Di Eleonora Groppelli
«There has to be two of you»: questa affermazione, pronunciata dal principe Carlo a Lady Diana in una scena del film, riassume perfettamente la vita che viene imposta alla principessa durante la sua permanenza all’interno della famiglia reale britannica. Una separazione tra il proprio io e la maschera che ogni reale è costretto ad indossare per rispettare il voto di fedeltà alla corona. Ciò che la pellicola di Pablo Larraín, invece, proietta altro non è che la conseguenza dell’imposizione sopra citata. Una spaccatura tra la Diana del presente, irrequieta e sofferente, che non riesce a celare il proprio malessere, e il suo io onirico, che si rifugia in una realtà alterata in cui ricordi felici del passato si intrecciano alla persecuzione dei fantasmi del presente.
Il film si focalizza sui giorni che vanno dal 24 al 26 dicembre del 1991. Quello che per la famiglia reale è un normale Natale, trascorso alla tenuta di Sandrigham, Norfolk, per Diana Spencer sarà la goccia che fa traboccare il vaso. È durante il corso di queste 72 ore, infatti, che la principessa del Galles decide di porre fine al suo matrimonio con il principe Carlo.
Scena dal film Spencer |
Uno stile ricco di carrellate frenetiche, riprese oblique e utilizzo della macchina a mano descrivono il percorso della protagonista. Un tragitto a ritroso che ritrae uno dei temi più importanti della pellicola, la lotta per l’emancipazione da una famiglia che le offre agiatezza al prezzo rimanere costantemente sotto il suo controllo. Ciò viene mostrato tramite campi lunghi e medi in cui lampante è la solitudine di Diana. Dai prati immensi in cui corre cercando la sé bambina, ai grandi spazi vuoti delle stanze della residenza di Sandringham.
Scena dal film Spencer |
La maniera con cui è rappresentato il tentativo della protagonista di spezzare le catene che la legano alla famiglia reale testimonia come Diana sia un mezzo, un pretesto per parlare d’altro. Vediamo, infatti, come al tema sopra citato si leghi quello dei disturbi mentali e alimentari. Bulimia e senso di persecuzione sono causati dall’ambiente che circonda Diana, dalle imposizioni che le vengono inflitte, di conseguenza l’unica cosa che può e riesce a fare è controllare il proprio corpo attraverso cibo e abbigliamento. Da un lato meno materiale, il disturbo mentale fa cadere Diana in un incubo perenne in cui è perseguitata da allucinazioni come quelle in cui incontra Anna Bolena, nella quale si immedesima. Nelle scene in cui ciò accade il lungometraggio prende quasi le sembianze di un horror, con piccoli jumpscare che appaiono inaspettati. Diana immagina di farsi del male, ha continue visioni e il confine con la realtà sfuma sempre di più.
Aldilà della tragica fine a cui la principessa andrà in contro, la favola di Larraín mostra una Diana che riafferra la propria libertà, e lo fa grazie all’amore, che aveva dimenticato di meritare e saper provare. Sentimento restituitogli da Maggie, la sua costumista, che confessandole di essere innamorata di lei, le ricorda di non essere l’unica a farlo. Simbolo di questa libertà ritrovata è la scena finale in cui per definire sé stessa Diana utilizza il suo cognome sancendo definitivamente una linea tra lei e la famiglia reale.
Commenti
Posta un commento