"Il settimo giorno Dio era annoiato. Così creò i Meme". Le origini, la storia, l'evoluzione.

Di Laura Astarita

"Non è facile, spiegare ai boomer cos'è un Meme". Se anche voi lo avete letto con la voce di Boromir de Il Signore degli Anelli, beh, congratulazioni! Avete appena provato l'esistenza dei Meme!
Cos'è un Meme? Tutti sanno cos'è un Meme, ma al tempo stesso non lo sa nessuno. Io ad esempio sono dovuta andare su Wikipedia per trovare la definizione sociologica di questo fenomeno così diffuso, ma al tempo stesso così misterioso:

«Un meme di Internet è un'idea, stile o azione che si propaga attraverso Internet, spesso per imitazione, diventando improvvisamente famosa». La parola "Meme" ricorda infatti il francese même, cioè "stesso/lo stesso". Questo dà certamente l'idea, appunto, del Meme come un'arte imitativa, al pari della pittura accademica e della recitazione. Tuttavia, un Meme non può ancora essere catalogato come "opera d'ingegno", e quindi come arte. La domanda a cui tenteremo di rispondere oggi è: dovrebbe?

Per capire bene di cosa stiamo parlando, potrebbe essere utile fare un ex-cursus nella Storia del Meme e, comprendendo il fenomeno dalle sue origini, studiare il modo in cui l'imitazione dei comportamenti umani evolve (o devolve) grazie all'ausilio dei social media.
DERP E DERPINA:  GLI ADAMO ED EVA DEI MEME
Siamo nei primi anni 2000. Molti di noi iniziano ad iscriversi al primo, grande social network del web: Facebook. Oltre a Facebook però venivano usati altri social media: i più nostalgici di voi ricorderanno Netlog e MSN. Da qualche anno a questa parte, infatti, le emozioni, le intenzioni e le sfumature vengono segnalate, nelle nostre email, da una serie di tonde faccine tese ad esprimere un'unica, ben definita, emozione. Non a caso, appunto, queste si chiamano emoticon, emoji.
Una singola emoticon ha infatti il potere di cambiare drasticamente il significato di una frase, al pari di un nuovo segno di punteggiatura. Un "Ti odio😡", infatti, ha un significato diverso di "Ti odio😒". Il testo del messaggio è uguale, ma l'emoji permette un cambio della "tonalità" con cui il messaggio viene letto da chi lo riceve. In questo caso, ad esempio, il primo "Ti odio" è da considerarsi più preoccupante del secondo. 

Torniamo però al nostro Facebook. Nel contesto dettato dal grande Social, nasce Derp. Derp è il Meme per antonomasia. Chiaramente ispirato all'espressività delle emoji, l'essenza di Derp consiste nell'esasperazione di un determinato stato d'animo. Questi infatti ha una faccia tonda e molto espressiva, come una emoji, appunto. La novità di Derp è però la presenza di aspetti "teatrali" che contestualizzano l'emozione di cui il Meme si fa espressione. Prima di tutto: appare la presenza di un corpo. Derp possiede, infatti, un corpo (nella maggior parte dei casi stilizzato), che tuttavia presenta un'espressività essenziale: s'ingobbisce quando è triste o stanco, si rilassa quando intende esprimere una sua sensualità, si irrigidisce quando s'arrabbia. Secondariamente: il contesto. Derp vive spesso una relazione con altri personaggi ed interagisce con essi in un contesto specifico (dichiarato), fa uso di "oggetti di scena" e reagisce. Da qui nasce il corrispettivo femminile di Derp, una sorta di Eva dei Meme: Derpina.

"DERPINA". Conservato presso "Derp & Herp ITA" (via Facebook),
Meme datato attorno all'anno 2014 d.C.

La particolarità che distingue Derp dalle comuni vignette e caricature, infatti, è l'utilizzo di "emozioni" standard, che coincidono con reazioni standard. Con il tempo, Derp ha anche "emotivizzato" l'uso di certe espressioni del web, come "LOL" (Lot of Laughs) e "LMAO" (Laughing my ass off). Ad ogni idioma corrisponde, infatti, una determinata reazione/emozione, come nel caso della vignetta sottostante:

"Situazione da LOL nella vita reale".
Conservato presso "Depr & Herp ITA" (via Facebook),

Meme datato attorno all'anno 2014 d.C.

Conseguenza della "nascita" e la diffusione di queste immagini (la "LOL face", la "Troll Face" e via dicendo) sarà l'assimilazione di queste espressioni anche nella quotidianità degli utenti Facebook. Derp entra così a far parte a tutti gli effetti della cultura pop anni Duemila.  Ecco spiegato perché siamo di fronte al primissimo Meme, ovvero al primissimo atteggiamento imitativo diffusosi grazie all'uso dei social media.

Persone che imitano le facce dei meme "Bitch, please" e "Troll".
Artista anonimo. Datato attorno all'anno 2013 d.C..

I Meme iniziano, abbiamo visto, a diffondersi irl: sono talmente famosi che le persone li imitano e fanno riferimento alle loro espressioni per fronteggiare determinate situazioni sociali. Ancora oggi può capitare di atteggiare le proprie facce in una certa maniera mentre si parla: e si starà facendo riferimento ad un Meme. Nel 2014 forse lo si faceva consapevolmente, ma oggi espressioni come "LOL" fanno parte del nostro linguaggio.

Un Meme, a questo punto della sua storia evolutiva, non può essere ancora considerato "opera d'ingegno", quanto più un elemento facente parte della nostra cultura. Tuttavia, le cose cambiano in fretta, su Internet, e questo potrebbe (passatemi il Meme) "Confermare o ribaltare la situazione!".


BLACK HUMOR E STANDARD IMAGES: LO "STILE" CLOROFORMIO
Come avete potuto vedere dalle vignette precedenti, i Meme di Derp e Derpina contengono alcune battute abbastanza "squallide". Questo perché la priorità per quello stile di "Meming" era il diffondere più possibile la cultura di "Derp", applicando le sue espressioni ad esempi concreti della vita quotidiana.

Contemporaneamente a Derp, nasce la pagina Facebook Cloroformio: una pagina di vignette "black humor" che incentra tutta la sua comicità nel "testo" piuttosto che nella "forma".
Cloroformio viene considerata nel 2015 la "pagina di Meme più cattiva di Facebook". Ad oggi è un esempio di orgoglio italiano per la cultura del Black Humor. Cloroformio si distingue proprio perché creatore di un nuovo stile di "meming". La page faceva infatti uso di standard images senza copyright (oggi le chiameremmo le fotografie "da libro di Inglese" o da "spot contro la droga") per presentare una battuta razzista, maschilista o blasfema.

Esempio di Meme razzista in stile "Cloroformio".
Attribuito a "123RF" attorno all'anno 2016.

L'immagine che vedete qui è un esempio di stile "Cloroformio", anche se non è attribuita ai creatori della pagina. Possiamo notare come l'autore abbia ricercato un certo contrasto tra la battuta black humor e l'immagine accattivante, pensata ad hoc per i prodotti pubblicitari. Questo tipo di freddura, per come viene proposta, è oggettivamente comica, e può strappare un ghigno (più che una risata) anche a coloro che magari potrebbero trovare la vignetta offensiva. Com'è possibile?

Se notiamo bene, il volto sorridente dell'arabo nell'immagine, così soddisfatto della sua battuta sul terrorismo, ricorda vagamento il modo in cui veniva usata la "Troll Face" di Derp nei Meme del 2014. Allo stesso modo, altre vignette richiamano la "LOL face", la "Poker Face" e via dicendo. Potremmo affermare, quindi, che non è la battuta in sé a far ridere, quanto più la reazione alla battuta: inizia così la ricerca dei Mematori verso uno studio sull'effetto comico. Ci troviamo dunque di fronte ad un'evoluzione del Meme-Derp, che da stilizzazione dell'emozione diventa politico e scorretto, perdendo la sua primordiale innocenza family friendly adatta a tutti e trasformandosi in una persona reale. 

La popolarità e l'emulazione così diffusa di questo stile di "meming" ha costretto Cloroformio a cedere il proprio marchio di fabbrica per renderlo "pubblico". Oggi, Cloroformio esiste ancora. Sulla pagina, però, si creano dei Meme molto diversi da quelli per cui Cloroformio è noto, pur mantenendo un'impronta umoristica tendenzialmente black per le battute.

Lo stile Cloroformio continua, nonostante ciò, a essere emulato da altri Mematori, soprattutto per editare le così dette "freddure" e i contenuti black. Un esempio è dato dal "Cloroformio dei Lego", Legolize, o dalla versione più ingenua col Cane super simpa.

Vignetta di Legolize che ironizza sul omofonia tra cieco e ceco.

A questo punto, se ci trovassimo di fronte ad un'opera d'arte, staremo chiaramente urlando "al plagio!". Eppure, ciò non è avvenuto: questo perché, purtroppo, lo "stile" non è arte. Non accuseremmo mai un allievo di Leonardo Da Vinci per aver usato lo stesso stile del suo Maestro: diremmo tutt'al più che lo sta omaggiando. Eppure, nonostante ciò, cominciano ad apparire, come si vede nella vignetta di Legolize, la filigrana apposita per segnalare l'autore del Meme: come a garantirne l'esclusività. 

"Coincidenza? Io non credo."

IL FASCINO DELL'ICONICITA'. DA MEME CULT A MEME SUL CULT
Riscontrare le emozioni e al tempo stesso le situazioni sui visi di Derp e degli "Omini del libro d'Inglese" fa ridere. Fa ancora più ridere, però, quando questi si riscontrano su prodotti cult o artistici dei quali siamo liberi di fruire quotidianamente, come quadri, film o videointerviste. Possiamo dire che è in questo momento che avviene il ribaltamento totale: i Meme ora non sono più tesi alla battuta, ma è la battuta stessa ad essere suggerita dal Meme.
Un classico esempio, può essere il famosissimo Meme di Gene Wilder tratto da Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato.

Fonte: Corriere Web, Chiara Servegnini: "La parabola di Gene Wilder"

Come potete vedere da questo collage creato dal Corriere Web per un articolo del 2018 chiamato I meme sono diventati una cosa seria, la stessa immagine di Gene Wilder viene riutilizzata per diverse freddure che però hanno evidentemente qualcosa in comune: lo stato d'animo perfettamente espresso dalla posa irriverente di Gene Wilder. Quando un'immagine inizia a diventare riscontrabile per una o più situazioni diverse rispetto al suo contesto originale, diventa quindi la "base di un Meme". Esistono milioni di fotografie iconiche divenute basi di Meme: scene di film, di serie tv, momenti di trasmissioni televisive. Quando un'opera d'ingegno diventa la base per un Meme iconico, questa viene esautorata, perfino isolata rispetto al contesto originale. 

Esistono però anche i Meme che fanno l'esatto opposto: battute e scene cult diventano didascalie perfette alle situazioni. Questo tipo di Meme non solo fa uso di una base iconica dell'universo cult, ma diventa esso stesso "iconico": in altre parole, un tormentone. Quante volte avete sentito dire: "True Story" (tratto da How I met your mother), "Non posso né scendere né salire" (tratto da un film di Aldo, Giovanni e Giacomo) oppure "First reaction: shock!" (tratto dall'ntervista di Matteo Renzi su BBC News).



In questo caso, i Meme "iconici" diventano emoji parlate, e possiamo usarle (oserei dire che possiamo recitarle) nella vita quotidiana, declamandoli ad alta voce oppure condividendoli su una chat con uno sticker o una gif. Per questo, anche se provengono da opere d'arte, questi Meme ancora non possono essere considerati prodotti dell'ingegno. Essi infatti diventano parte a tutti gli effetti del nostro immaginario condiviso e condivisibile: non si può mettere la firma su quello che è un pilastro della comunicazione umana. Tuttavia, la vera svolta avviene nel momento in cui il social privilegiato per la diffusione dei Meme non diventa più Facebook, ma Instagram. "Al mio segnale, scatenate l'inferno!"

GLI HIGH QUALITY MEME CON LO SFONDO BIANCO. VERSO IL MEME D'AUTORE.

Tutti sappiamo che Instagram è il nuovo Facebook. Su Instagram, infatti, possiamo osservare il penultimo stadio dei Meme: i "Meme d'autore". Il layout ormai definito "classico" viene infatti sostituito con quello più moderno composto da uno sfondo bianco. Come si chiedeva Oscar Wilde: ma è la vita che imita i Meme, o i Meme che imitano la vita? (Citazione verissima, lo giuro). 
La verità è che questi tipi di Meme fanno uso dello sfondo bianco per introdurre una frase, una situazione o un breve dialogo, per poi allegarvi una foto o un video sottostante, a fungere come reazione. Il classico Meme di Instagram ha una didascalia che viene introdotto dall'avverbio "Quando", come da esempio:

Meme della pagina Stress Postdrammatico (@stresspostdrammatico via Instagram)


Un layout così comune e così semplice, diventato ormai "standard" e "universale" per i Mematori di Instagram, comporta una ricerca di materiale per le basi più originali e sempre meno iconiche affinché il Meme si distingua dalla massa. A questo proposito nascono le pagine "a tema". Cioè: pagine che usano esclusivamente un certo tipo di basi per i loro post, oppure che riconducano sempre ad uno stesso tema. Un esempio è dato dalla pagina Classic Art Memes, che pubblica Meme la cui base è sempre un dipinto o un'opera d'arte.

Meme  di Classic Art Memes (@classic.art.memes via Instagram)

Altre strutture "standard" dei Meme sono le situazioni introdotte, ad esempio, da "Nessuno: [a capo]", oppure con un dialogo o una battuta espressa tra virgolette. La ricerca specifica della "personalità" dei Mematori, e delle pagine stesse di Meme, inserisce la professione tra coloro che sono definiti web content creator. Ciò vuol dire che molti amministratori di pagine di Meme, su  Instagram, retribuiscono i propri creatori di Meme per fare in modo da garantire un rinnovo della proposta e dei contenuti della pagina. Grazie a questo metodo, non diventa necessario ricorrere alla ripubblicazione dei Meme più vecchi e ci si può concentrare su Meme più "freschi" e attuali. Non è raro, ad esempio, che molti Meme "moderni" ricorrano all'uso dell'attualità e della cronaca per il loro umorismo, col rischio chiaramente di perdere potenziale comico. Ne è stato un esempio lo storming dell'immagine del Governatore Bernie Sanders che adesso, a pochi mesi di distanza, non fa più ridere nessuno.

Bernie Sanders originale e alcuni esempi di fotomontaggio 


Insomma, fare Meme diventa sempre di più qualcosa che si avvicina ad una professione, su Instagram, e i Mematori iniziano a fare concorrenza agli artisti e ai creatori di contenuti audiovisivi del web. Per questo, per contrastare questa megapopolarità dei Meme di Instagram, il social network acquista un nuovo layout di editing video dall'app di TikTok. Con l'arrivo dei Reels su Instagram, infatti, il mondo dei contenuti digitali su Instagram cambia ancora una volta drasticamente. 

Cosa sono i Reels?

I Reels sono dei video di breve durata. Instagram fornisce una dashboard a parte esclusivamente dedicata ai Reels, e perciò ne facilita la diffusione. La conseguenza della popolarità di alcuni Reel è il rendere dei "Meme" alcune canzoni, che grazie ai social diventano virali. Un caso è ad esempio Oh no di Capone, ma anche alcune canzoni "classiche" che per la brevissima durata del video possono essere "plagiate" per diventare Meme (comicità condivisa e condivisibile sui social, e perciò non considerabile opera d'ingegno). Tuttavia, lo scopo del Reel non è il Meme, quanto più mettere in "vetrina" chi lo crea. Infatti ora l'autore del Meme ne è anche l'esecutore: è impossibile esautorarlo, plagiarlo. Questo perché c'è il suo volto: il Mematore diventa il Meme. Non si può ancora parlare di opere d'arte, certamente, ma si inizia a parlare di artista, o almeno di esecutore. Non ci si può sorprendere se su TikTok molte persone riescono, infatti, perfino a guadagnare dal proprio lavoro, e ora il Reel è qualcosa che sta diventando d'utilizzo frequente anche per gli influencer e per i diversi content creators. 


"Beh, che dire, follettini e follettine". Secondo le mie previsioni, tra qualche anno il mondo dei Meme conquisterà il web. Resterà comunque un dibattito aperto sul reputarli come prodotti artistici, o meno?
Immagino che si possano distinguere le diverse forme di pensiero già da ora, eppure ancora la maggior parte di noi resta scettica. "I web creators non sono artisti, i veri artisti fanno l'arte nella vita reale!".
Così si sente dire. Ma la storia dell'evoluzione ci insegna che a vincere è sempre l'esemplare che sa adattarsi meglio alle circostanze, e non necessariamente si parla perciò di colui che è "più forte", "più vero", "più autentico". TikTok ha conosciuto l'apice della sua popolarità, non a caso, in piena pandemia. Un gruppo di musicisti e cantanti hanno ad esempio creato un musical su TikTok, quando i teatri erano chiusi. Se l'arte non riuscirà a sopravvivere al presente, perché allora non dare la possibilità a nuove forme artistiche di nascere e di svilupparsi nel futuro? A questo punto, chi vivrà vedrà, o come direbbe un Meme:

Commenti