Di Alessandra Vita
Nell'ultimo secolo molte band hanno contribuito a scrivere pagine della storia della musica, ma nessuna di queste può vantare l'impatto che hanno avuto, su più livelli, i Beatles. I quattro ragazzi di Liverpool hanno dato il via infatti a un fenomeno che allora poteva considerarsi un vero e proprio unicum culturale. Non solo la band innovò l'industria musicale, integrando nei suoi album strumenti orientali e provando varie tecniche di registrazioni atipiche, ma influenzò profondamente anche il look e la moda dei giovani dell'epoca, in un modo talmente particolare e potente che, ancora oggi, è analizzato da sociologi e antropologi.
In soli dieci anni di attività i Beatles sono stati dei trasformisti, evolvendo il loro look e diventando una vera e propria incarnazione dello spirito e della moda degli anni '60. Di seguito si individueranno tutti i periodi chiave della band inglese, analizzando ognuno di questi di pari passo alla loro produzione musicale.
Tutte le evoluzioni fashion dei Beatles |
Gli inizi: il mondo prima dei Beatles e la gavetta ad Amburgo
Per capire quale fu l'innovazione apportata dal gruppo inglese è necessario capire com'era il mondo prima dell'ascesa dei Fab Four.
Già dagli anni '50 la musica aveva influenzato il modo di vestire: ogni genere aveva il suo stile di abito particolare, quasi come se questi fossero una sorta di divisa da lavoro. Il Rockabilly, tipo di musica che fondeva il Blues, lo Swing e il Country, suonato velocemente con un sound creato dal twang della chitarra elettrica semiacustica un po' distorta, veniva suonato con jeans Levi's, magliette colorate, le brothel creeper, giacche da moto e cappotti a collo alto.
Parallelamente a ciò, negli Stati Uniti si era diffusa tra i giovani la subcultura dei Greasers, con il taglio di capelli Pompadour, la brillantina, le bandane, le canottiere o le t-shirt con le maniche arrotolate, i Levi's 501 o 505 e i giubbini di pelle. Negli stessi anni, in Gran Bretagna troviamo invece i Teddy Boys, indissolubilmente legati al rock (basti pensare che vennero rappresentati nel film Il seme della violenza, accompagnati dalle note di Rock around the clock), che invece adottavano uno stile più elegante, indossando blazer scuri, gilet in broccato, magliette a dolce vita e jeans a sigaretta. Sempre in Gran Bretagna nasceranno poi i Rockers e i Mods, in eterno conflitto tra loro: se i primi vestivano di pelle, andavano in motocicletta e ascoltavano il rock and roll dei bianchi, gli altri indossavano parka militari o vestiti eleganti e ascoltavano il jazz e rock britannico.
Nel cinema d' altro canto quelli erano gli anni dell'ascesa di Marlon Brando, il bad boy per eccellenza.
Tutto ciò influenzò inevitabilmente anche i giovani Beatles, allora adolescenti. I ragazzi amavano in particolare Elvis, col suo ciuffo a banana e le giacche di pelle, Buddy Holly, il rocker con gli occhiali e la faccia da bravo ragazzo e Chuck Berry.
Arrivati nel 1960 ad Amburgo per fare un po' di gavetta (ancora nella loro prima formazione, con Stuart Sutcliffe al basso e Pete Best alla batteria), il look dei Beatles era a metà tra i rockers e i mods, con i capelli pettinati in avanti, le giacche di pelle, e i celebri Beatles Boots, stivali a punta tagliente, aderenti, con un tacco cubano, e una zip o un elastico ai lati. I Beatles Boots sono un'evoluzione dei Chelsea Boots: hanno infatti avuto origine nell'ottobre del 1961, quando Paul McCartney e John Lennon videro in una ditta di calzature i Chelsea Boots e chiesero di averne quattro paia per i Beatles, ma con l'aggiunta dei tacchi.
Questo stile venne proposto loro da Astrid Kirchherr, giovane studentessa d’arte, fotografa e futura compagna di Sutcliffe. La ragazza inoltre era una Exi, una subcultura giovanile di Amburgo che prendeva spunto dall'Esistenzialismo e che vestiva spesso di nero, in modo sobrio.
I Beatles ad Amburgo nelle loro giacche di pelle |
I primi anni: l'ascesa dei Beatles
Tornata a Liverpool nel 1962, la band iniziò a esibirsi al Cavern Club. Ma il vento stava iniziando a cambiare. Un cliente un giorno si presentò al negozio di dischi di Brian Epstein e gli domandò se avesse My Bonnie, un disco registrato in Germania dai Beatles insieme a Tony Sheridan. Epstein, incuriosito da questa band, avendo scoperto che essi si esibivano al Cavern decise di andarli ad ascoltare: ne rimase affascinato e si offrì di far loro da manager.
Egli procurò loro un contratto alla EMI ma prima volle ripulire la loro immagine:
«Voglio che abbiate un aspetto molto più elegante. Sul palco non dovete bere, fumare, masticare gomma né imprecare. Il pubblico non è lì per parlare, perciò quando siete sul palco non dovete bere, fumare, masticare gomma né imprecare. Il pubblico non è lì per parlare, perciò quando siete sul palco non dovete chiacchierare con le ragazze. E siate puntuali. [...] Ricordatevi che adesso siete dei professionisti». (1)
In questo periodo il look dei Beatles cambiò radicalmente diventando quell'iconico stile entrato a far parte dell'immaginario collettivo. Già nel 1961 la band, durante un viaggio a Parigi, si imbatté nel fotografo Jürgen Vollmer: egli fu il fautore del primo vero e proprio “taglio alla Beatles”.
«John e Paul vennero a trovarmi e decisero di farsi tagliare i capelli come me. Un sacco di ragazzi francesi li portavano così. Feci loro il primo taglio alla Beatles nella mia stanza d'albergo sulla rive gauche». (2)
«Paul: Gli dicemmo 'tagliali come i tuoi'. Ma in realtà vennero diversi. Lui li aveva un po' più lunghi sul davanti, mentre i nostri saltarono via come saette e ci ritrovammo con una frangetta. 'Perché ve li siete tagliati così?' ci chiedeva la gente, e noi 'Beh, sai com'è'». (3)
Brian Epstein, dunque, ripulì la loro immagine partendo dal look: il taglio alla Beatles, con caschetto e frangia, e i Beatles boots rimasero invariati, mentre per i vestiti il manager optò per degli abiti uguali per tutti, proprio come una divisa da lavoro. Indossavano spesso dei completi, delle camicie bianche con colletti ristretti portate con abiti dal taglio slim e cravatte scure sottili, dei pantaloni skinny a vita alta, blazers, o abiti total black con rever satinati a contrasto.
Lo stilista dei Beatles a quel tempo era Douglas Millings: egli creò proprio i celebri completi senza colletto ispirandosi a dei modelli di Pierre Cardin.
I Beatles in uno dei loro outfit più celebri di Millings |
«Epstein disse a papà che aveva bisogno di un look che facesse sembrare i Beatles un gruppo moderno, piuttosto che il look da giacca di pelle rock'n'roll che avevano avuto per il loro tempo ad Amburgo. Papà non aveva idea di chi fosse Epstein e, ovviamente, a quel punto nessuno aveva sentito parlare dei Beatles. Ma papà aveva tagliato queste giacche dal colletto tondo per gli steward di bordo e pensava che l'idea potesse funzionare. Era il genere di cose che facevano anche persone come Pierre Cardin in quel momento. Ecco cosa si è inventato, queste giacche con polsini svasati e chiusura con tre bottoni di perle, e pantaloni attillati con la parte anteriore piatta senza tasche per mantenere le linee snelle – e perché Epstein ha detto che non voleva che i membri della band avessero tasche in cui mettere le mani». Gordon Millings
Il look dei Beatles era un connubio particolare: i vestiti da bravi ragazzi e i capelli lunghi un po' trasgressivi creavano un contrasto che piaceva molto ai giovani degli anni '60. Subito il mondo impazzì: tutti volevano vestirsi come loro e avere il loro taglio. I loro dischi scalarono le vette di tutte le classifiche. Iniziò un fenomeno mai visto prima: era arrivata la Beatlemania. Questa ha contribuito allo sviluppo di alcuni settori del marketing come la creazione di un merchandising e di un fandom.
Per i primi album della loro carriera, i quali sono i dischi più rock della loro produzione, i Beatles mantennero questo look, il che è notabile dallo stile delle loro copertine. Dal 1967 invece, tutto cambiò.
Copertina Please please me |
Sgt. Pepper e il viaggio in India
Nel 1967 i Beatles pubblicano l'album considerato da molti il più importante della storia del rock: Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Questo disco segna una svolta sotto ogni punto di vista. Se già col precedente Revolver i Fab Four avevano sperimentato musicalmente, con Sgt. Pepper's essi arrivano al Sublime.
Nell'album essi interpretano dei personaggi di una fantomatica banda. La copertina, disegnata da Peter Blake vede i quattro Beatles al centro vestiti con delle uniformi da banda psichedelica attorniati da un collage di personaggi del mondo della musica, della storia e della politica. I colori dei loro vestiti sono sgargianti e dal sapore orientale. Il loro look inizia a cambiare sempre di più: si fanno crescere dei baffi e John comincia a indossare gli occhiali tondi che diventeranno un suo marchio distintivo. La band abbraccia lentamente lo stile dei figli dei fiori e Sgt. Pepper's così come il successivo album Magical Mystery Tour diventeranno dei simboli della Summer of love.
In questo periodo i Fab Four smettono di effettuare live e il loro look diventa dunque più libero e casual.
Copertina di Sgt. Pepper's |
I Beatles con le loro uniformi da banda psichedelica |
Un tassello fondamentale per l'evoluzione del loro aspetto è senza dubbio il viaggio effettuato dalla band in India. Nel 1968 infatti i Beatles partirono alla volta di Rishikesh, per soggiornare presso il guru Maharishi Mahesh Yogi, fondatore della meditazione trascendentale, di cui erano diventati adepti. Durante quel periodo i Beatles adottarono un abbigliamento di stile locale, pur personalizzandolo. Acquistavano sari a Rishikesh facendone poi ricavare dal sarto dell'ashram camicie e giacche variopinte che avrebbero poi influenzato la moda occidentale dell'epoca.
Tornati in patria essi si allontanarono lentamente dallo stile indiano, tranne George Harrison, che ne rimase profondamente legato.
I Beatles in India |
Gli outfit del concerto sul tetto |
La copertina di Abbey Road |
Note
(1): Alistair Taylor, With the Beatles, London, John Blake Publishing Ltd, 2011, p. 30
(2),(3): Barry Miles, Paul McCartney, Many years from now, Rizzoli, p.69
Bibliografia
• Miles,Barry e Paul McCartney, 1997, Many years from now, Milano, Rizzoli
• Crescenzi, Marco, 2005, Silver Beatles, Roma, Gremese Editore
• Carr, Roy e Tony Tyler, 1979, I favolosi Beatles, Milano, Sonzogno
• Bertoncelli, Riccardo e Franco Zanetti, 2007, Sgt. Pepper – La vera storia, Milano, Giunti
• Alistair Taylor, 2011, With the Beatles, London, John Blake Publishing Ltd
• Beatrice Luca, 2016, Nothing is real – Quando i Beatles incontrarono l'Oriente, Torino,
SilvanaEditoriale
• Rivista: Tutto tutto tutto, ottobre 1977, numero 5
• Rivista: Ciao amici, 3 aprile 1966, numero 8
• Rivista: Giovani, 26 novembre 1966, numero 48
• Rivista: Tuttamusica, 7 marzo 1964, numero 10
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