Graphic Nouvelle 2. "E vai con la guerra": la possibilità di schierarsi

Di Luca Martinelli

Conosciamo tutti i tragici sviluppi della guerra in Ucraina. Ad oggi la situazione è drammatica: se nel paese ai continui annunci di tregua si susseguono i bombardamenti russi su civili inermi, la diplomazia viaggia tra i binari di potenziali aerei statunitensi che potrebbero partire da basi tedesche (innescando un’escalation che porterebbe con grande probabilità ad una Terza Guerra Mondiale) e annunci di negoziati che paiono sempre portare ad un’impasse. Centinaia di migliaia di profughi scapperanno dal paese, causando una crisi umanitaria senza precedenti. Le sanzioni causeranno un’enorme crisi economica su un’Europa già devastata dalla pandemia: no, non è una guerra come tutte le altre. Relativizzare il conflitto significa non avere compreso le proporzioni potenzialmente devastanti che la faccenda sta prendendo. Proprio per questo ho deciso di scrivere l’articolo sulla striscia di fumetti E vai con la guerra di David Rees.


E VAI CON LA GUERRA

Scritto e illustrato mediante l’uso di Clip Art da David Rees
Edito: inizialmente sul sito www.mnftiu.cc., successivamente da Soft Skull Press nel 2002. Portato da Isbn Edizioni nel 2008 in Italia.
Genere: satira politica
Difficoltà: media
Tempo di lettura: ca 3 giorni

TRAMA

Nel 2001 gli Usa sono colpiti dall’attentato alle Twin Towers e al Pentagono. L’evento pare epocale. Tutto ciò (e le conseguenze annesse) viene analizzato da Rees attraverso l’uso di quattro personaggi completamente stereotipati e ridotti a Clip Art nello spazio ristretto di un ufficio. 
La trama segue la consecutio temporale degli eventi storici, diventando un commento sarcastico dell’attualità e sul costume della fazione NeoCon americana attraverso un’ironia che vagamente va a citare direttamente esponenti politici di spicco del panorama americano. Velata è la critica alla commistione fra religiosità e politica. 
La striscia finisce con un epilogo tragicamente ironico dove a prendere la parola è, in poche vignette, l’autore stesso. Occorre perciò leggere di pari passo il fumetto con qualche saggio sulla politica americana post 11/09. Le note al testo aiutano tuttavia molto il lettore italiano a cogliere alcuni riferimenti difficilmente comprensibili su situazioni estremamente specifiche.


ANALISI

David Rees osserva gli eventi della politica americana e li commenta. Il gesto sarebbe in sé estremamente semplice, se non fosse per un’acuta riflessione sulla forma, sulla mediazione e sul linguaggio stesso. La sfida, a distanza di vent’anni esatti dalla pubblicazione, è capire quanto queste riflessioni possano essere attuali e funzionali nel dibattito culturale odierno. 

Innanzitutto, va analizzata la forma: Rees, pur essendo un validissimo disegnatore, decide di usare la Clip Art. Ambienta inoltre il 90 percento delle strisce nello stesso posto, un ufficio di un’azienda americana non meglio specificata. Le clip art utilizzate sono quasi sempre le stesse, non vi è mai un cambiamento nell’avanzare delle strisce. In poche parole, vediamo degli stereotipi parlanti, non delle persone. 
L’uso dello stereotipo impedisce l’approfondimento interiore dei personaggi: viene rimossa completamente la dimensione introspettiva. Rimuovendo questa dimensione, possiamo concentrarci quindi sulla rappresentazione di questi personaggi: borghesi, uniformi, mediamente ricchi, uguali a sé stessi. 
L’attacco politico è palese: Vecchia piccola borghesia per piccina che tu sia / Non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconia, come cantava Claudio Lolli nel 1972 all’interno del disco “Un uomo in crisi”. Chi viene rappresentato fa parte di un’élite che non ha deciso la guerra, ma che tutto sommato accetta passivamente questa e le sue conseguenze, accettando acriticamente le misure del governo. Non si sporca le mani né col pensiero né scendendo in piazza.
Rees però oltre all’attacco della borghesia vuole mostrare pure uno shock che viene colmato con la rimozione. Rimozione in senso freudiano indica l’allontanamento del soggetto dalla consapevolezza di vissuti interiori considerati inaccettabili dall’io: i borghesi rappresentati rimuovono lo shock della caduta delle Torri rimuovendo anche il vissuto interiore. La borghesia perpetua nella tragedia la facciata dell’indifferenza e del conformismo come meccanismo di difesa da sé stessa. 

Andiamo quindi sull’uso della mediazione: Rees non mostra mai i diretti responsabili della guerra. Non ci mostra mai Bush, Osama Bin Laden, Sadam Hussein o chi altro. Magari vengono riportate delle citazioni, ma mai l’immagine: paradossalmente l’obiettivo è ancora più riuscito, perché risulta ai nostri occhi invisibile. Ma noi quell’obiettivo ce lo costruiamo: attraverso la visione della contemporaneità (per chi nel 2002) c’era e attraverso questo commento mediato da parte dei quattro personaggi citati in precedenza. Usando Marx in termini sociologici, a parlare è sempre la sovrastruttura di potere: ma attraverso l’uso del linguaggio satirico, la sovrastruttura si autosgretola di fronte ai nostri occhi. L’operazione di Rees si fa sempre e comunque connotata di un linguaggio rivoluzionario: la distruzione del mito della borghesia e del potere avviene attraverso l’irriverenza.

Già, il linguaggio: l’uso del linguaggio è sempre paradossale, volgare, spietato. Attenzione: non è il linguaggio stesso ad avere questa funzione, bensì il suo uso nel contesto. Se come diceva Wittgenstein la grammatica non deve rendere conto di alcuna realtà, l’uso della grammatica deve necessariamente avere una commistione col reale. Ed è il paradosso a farcene rendere conto, come nella vignetta forse più crudele, posta immediatamente alla terza pagina del libro Gli aiuti internazionali, diventano un bel gioco per il popolo afghano: un gioco chiamato “Vediamo se avete ancora due cazzo di braccia per mangiare il cibo che vi abbiamo mandato dopo che siete capitati su un mina antiuomo cercando di raccoglierlo”. Apparentemente il referente è il popolo afghano, nella realtà è evidente che sia la comunità internazionale. Essere spietati, dare una visione grottesca -ma ne siamo così sicuri? Personalmente mi pare molto reale- di ciò che accade in territorio afghano aumenta la consapevolezza del lettore. La risata che suscita è amara: come dice Vauro la satira deve avere dei limiti per superarli continuamente. Il rischio di essere offensivi vale bene la pena se ad essere il bersaglio è l’ideologia dominante o il potere. Qualunque esso sia.

Inutile dire che la posizione di Rees è quella di un autentico pacifista. La domanda che rimane a noi è se dobbiamo apprendere - in questi giorni tragici e terribili - la sua lezione da fustigatore divertito del potere, oppure se ridere in queste situazioni risulterebbe offensivo. Personalmente ritengo che ogni forma di espressione artistica (la satira è una di questa) è legittima, anche nella tragicità: l’autocensura non ha portato a nessuno una maggiore forma di consapevolezza. 
D’altra parte, credo che l’urgenza principale di Putin potrebbe essere - visto il blocco di Pornhub - piuttosto che bombardare il popolo ucraino, la masturbazione. Questa asserzione non porterà alla fine della guerra, ma forse ci renderà più compatti nell’unita derisione del mito putiniano (e ci renderà finalmente consapevoli che ogni dittatore dopotutto è solamente un uomo frustrato, e viceversa).

Ulteriori consigli: nell’ambito del fumetto satirico La Zecca (di Vauro), il settimanale satirico Charlie Hebdo (se ne trovano gli archivi su internet), il capolavoro La verité sur Max Lampin di Topo, il contemporaneo SS Tata di Walter Leoni. Nell’ambito artistico sull’11/09, precedenti e seguenti: le Canzonette del Golfo di Franco Fortini (poesia), Fahrenheit 9/11 di Michael Moore (cinema), il pamphlet di Serj Tankjan dei System of a Down del 13 settembre 2001, l’opera omnia dei Rage Against the Machine, 11 settembre: Vent’anni dopo (serie tv di National Geographic)

Ps: David Rees donò i proventi del libro alla campagna Adopt a Minefield, per togliere le mine antiuomo in 8 diversi paesi del globo, problema ancora oggi attuale. Credo sia doveroso indicare un ottimo sito di riferimento utile a comprendere i luoghi dove è possibile donare in maniera sicura e consapevole viveri, vestiti, medicinali ed altri generi di prima necessità per l’Ucraina. Questa mappa continuamente aggiornata ci mostra il luogo a noi più vicino per donare, da chi è gestito il luogo, cosa si raccoglie nel suddetto luogo e dei riferimenti per ulteriori chiarimenti. 

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