"Nocturnal Animals" e la vendetta dell’assente: il linguaggio come negazione

Di Nicole Mazzucato

Nocturnal Animals (Animali notturni, 2016) è il secondo lungometraggio diretto dallo stilista Tom Ford, dopo l’ottimo esordio con la pellicola A Single Man (2009). Entrambi i film sono tratti da romanzi. Nel caso di Animali notturni, il regista si è ispirato a Tony & Susan (1993) di Austin Wright.

Le differenze tra libro e pellicola sono molteplici, a partire dal contesto sociale in cui viene calata la vicenda: il regista statunitense ha voluto evidenziare e criticare l’ipocrisia delle classi abbienti e della borghesia, in particolare nel campo artistico, mettendo inoltre l'accento sul loro distacco dalla realtà. Durante una cena, la protagonista Susan Morrow (Amy Adams) si lamenta con Carlos Holt (Michael Sheen) della junk culture che imperversa nelle opere acquistate per la galleria d’arte. Carlos afferma, in risposta, che è meglio vivere nel loro mondo di ipocrisie e falsità protetto dalla violenza della strada, dei sobborghi e della povertà. Rispetto all’opera originale, inoltre, Ford ha voluto sottolineare il suo ideale estetico: la pellicola si apre, infatti, con una lunga sequenza di ballerine le quali mostrano il loro corpo non aderente ai canoni proposti dalla società, e implicitamente, dal mondo della moda. Lo stilista si scaglia duramente contro la bellezza “perfetta” sottolineandone invece i difetti.

Dopo aver attraversato brevemente i temi secondari, non è ancora chiara la natura della pellicola. In sostanza, Animali notturni è un revenge movie, ma non si può confrontare né al classico Kill Bill di Quentin Tarantino, né alla Trilogia della Vendetta di Park Chan-wook e nemmeno al più pirotecnico V per Vendetta. La vendetta in questo caso è operata da un personaggio assente, che non viene presentato mai nella sua forma “del presente”, ma solo attraverso flashback della protagonista o la sua proiezione finzionale.

La trama, quindi, si muove su due piani: Susan Morrow, nota gallerista e storica dell’arte, riceve il manoscritto del romanzo del suo ex marito, Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal) e una lettera in cui l’uomo la invita alla lettura e ad un immediato responso in persona. Susan, risposatasi e diventata mamma, dopo 20 anni, ricorda la sua relazione con Edward, uomo romantico, sognatore e “debole” secondo la madre. La gallerista inizia la lettura del romanzo Animali notturni, in cui il protagonista Tony Hastings (Jake Gyllenhaal) organizza una vacanza con la famiglia, la moglie Laura (Isla Fisher) e la figlia India (Ellie Bamber). Durante il viaggio notturno, la famiglia si scontra con tre deliquenti, Ray Marcus (Aaron Taylor-Johnson), Turk e Lou (Karl Glusman) che sequestrano le donne e impediscono a Tony di scappare. 

Il marito, dopo un lungo esodo notturno, riesce a contattare la polizia e insieme al detective Bobby Andes (Michael Shannon) si mettono alla ricerca delle donne e dei criminali. La moglie e la figlia vengono trovate morte in un’abitazione abbandonata. Tony, da debole e “vagina boy” (soprannome dato da Ray) si incattivisce e vuole catturare i responsabili. Infine, grazie al detective Andes, riesce a vendicarsi e uccidere Ray Marcus, ma dopo una grave colluttazione Tony riporta una ferita a lui mortale.

L’intero intreccio del romanzo avviene come proiezione della lettrice: durante la narrazione, si alternano momenti in cui Susan ricorda l’ex marito, del torto che ha commesso e distrutto la persona di Edward: l’aborto della giovane Susan. La gallerista conclude il romanzo e cerca di contattare Edward, organizzando un incontro: il lungometraggio si chiude su Susan che sola aspetta invano l’ex marito che le preclude, così, ogni possibilità futura di dialogo.

Prima di immergersi nell’interpretazione dettagliata, si possono notare brevemente le influenze su Tom Ford di pellicole come Strade Perdute (Lost Highway, 1997) di David Lynch, Non è un paese per vecchi (No country for Old Men, 2007) di Joel e Ethan Coen sopratutto nella messa in scena delle scene del rapimento, delle indagini, nella sporcizia e il degrado delle terre desertiche texane. Le indagini e gli interrogatori sono molto simili a In Cold Blood (A sangue freddo, 1967) di Richard Brooks, in cui la tensione viene creata da primi piani studiati e dialoghi serrati.

Le interpretazioni sono notevoli: in particolare, il personaggio di Ray Marcus interpretato da Aaron Taylor-Johnson vede un mix tra l’affabilità di Charles Manson e la follia di Joker. Degna di nota è la prova attoriale di Michael Shannon nei panni del detective Andes che ricalca la perseveranza dello sceriffo Ed Tom Bell (Tommy Lee Jones) di Non è un paese per vecchi insieme alla morale duplice del detective William Somerset (Morgani Freeman) in Seven (1995, David Fincher).

Una delle domande più frequenti in conclusione di pellicola è il motivo per cui Edward ha scritto e dedicato il romanzo a Susan. Vi possono essere interpretazioni molteplici, ma si possono percorrere in pochi punti i parallelismi tra la storia d’amore di Edward e Susan e la tragedia descritta nell’opera.

Susan può essere affiancata al personaggio di Ray Marcus; la ragazza era insicura del futuro con il marito e in un acceso confronto con la madre, si convince della debolezza e mancanza “di polso” di Edward. Susan è anche in parte la moglie di Tony Hastings, Laura: Edward ha voluto, infatti dipingere l’affresco della famiglia che avrebbe voluto con la moglie, decretandone la distruzione attraverso il crimine compiuto nel romanzo da Ray e nella realtà da Susan. 

Laura, nella mente di Susan, non è la sua proiezione passata, bensì una donna diversa come se volesse distaccarsi dall’atto compiuto e affermando il suo cambiamento, contrariamente alla coincidenza tra Edward-Tony nella finzione. Susan è convinta che Edward non sia cambiato negli anni, quindi che possa riconquistarlo in parte, dimostrando gli errori compiuti e la nostalgia che prova per la loro felicità; lo scrittore invece in un flashback afferma che quando si chiude con una persona amata, non si potrà mai tornare indietro.

Di conseguenza, Ray-Susan è il male presente che Edward ha cercato di combattere negli anni, riuscendo a superare il lutto del divorzio e della famiglia mancata, distruggendo anche il se stesso stesso del passato (Tony Hastings): un uomo debole, senza volontà e senza proiezione futura.

L’intero romanzo risulta per Edward un’espiazione e un riscatto nei confronti del passato: dipinge attraverso la vicenda il dolore e la sofferenza fino al loro superamento, una vendetta nei confronti della sua memoria.

Lo scopo della sua opera non è unico, ma duplice: la dedica a Susan è solo un modo per costruire e stringere un patto narrativo, portare all’empatia della lettrice e farle provare in parte le stesse emozioni negative e autolesioniste provate da Edward. Susan risulta scossa e partecipe alle vicende, fino a cercare il dialogo, in quanto viene illusa dall’opera di Edward. Infatti questo dialogo non avviene, e Edward mette in scena la sua doppia vendetta.

La vendetta si sviluppa in due fasi: la prima è il romanzo, l’opera smacco di Edward rispetto all’azione di Susan e la seconda, la privazione di una qualsiasi possibilità di dialogo che disgrega ulteriormente la psiche della gallerista. Questa seconda fase è una vendetta totale dell’assente, in cui il soggetto (Edward) annulla completamente il dialogo con l’Altro: in un primo momento, Susan viene illusa attraverso le parole, i meccanismi della finzione e quell’implicita semplificazione di immedesimazione tra autore-personaggio e lettrice-personaggio fino all’impossibilità di esprimere con Edward ogni sentimento. L’autore non appare mai, non è noto il suo presente, non interessa a Susan convinta dello stallo temporale in cui la loro relazione si è conclusa, nostalgia che la colpisce più volte nel corso del film.

È interessante, inoltre, come la violenza finzionale venga a patti con la violenza reale, l’amplificazione di un atto (l’aborto) abbia ripercussioni a livello reale dal mondo finzionale: Susan rimpiange la sua decisione, non è consapevole delle conseguenze contrariamente a Edward che gliele mostra in tutta la loro gravità, un sogno e un progetto che sfugge e si scaglia contro l’uomo.

In conclusione, Susan scende a patti con la realtà che le crea disgusto, e continua a vivere ciò che la madre aveva prefigurato per lei: una vita vuota, priva di sentimento e piena di risentimento.

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