Di Elena Di Ruvo
In occasione dei recenti Oscar, concentrerò il mio articolo su uno dei film animati candidati e meno fortunati di casa Disney: Raya e l’ultimo drago.
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Scena dal film Raya e l'ultimo drago |
Per la regia di Don Halls e Carlos López Estrada, la pellicola è ambientata nell’immaginaria terra di Kumandra, in cui umani e draghi acquatici vivevano in pace e armonia finché i Druun, entità maligne, non hanno messo a repentaglio la salvezza del mondo, costringendo gli ultimi draghi a sacrificarsi incanalando i propri poteri nella Gemma Drago, affidata all’ultimo drago rimasto, Sisudatu. Ogni regione di Kumandra porta il nome di una parte del drago: Coda, Dorso, Artiglio, Zanna e Cuore, che custodisce la Gemma come una reliquia. Cinquecento anni dopo, per via dei conflitti tra regioni, questa va in pezzi e ogni popolo si impossessa di un frammento. Raya, principessa guerriera di Cuore, è in missione per evocare Sisu, ricostruire la Gemma e cercare di riunire Kumandra.
Ci sono molti elementi che mi hanno fanno protendere per favorire Raya agli Oscar. Il film sa affrontare tematiche nuove e – volendo – scomode: a partire dalla morale sulla fiducia, tanto promossa da Sisu quanto osteggiata da Raya, incapace di dare una seconda possibilità al suo nemico giurato, Namaari, dopo essere stata tradita da quest’ultima anni prima, portando così la già precaria convivenza tra i popoli a crollare. Elemento di assoluta novità, di conseguenza, è la presenza di una principessa disillusa: lo spirito cinico di Raya, che non le permette di immaginare un lieto fine, la rende decisamente più umana rispetto alle principesse venute prima di lei. È il motivo che ha spinto la produzione a non includere canzoni nel film, a eccezione dell’unica presente nei titoli di coda.
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Scena dal film Raya e l'ultimo drago |
L’indisposizione della protagonista a perdonare e ammettere i propri errori avvicina il prodotto a un’altra tematica importante e molto attuale, ossia il riconoscimento del nemico in se stessi. Raya e Encanto sono tra i principali promotori del discorso sul conflitto interiore: questo ci fa senz’altro capire quanto la Disney stia crescendo nelle tematiche che ci propone.
Dal punto di vista tecnico, il film è una gioia per gli occhi: l’attenzione ai dettagli, le ambientazioni e la diversificazione dei singoli personaggi fanno guadagnare parecchi punti alla pellicola, che sa farsi apprezzare per lo studio storico, culturale e culinario del sud-est asiatico; altro argomento in voga, quello della rappresentazione etnica, e molto sfruttato negli ultimi film Disney e Pixar. La rappresentazione passa anche attraverso la moda, i colori e, non da ultime, le musiche, grazie al contributo di James Newton Howard e al suo sguardo sulle tonalità asiatiche tradizionali, proposte in più occasioni lungo il film.
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Scena dal film Raya e l'ultimo drago |
Parlando di Raya come di un film fantasy, troviamo l’elemento magico a fare da collante tra le scene d’azione e i momenti di stallo, incarnato dai draghi, in particolare quello che lo schema della fiaba identificherebbe come l’aiutante magico: Sisu. Il suo design, passando per varie modifiche, si rifà all’iconografia dei Nāga, draghi legati all’acqua venerati nell’Asia del Sud. Come i Nāga, anche Sisu è dotata di un corno frontale e un corpo sinuoso da serpente, cui si aggiungono criniera di leone, pelo e squame, pinne dorsali e artigli e denti di tigre. Sisu si qualifica come un’ottima nuotatrice, pur dovendo far riferimento agli spiriti dei fratelli per attivare i loro poteri custoditi nella Gemma drago (nebbia, pioggia, luminescenza, mutaforma). Oltre a offrire le potenzialità di queste creature, sprigionate dall’attivazione dei relativi frammenti, torna la necessità di trattare il tema della fiducia, per Sisu vissuta nella famiglia che, nel momento più critico, affidò a lei le sorti del mondo. Il sacrificio dei suoi fratelli serve da esempio affinché Raya capisca quale strada intraprendere per rimettere le cose a posto, spingendo lei a “fare il primo passo”.
In conclusione, Raya e l’ultimo drago poteva essere un ottimo contendente e aspirante all’Oscar: a una grafica spettacolare si uniscono tematiche fondamentali, difficilmente affrontate in film Disney precedenti. È anche un esperimento per saggiare il terreno del fantasy, poco sfruttato dallo studio: quindi, difficilmente si sottrae ad alcuni difetti del caso (come può esserlo la non originalissima scelta di raffigurare Kumandra divisa in regioni e distretti, cosa già vista in Zootropolis)… Ciò non toglie che la voglia e la capacità di raccontare storie e morali ci siano e siano più che valide, dando così al film la possibilità di essere promosso a pieni voti.
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