Di Silvia Strambi
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Non credi mai che le leggende viventi possano morire.
Stephen Joshua Sondheim ci ha lasciati ieri, all'età di 91 anni. Pochi nomi, nel panorama del teatro musicale, hanno avuto negli ultimi 60 anni l'influenza di questo compositore e paroliere americano. I suoi musical, anche se generalmente meno famosi rispetto a quelli del collega (in diverse occasioni rivale) Andrew Lloyd Webber, sono stati acclamati dalla critica musicale per il virtuosismo e la raffinatezza delle sue composizioni.
Alcuni caratteri ricorrenti dei suoi brani sono le forti dissonanze e l'uso di polifonia, oltre alla presenza di leitmotiv i quali spesso anticipano esiti futuri o lasciano intuire sottintesi. Spesso i suoi componimenti sono stati equiparati all'opera lirica, ed eseguiti come tali. Anche i suoi testi sono stati lodati, per la loro complessità (a volte al limite dell'impronunciabile). Ma ciò che più colpisce dei suoi musical è la presenza di temi cupi, spesso accompagnati da una tagliente commedia nera. I suoi personaggi sono ambivalenti e complessi. Questi elementi hanno contribuito a dare vita ad un teatro musicale con protagonisti le cui psicologie vengono approfondite, con temi sociali e toni più macabri.
Non per nulla, nonostante risulti meno conosciuto al pubblico generalista, Sondheim aveva ricevuto, durante la sua lunga carriera, nove Tony Awards, un Oscar, otto Grammy Awards, un premio Pulitzer, un Laurence Olivier Award. Nel 2015 l'allora Presidente Obama l'ha inoltre insignito della Medaglia presidenziale della libertà.
La prima, grande occasione, oltre che la prima opera degna di nota, risale al 1957. Sondheim scrive i testi di quello che è diventato uno dei musical più famosi della storia del genere: West Side Story, con musiche di Leonard Bernstein e regia di Jerome Robbins. Una rilettura della vicenda di Romeo e Giulietta ambientata nella New York di fine anni 50 con al centro un conflitto razziale, il musical fu subito lodato dalla critica. Quattro anni dopo ne fu tratto un adattamento cinematografico diretto da Jerome Robbins e Robert Wise, che ottenne un successo pari, se non superiore, alla versione teatrale. I testi di Sondheim e il linguaggio costruito da lui e dall'autore Arthur Laurents per traslare l'opera shakespeariana in maniera convincente nell'ambiente moderno e nel gergo di strada sono certo uno degli elementi fondamentali per il successo.
L'opera successiva a cui lavorò, di nuovo ai testi e di nuovo con Arthur Laurents, è Gypsy (musiche di Jule Styne). Ha per soggetto la storia vera di Gypsy Rose Lee, conosciuta per i suoi numeri di burlesque caratterizzati da una forte ironia e da un'innata eleganza. Il musical si concentra principalmente sulla figura ingombrante di sua madre, Rose, che per tutta la vita cercò di portare alla fama le due figlie. Ad oggi questo ruolo, in tutta la sua complessità e la sua difficoltà, è uno dei più desiderati di Broadway. È stato interpretato da grandi stelle del palcoscenico come Ethel Merman, Angela Lansbury, Bernadette Peters, Patti LuPone e Imelda Staunton. Tutte attrici con cui, tra l'altro, Sondheim ha lavorato a più riprese durante la propria carriera, spesso consacrandole con i suoi ruoli.
A questo punto un Sondheim 32enne è pronto a fare il salto di qualità. È il momento di un musical musicato e scritto da lui. A funny thing happened on the way to the forum, composto assieme ad altri due autori, è una miscellanea delle commedie dell'autore latino Plauto, con tutti i topoi del caso: il giovane romano che si innamora di una prostituta, il servo scaltro che tira le fila di un intrigo, il 'soldato fanfarone', il travestimento, l'agnizione finale... Con quest'opera, Sondheim può cimentarsi per la prima volta con l'umorismo che sarà poi parte integrante anche dei suoi spettacoli più drammatici.
Dal musical è stato tratto un film, uscito da noi col titolo suggestivo Dolci vizi al foro, con alcuni degli stessi attori della produzione teatrale.
Negli anni '70 Sondheim ha composto alcune delle sue opere più conosciute.
Ad aprire il decennio è Company, concentrato sul personaggio di Robert, uno scapolo imperituro che analizza le relazioni dei propri amici nel tentativo di capire perché dovrebbe sistemarsi. Company resta uno dei musical più enigmatici (oltre che il più statico e introspettivo) del corpus di Sondheim, tanto che ci sono produzioni anche molto diverse dall'originale ed analisi variegate. I brani più famosi sono Getting married today, caratterizzato da un ritmo forsennato (in meno di 20 secondi sono pronunciate quasi 100 parole), e il finale, Being Alive, che chiude la parabola di Robert con un momento di realizzazione.
L'anno dopo è il turno di Follies, scritto ispirandosi ad un articolo sulla riunione di ex showgirl delle Ziegfeld Follies (spettacoli di vaudeville, antenati di Broadway). Sondheim scrive dunque un musical sull'incontro tra due ex Follies, in occasione della distruzione del teatro in cui hanno lavorato. Il risultato è uno spettacolo ironico e parodistico, ma al contempo malinconico. Al suo centro troviamo il tema del passato e della sua forza perseguitante, oltre che diverse relazioni fallite.
Temi simili sono rintracciabili in A little night music, basato su un film di Ingmar Bergman. Parla delle relazioni amorose formatesi (e riformatesi) tra diverse coppie che si incrociano nel corso dell'opera, con uno sguardo divertito che talvolta vira sullo struggimento. È il caso di Send in the clowns, probabilmente il brano più commerciale e noto di Sondheim. Si tratta di un pezzo patetico caratterizzato dal ricorrere dello stesso motivo, per facilitare la prima interprete, l'attrice Glynis Johns. È stato inciso da Frank Sinatra e Judy Collins. Nei decenni successivi altre grandi interpreti si sono cimentate nell'esecuzione: Elizabeth Taylor, Judi Dench, Barbra Streisand e Catherine Zeta Jones, tra le altre. Oltre a ciò, è stato oggetto di citazione (più recentemente si è sentito nel film Joker) e parodia, come nella clip qui sotto.
Chiude il decennio quello che è forse il suo musical più conosciuto al grande pubblico, grazie anche all'adattamento cinematografico di Tim Burton: Sweeney Todd. L'opera parla di un barbiere che, ingiustamente condannato per un crimine, torna a casa per scoprire che la moglie è morta e che la figlia è tenuta prigioniera dall'uomo che l'ha incastrato. Inizia dunque una vicenda sanguinolenta, di vendetta, ambientata in una Londra vittoriana squallida e corrotta. Una vicenda perfettamente temperata, nonostante tutto, da una vena ironica e da personaggi grotteschi eppure umani.
Figura fondamentale nella carriera di Sondheim è stato il librettista James Lapine. Dalla loro collaborazione, iniziata nel 1983, sono nati 3 dei lavori più premiati di Sondheim: Sunday in the Park with George, Into the woods e Passion.
Il primo narra del pittore Georges Seraut e del suo dipinto puntinista Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande-Jette. Conflitto principale dell'opera quello tra la devozione totale dell'artista per la sua Arte opposta alle attenzioni della sua amata. Il tutto è unito a scene che assumono una forma più onirica e che uniscono passato e il presente.
Il secondo è una commedia nera che reimmagina le fiabe tradizionali, usandole come pretesto per parlare di temi come la morte, il rapporto coi figli, l'ereditarietà, l'importanza del prendersi le proprie responsabilità. Ne è stato tratto un film omonimo con Meryl Streep e Johnny Depp.
L'ultimo di questi spettacoli, Passion, è un adattamento del film (di Ettore Scola!) Passione d'amore, a sua volta tratto dal romanzo Fosca. Protagonista Donna Murphy, allora ancora per lo più sconosciuta, nei panni di una donna brutta e malata che si innamora perdutamente di un bel capitano. Purtroppo, pur venendo osannato dai critici, questo spettacolo non incontrò il favore del pubblico, tanto che chiuse dopo "solo" 280 repliche.
Passion fu il penultimo lavoro di Sondheim. L'ultimo suo musical risale al 2008, dopo una carriera che ne conta quasi 20.
Ma Sondheim non fu soltanto compositore. Durante la sua carriera, infatti, tenne diverse masterclass e si fece patrocinante di giovani talenti. Ad esempio, fu mentore di Jonathan Larson, autore del musical Rent, come testimoniato anche dal film recentemente uscito su Netflix Tick, Tick... Boom! La sua passione per l'insegnamento nasceva dall'essere stato lui stesso allievo, da ragazzo, del leggendario compositore Oscar Hammerstein III (n.d.R: parte del duo Rodgers and Hammerstein, autori di Oklahoma! e Tutti insieme appassionatamente).
Durante la sua lunghissima carriera Sondheim è riuscito a ridefinire un genere, contribuendo con la propria arte a nobilitarlo e a dargli spessore. Sarebbe impossibile scrivere in un articolo tutte le sottigliezze presenti nella sua musica, come sarebbe riduttivo stilare un compendio di tutti i personaggi che ci ha regalato. Le sue opere hanno aperto nuove strade per le generazioni successive, nuove possibilità per un teatro musicale più complesso, sempre nel segno di un forte tecnicismo. Perciò ricordiamoci e riscopriamo, mentre piangiamo la sua morte, le sue innovazioni, le sottigliezze che rendono i suoi musical migliori paragonabili ad opere d'arte e le sue migliori canzoni a sinfonie, siano esse roboanti numeri di massa, struggenti ballate intimiste o numeri solisti esplosivi.
Luci spente. Sipario chiuso. Entrino i clown.
Addio, Stephen. Possa la tua memoria essere una benedizione.
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