Di Sara Lodi
Tre piani, il nuovo romanzo di Eshkol Nevo, è ambientato in una palazzina borghese di tre piani nei pressi di Tel Aviv. La vita dei suoi inquilini sembra svolgersi in maniera tranquilla, ma all’interno di ciascun appartamento si consuma un dramma privato, celato agli occhi di chi, passando davanti all’edificio, si meraviglia di tanto silenzio. Che è questa, a mio parere, la cifra straordinaria del romanzo: il rumore estremamente silenzioso del dolore che si può provare nella più arida solitudine; la potenza dell’immaginazione; la concretezza delle paure che ci divorano. Siamo davanti ad un libro in cui i sentimenti, nello spazio intimo e quotidiano della dimora, sono i veri protagonisti delle vicende, mentre le persone espedienti per dare loro forma e voce; strumenti indispensabili di immedesimazione per il lettore.
Questo articolo contiene spoiler.
Nanni Moretti, Margherita Buy, Adriano Giannini e Alba Rohrwacher nel film Tre piani (2021); Fonte: 01 Distribution |
TRAMA
Al primo piano vive una giovane coppia, Arnon e Ayelet, con una bambina, Ofri. Ai due genitori capita di affidare la piccola alla supervisione di due anziani coniugi, che abitano di fronte a loro.
Ruth e Hermann sono due persone distinte, dai modi eleganti; sono in pensione e soffrono di solitudine: gli unici momenti in cui si rallegrano coincidono con l’arrivo dei nipoti, sparsi un po’ per il mondo. Ofri rappresenta quindi la gioia, la distrazione dalla vecchiaia. Anche la bambina adora la loro compagnia.
I problemi cominciano a sorgere quando Hermann manifesta le prime avvisaglie dell’Alzheimer ed un giorno scompare con Ofri. Arnon, che da tempo era sempre più sospettoso nei confronti di Hermann, che a suo avviso cercava troppo contatto fisico da sua figlia, si immagina i peggiori scenari e va fuori di testa. Quando poi li trova in un frutteto vicino a casa e vede Hermann, sdraiato con la testa appoggiata sulle cosce di Ofri, mentre piange, pensa di ucciderlo. Nella sua testa scalcia il terrore che l’uomo abbia abusato sessualmente di sua figlia. Prova un terribile senso di colpa, perché sa che, se avesse dato ascolto ai suoi presentimenti, il peggio si sarebbe potuto evitare.
Chiara Abalsamo e Riccardo Scamarcio in Tre piani; Fonte: 01 Distribution |
Hani è la protagonista della seconda storia, nonché inquilina del secondo piano. A lei tocca la paura della follia: anche Hani è sempre sola e infatti è stata soprannominata “la vedova”; suo marito viaggia per lavoro, mentre lei fa la casalinga e si occupa dei figli. Non ha persone con cui parlare e sfogarsi e così è naturale che intrattenga lunghi dialoghi con sé stessa, durante i quali si estrania dal mondo e si sente ancora più sola e distante, con la paura costante di impazzire, come è capitato a sua madre. L’arrivo improvviso del cognato, Eviatar, che sta scappando dai creditori, spezzerà la solitudine, ma la spingerà a domandarsi se Eviatar non sia stato partorito dalla sua mente, dal disperato desiderio di avere qualcuno al proprio fianco.
Dora è la chiave di comprensione dell’intero testo e abita al terzo piano. Giudice in pensione, vedova di Michael, con il quale ha condiviso un lunghissimo e felice matrimonio, e madre di Arad, che ha chiuso i rapporti con lei, parla con il marito defunto registrando i suoi lunghi monologhi sulla segreteria del telefono. Gli racconta del perché abbia deciso di unirsi ad una manifestazione di piazza contro i prezzi troppo elevati degli appartamenti. Emblematica della solitudine è la frase che pronuncia quando decide di aggiornarlo sui cambiamenti che stanno investendo Tel Aviv: «Notiziario!», come urlava sempre lui entrando in salotto; ma la voce le «torna indietro dai muri come un’eco».
Nanni Moretti nel film Tre piani; Fonte: 01 Distribution |
Tra i motivi che la spingono a parlare con Michael c’è poi anche l’esigenza di mettere in discussione l’educazione impartita al figlio: forse la sua (loro) intransigenza non l’ha aiutato a calmare la rabbia che lo agitava, e forse, se l’avessero compreso, non sarebbe giunto a picchiare suo padre: un affronto che l’ha esiliato per sempre dalla loro casa. La lunga confessione al marito funge allora da espediente per far rientrare ogni cosa al proprio posto: permetterle di dare un nuovo senso alla sua vita, decidere di incontrare Arad, traslocarsi in un altro appartamento. Dora parla all’unica persona che sia mai stata sinceramente e totalmente onesta con lei per mettersi in contatto con la propria coscienza e agire nella maniera più efficace.
In questo romanzo, la palazzina a tre piani è metafora dei tre livelli dell’anima freudiani: Es (l’inconscio, residenza delle pulsioni e delle paure incontrollabili), Super Io (la parte della psiche che cerca di conciliare desiderio e realtà) e Io (il giudice che riporta l’ordine tra le cose e le mette a contatto con la realtà).
La narrazione parte perciò da una storia in cui pulsioni e paranoie hanno il sopravvento sull’effettiva realtà dei fatti: Arnon, terrorizzato dall’idea di un possibile abuso, giunge a picchiare Hermann e ad andare a letto con la nipote dell’anziano, che si offre di sbirciare nel computer del nonno in cambio di sesso, per cercare di ottenere indizi che confermino il suo dubbio. In seguito Nevo prosegue con la storia di Hani, che, ingabbiata nella sua testa, teme di aver vissuto un’esperienza che in realtà si è voluta creare per colmare il vuoto affettivo; e poi arriva a Dora. Come ho scritto prima, lei è la chiave per capire. Dora, nella terzultima pagina del romanzo, dice: «I tre piani dell’anima non esistono dentro di noi. Niente affatto! Esistono nello spazio tra noi e l’altro, nella distanza tra la nostra bocca e l’orecchio di chi ascolta la nostra storia. E se non c’è nessuno ad ascoltare, allora non c’è nemmeno la storia».
Alba Rohrwacher nel film Tre Piani; Fonte: 01 Distribution |
L’Io prende tutte le vicende più traumatiche e le mette in relazione con il nostro mondo interiore, ma anche con l’esterno; tuttavia per fare ciò non può bastare una struttura psichica: serve l’ascoltatore che ci permette di dare forma e ordine ai nostri pensieri, ci aiuta a fare delle scelte e, se interpellato, può offrirci anche il suo punto di vista. È necessario affinché tutto non sia solo un flusso concentrico di pensieri vuoti. Dora comprende consapevolmente che tutti i sentimenti che proviamo, la paura, il desiderio, l’amore, la rabbia hanno bisogno di essere indirizzati a qualcuno; capisce che ci rompiamo se non parliamo con qualcuno o se non affidiamo i nostri pensieri all’attenzione di un ipotetico ascoltatore. Con Dora si disvela l’intero schema narrativo del libro.
Questo, gente, è Tre piani. Direi che sia sottinteso che lo consiglio vivamente.
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