più prodotti tutti uguali. Dunque è importante conoscere questa particolare tecnica scrittoria ma, come diceva qualcuno, "le regole sono fatte per essere infrante".

Si è infine dibattuto sulla questione della nuova era che il cinema ha davanti a sé. Alcuni degli sceneggiatori presenti hanno fatto notare che il cinema essendosi spostato sulle piattaforme di streaming adesso sta cambiando un po' il suo codice: i film sono in generale più lunghi. Ciò ha fatto sperare alla sceneggiatrice Laura Paolucci in un cambiamento anche del mestiere dello sceneggiatore, che potrà fare un lavoro più simile al romanziere.

A me sinceramente tutto ciò spaventa: soprattutto in Italia ho notato che molti hanno la tendenza di fare lungometraggi infiniti, con un sacco di riempitivi e discorsi inutili per fare minutaggio. Capisco che si sia detto anche che i dialoghi sono la parte meno importante in una sceneggiatura, ma posso assicurare di aver sentito pronunciare in certi film recenti frasi che sembravano uscite dalla peggiore delle soap. Evidentemente si ha la credenza che più un film duri più il lavoro valga ma in realtà questo non è del tutto vero. Soprattutto nell'ultimo periodo ho avuto modo di fare qualche sondaggio e mi sono resa conto che la gente preferisce film brevi a opere da 3 ore l'una. Poi magari queste stesse persone fanno binge watching di serie tv, ma ciò si spiega facilmente: le serie danno l'illusione di durare meno. Siccome il mondo da anni ormai punta alla velocità, uno spettatore medio si terrorizza di fronte a tali minutaggi.

Il lavoro dello sceneggiatore inoltre non deve per sua stessa natura e per ciò che ontologicamente è il cinema diventare troppo simile a quello dei romanzieri. Il cinema funziona in quanto arte plastica in movimento diversa da tutte le altre arti. I colossal bisogna saperli scrivere e, purtroppo, credo che attualmente il cinema in Italia non ne sia più in grado. Sarebbe forse meglio concentrarsi sulla qualità piuttosto che sulla quantità.

Ciò che accadrà lo scopriremo solo vivendo.

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