Lezioni dal teatro che possono servirti anche nella vita reale


Oggi è il 27 marzo: giornata mondiale del teatro. Spesso su questo blog cerchiamo di parlare di spettacoli, di lavoratori nel settore teatrale, di letteratura teatrale.
Tapioca Blog è una costola di un progetto, Un Monologo Al Giorno, nato per sostenere coloro che soffrivano per la chiusura dei teatri a causa del Covid: lavoratori, amatori, allievi che, dopo la riapertura, hanno faticato per ritrovare il ritmo e le opportunità perse. Ma il teatro è anche un mondo magico, dove artigianato e mistero, professionalità e filosofia, personalità e universale si fondono e si contemplano in un unico grande spettacolo.

Il teatro, sopravvissuto ai secoli più duri della storia umana, ha molto da insegnarci. La pratica teatrale viene usata anche in contesti terapeutici, sociali, istituzionali, pedagogici: è uno strumento di indagine verso di sé e al tempo stesso verso il mondo. Ma non è solo questo: il teatro è un mondo parallelo, e studiarne l'arte ci conduce ad apprendere delle lezioni non da poco. Ed ecco perché oggi non parlerò dell'ennesimo spettacolo o del regista di turno, ma di quello che il teatro mi ha insegnato, bisbigliando al mio orecchio: «questo, tesoro, ti servirà anche nella vita». Ecco quindi alcune lezioni dal teatro che, forse, se lette in chiave metaforica, vi saranno utili come spunto per il vostro percorso di crescita personale. 

Credits: Stefano Katunar

Lezione 1: impara a sentire la luce. 

Come? Non guardare mai direttamente la luce con gli occhi, sentila con la pelle. Fidati della tua pelle, senti il calore della luce e seguila. Se ti sudano le mani è un buon segno: vuol dire che hai il riflettore addosso, e ne sei consapevole. Se hai la luce su di te, è fatta. 

Lezione 2: non permettere mai a nessuno di impallarti.

In gergo teatrale: impallarsi vuol dire essere "coperti" da un compagno di scena che sta recitando, se visto dalla prospettiva del pubblico, che si piazza esattamente davanti a te. Se questo non è voluto dal regista, e succede, disimpallati. Sempre.
Non importa se la tua parte è quella della carta da parati o del protagonista: non permettere mai a nessuno di starti davanti, di fare in modo che non ti si veda. Tu vali, sei su un palco affinché ti guardino, e allora reclama la tua presenza su quella maledetta ribalta, perché è tua, te la sei guadagnata e non devi permettere che la distrazione di un compagno ti metta in ombra. 

Gassman diceva sempre: «se c'è una cosa di cui io mi vanto: sono l'unico attore al mondo che non è mai stato impallato».

Lezione 3: accettare.

La parola d'ordine a teatro è "sì", soprattutto se si parla di improvvisazione. 
Accettare vuol dire accettare tutto: un tuo errore, quello di un tuo collega, quello del regista e perfino quello del pubblico. Sulla scena non possiamo permetterci di dire "no", lo spettacolo deve continuare sempre. 

Dire "sì" (o meglio, non dire "no") a volte è una scelta: vuol dire aprire il proprio cuore all'opportunità di essere fragili e uscire dalla propria comfort zone. A volte, dire "sì" ti porta dove avevi giurato non saresti mai finitə, eppure eccoti, qui, ad accettare tutto. Devi esserne orgogliosə. 

Lezione 4: il palcoscenico non è un ambiente naturale per nessuno. 

Non siamo fatti, biologicamente parlando, per sembrare naturali sotto lo sguardo di centinaia di persone. Anche l'attore più famoso e più abile davanti al giudizio del pubblico si sente a disagio. 

Questa emozione, quest'ansia, non trascurarla. Se fingi disinvoltura, se pensi che restare calmo dietro le quinte possa aiutare, ti sbagli. L'ansia è il primo riscaldamento dell'attore, lo sprint finale per arrivare al tuo 100%. Non puoi permetterti di entrare sul palco a metà della tua energia, devi essere carico al massimo per arrivare alla fine della serata con la quantità giusta di energia. 

Lo so che spaventa, ma la tua ansia non è un sentimento negativo. Ascoltala, non sopprimerla, e capirai. 

Lezione 5: apri il tuo cuore

Sii altruista col pubblico. Sempre. Non importa cosa sta accadendo dietro le quinte: se hai la macchina in doppia fila, se hai litigato col collega, se la bolletta del gas ti è costata un occhio della testa, se oggi hai avuto una brutta giornata. Quando sei su quel palco, non puoi permetterti di essere egoista. Magari oggi la tua performance non sarà tra le tue migliori, ma se apri il tuo cuore, e sarai sincero, non hai nulla da temere: la gente capirà. 

Lezione 6: non temere il silenzio.

Attenzione, perché il silenzio non è il vuoto: può essere, però, il modo migliore di riempire un vuoto. Può capitare di dimenticare una battuta e questo crea un vuoto che va riempito. Puoi improvvisare, rompere la quarta parete, usare intercalari superflui. Oppure, puoi riempirlo con il silenzio.
L'attore che trasforma il vuoto in silenzio è un grande attore. 

Lezione 7: ascoltare. 

Datti il tempo di metterti in posizione d'ascolto: quando si tratta di rispondere, non puoi lasciarti sfuggire una sola sillaba. Le tue battute sono risposte ad altre battute, devono accordarsi a quelle dell'altro. Se devi dire una battuta solo perché devi dirla, perché è sul copione, allora ti svelo un segreto: è meglio non dirla. 

Un errore tuo o di un tuo compagno di scena può glissarsi con armonia ed eleganza, se tra di voi c'è un buon ascolto. 

Il buon ascolto determina il tempismo, il ritmo della scena. Il buon ascolto è alla base del buon teatro. Imparare ad ascoltare è parte del diventare attori e persone migliori. 

Lezione 8: non temere di andare per primo. 

Ogni buon attore sa che il primo candidato a un provino trova il regista ad esaminarlo, l'ultimo troverà la sala vuota, con solo il tirocinante che ti filma con una videocamera. Non sa nessuno se quella registrazione arriverà mai tra le mani del regista. 

Qualcuno deve andare per primo, non avere vergogna o timore di essere tu. Come dicevano i condottieri romani: la fortuna aiuta gli audaci.

Lezione 9: abbi fede.

Il teatro deriva dal rito, dalla religione. Il momento della visione era l'apice dei misteri Eleusini: quando il coro delle Menadi, allucinato, osservava il divino direttamente negli occhi. Attraverso lo sguardo visionario delle Menadi, anche il pubblico vedeva, di riflesso, ciò che loro vedevano. 

Credici sempre, abbi fede (non fiducia: fede!). Non puoi permettere di non credere a ciò che vedi: se tu non ci credi, gli altri non ci crederanno. Se tu lo vedi davvero, invece, loro lo vedranno. E, per vedere, bisogna credere.

Fede è convincimento, sempre: il teatro è un mestiere complicato, sia nell'arte che nella materialità della vita. È necessario nutrire genuinamente una fede nella verità che si recita: un sentimento cieca e irrazionale, al limite dell'allucinazione, che ti condurrà nei momenti di buio, oltre che negli istanti in cui le luci sono accese sulla ribalta.

Avere fede è l'insegnamento più importante che il teatro potrà darti: lo strumento più prezioso da coltivare e da sfruttare per la tua arte, e per la tua vita. 

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