I Tenenbaum: la nascita dell’aggettivo “Andersoniano”

Di Davide Gravina

11 Novembre 2021, il giorno è arrivato. Gli amanti del cinema, e non solo, aspettano questa data da troppo tempo: oggi esce nelle sale italiane The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening, l’ultimo film di Wes Anderson. L’uscita della pellicola era inizialmente prevista a luglio 2020, dopo più di un anno di attesa, possiamo finalmente esultare. 

Una domanda sorge spontanea: per quale motivo chiunque abbia visto anche un solo film del regista statunitense non aspettava altro che l’uscita della sua ultima opera? La risposta è facile: si tratta di Wes Anderson. Questa è una risposta per nulla soddisfacente. Cerchiamo di rispondere in maniera adatta, concentrandoci su I Tenenbaum (2001), il primo film di Wes che fece dire a tutti "ho bisogno di altri film come questo".

Gwyneth Paltrow e Luke Wilson in I Tenenbaum (2001)

Come ogni capolavoro che si rispetti, la trama è semplice. Royal (Gene Hackman) ed Etheline (Anjelica Huston) Tenenbaum sono sposati e hanno tre figli: Chas (Ben Stiller), Margot (Gwyneth Paltrow) e Richie (Luke Wilson). I tre sono enfant prodige ma per colpa dei danni causati dai genitori, in primis Royal, hanno tutti una vita da perfetti falliti. 

A primo impatto il film potrebbe sembrare un’inutile commedia. Ebbene, siamo di fronte ad una delle più grandi opere cinematografiche del XXI secolo. Stesso discorso, trasportato nel mondo dei registi, vale anche per Wes Anderson. Ma quali sono le ragioni che rendono questo film tanto importante quanto Andersoniano? Scopriamole.

Il pre-prologo: il film inizia con una persona che appone il classico timbro della biblioteca sul libro The Royal Tenenbaums (n. d. R. : il film è "basato" su un romanzo non esistente). Così facendo Wes utilizza uno dei più classici topos dei film di animazione, che spesso iniziano con l’esibizione della fonte letteraria, quasi sempre una favola; in questo caso però non si tratta né di un film d’animazione né di una favola. Perché allora cominciare il film in questa maniera? Due ragioni son più importanti di altre. La prima: inserisce lo spettatore all’interno di un mondo altro, come se fosse una voce fuori campo (tra l’altro presente all’interno del film). Siccome però la voice over è una forzatura, se così possiamo definirla, del linguaggio cinematografico, Wes decide di presentarci l’opera senza parole, con la forza di una sola immagine. La seconda ragione è di stampo squisitamente Andersoniano. I libri hanno un ruolo costante all’interno della filmografia del regista: un libro preso in prestito in biblioteca fa conoscere i due protagonisti in Rushmore (1998), la strana abitudine della protagonista di rubare libri in biblioteca è la causa della rottura della giovanissima coppia in Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore (2012) e anche Grand Budapest Hotel (2014) basa la sua storia sulle memorie di uno scrittore ideato appositamente per il film.



 
Prologo: viene inteso e interpretato da Wes nella sua più classica accezione. Vengono presentati i personaggi in tenera età, evidenziando le loro abilità, sulle quali la madre Etheline scrive un libro. Terminata la spiegazione dei talenti dei tre piccoli geni, assistiamo alla causa scatenante che è origine dell’opera, ossia il divorzio, mai legale, tra i signori Tenenbaum. 

Cast dei personaggi: Wes non inserisce i tradizionali titoli di testa, ma presenta nomi di attori e attrici come fossero parte integrante dell’opera filmica. Non c’è distinzione tra finzione e realtà, ma fanno tutti parte di quel mondo altro, al quale è stato dato accesso anche a tutti gli spettatori fin dal pre-prologo. Questa originale presentazione ricorda quella dei tre fattori cattivi che danno la caccia alle volpi in Fantastic Mr. Fox (2009). Ancora una volta i film di Anderson comunicano tra loro, definendo sempre più un’immaginifica poetica autoriale. 



Dopo gli originalissimi titoli di testa ha inizio il film vero e proprio. 

Il nido dell’opera non può che essere la regale casa della famiglia, all’interno della quale finiscono tutti i suoi membri per motivi che definir sciocchi sarebbe eufemistico. Chas, insieme ai suoi due figli che cresce come fossero due suoi cloni, torna a casa perché ritiene insicura la sua dimora ed essendo ipocondriaco deve assolutamente cambiarla; Margot è uccisa dalla noia di suo marito neurologo e accademico; Richie pensa soltanto al falco che ha fin da piccolo e non può viver lontano dal suo fedele animale per troppo tempo; Royal vuole recuperare i rapporti con la sua famiglia e per fare questo si finge malato di cancro. 

Tutti i motivi elencati sembrano non aver alcun tipo di profondità. Nulla di più lontano dal vero. Chas è ipocondriaco perché ha perso la moglie in un incidente e la sua malattia, ancorché non retoricamente descritta, lo logora. Margot, che aveva il futuro già scritto come una delle più talentuose drammaturghe degli U.S.A., passa 16 ore al giorno in bagno a guardare la tv e a fumare di nascosto e non può più vivere in questo modo. Richie ha invece rovinato la sua carriera da futuro campione di Tennis durante una partita giocata il giorno dopo il matrimonio di Margot: è segretamente innamorato di lei e non aveva la giusta concentrazione. Royal sa di essere il motivo principale del fallimento dei suoi figli e vuole rimediare andando anche contro il buon senso. 

Gwyneth Paltrow in I Tenenbaum (2001)

Come è possibile raccontare la storia di quattro falliti, tristi e disperati, senza mai dare senso di pesantezza ed, anzi, restituendo alla spettatore un sottile, neanche troppo, sorriso? 

La risposta sta nell’incredibile talento e nella spiazzante ironia che costella l’intera opera. Questa non fa ridere per idiote battute fine a sé stesse ma per via delle surreali situazioni che i protagonisti vivono. 
Due su tutte meritano menzione. La prima: il piombino nella mano di Chas. Lui sta giocando con due suoi amici e con il padre a spararsi con fucili caricati a piombino. È un gioco a squadre e nonostante Royal sia insieme a Chas gli spara in una mano. Terminata la sequenza, la voce fuori campo ci informa che il piombino è ancora, dopo 22 anni, nella mano dell’ipocondriaco. Analizzata nel dettaglio, è facile intuire come il gioco, le squadre e il piombino non siano altro che metafore, rispettivamente, di famiglia, rapporto padre e figlio e torti fatti e subiti. Royal spara al figlio perché crede che sia giusto, senza volontà di ferirlo. Senza rendersene conto, però, ha sparato troppi piombini nella vita del figlio fino a rompere, forse irrimediabilmente, il rapporto con lui. 

La seconda scena che merita menzione ha per protagonista il dito di legno di Margot. L’anulare mozzato viene subito presentato come una sua peculiarità e la scena che ci spiega la causa di ciò è incredibilmente esilarante: l’ex scrittrice è al cimitero con la sua famiglia, compresi i figli di Chas; i due bambini non possono resistere alla tentazione di chiederle come mai abbia un dito di legno e Wes ci mostra, attraverso un flashback di 5 secondi, come un boscaiolo abbia sbagliato la mira mentre tagliava la legna, prendendo così il dito di Margot. La scena è di un’ironia incredibile proprio perché non ha ironia. Wes non ha intenzione di far nascere una risata di poco valore, ma descrive la scena in maniera talmente realistica e quadrata nella sua crudeltà che non può non far ridere. 
Oltre alle risate assicurate, è importante ciò che sta dietro questa scena e che può passare in secondo piano perché siamo troppo impegnati a ridere: Margot è stata adottata da Royal ed Etheline e coloro che le hanno tagliato il dito sono la sua vera famiglia, che Margot ha deciso di andare a cercare all’età di 14 anni. Ci troviamo di fronte, ancora una volta, ad una sequenza comica da manuale, ma che vuol dire molto di più della risata che fa sorgere.  

Ben Stiller, Grant Rosenmeyer e Jonah Meyerson in I Tenenbaum (2001)


Tutti questi elementi basterebbero per considerare I Tenenbaum un grande film. Anderson però non si ferma qui: inserisce all’interno del film, che ricordiamo esser stato realizzato 20 anni fa, una battuta ben più che attuale. Richie, come detto, è innamorato della sorellastra Margot e anche lei ricambia i suoi sentimenti, ma per paura del pensiero degli altri Margot è costretta a dire: “Ci ameremo segretamente e lasceremo le cose come stanno”. Quante persone amano qualcuno e non possono amarlo liberamente perché la paura di essere etichettate come diverse li spaventa? 

Quando un’opera d’arte parla, in sottotraccia, di temi sempre attuali e, quindi, trascende il tempo non può non essere un capolavoro. E quando un capolavoro ha dentro di sé tutti gli elementi che identificano un autore, questo non potrà che prendere il nome dell’autore stesso. I Tenenbaum: il capolavoro Andersoniano. 

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