Wish You Were Real: guida all'arte astratta

Di Alma Taormina

"Lo potevo fare anche io", "Non lo capisco", "Che cosa mi rappresenta?".

Queste domande sono probabilmente venute in mente ad ognuno di voi di fronte a un'opera d'arte astratta. D'altronde, che valore ha un taglio, un segno, una composizione di forme geometriche al confronto con un paesaggio, una madonna o una statua? Nessuno? Sbagliato.

Per capire l'astrattismo, nelle sue forme più diverse e teorizzazioni, bisogna prima fare un passo indietro: il 19 agosto 1839, data di nascita della fotografia. Perché è proprio questa invenzione, col tempo ed evolvendosi, che porterà la pittura (rimaniamo in campo pittorico per semplificare il discorso ai non addetti ai lavori) a staccarsi dal naturalismo e il realismo in cerca di nuove esplorazioni. I primi risultati saranno il realismo, l'impressionismo e le sue conseguenze: al di fuori della esagerazione pop nata attorno ai quadri grazie all’attenzione museale e mediatica sui singoli artisti, spesso ignorando passaggi delle loro vite, queste prime correnti artistiche ci mostrano un nuovo modo di dipingere. Addio fedeltà al dato di natura, ora è l'occhio del pittore e il suo modo di esprimersi l'unico vero modo di dipingere.

Interessante vedere come nel neoimpressionismo e nel postimpressionismo (sono due cose diverse) ci sia un'ampia attenzione alle novità scientifiche nell'ottica. Oppure nell'astronomia, basti pensare alla Notte stellata di Van Gogh, dove è dimostrato lui usasse come riferimento le reali costellazioni semplicemente evidenziando le stelle più importanti, mentre leggeva importanti riviste del tempo e teorie bizzarre e spiritualiste (cfr. A. Boime, Van Gogh's Starry Night: a history of matter and a matter of history). Niente romanticismi, per favore. Non siamo su Instagram.

Ci tengo inoltre a dire che, essendo la sottoscritta seguace del marxismo e di Susan Sontag, mi terrò lontana dalla questione della "interpretazione", in quanto strumento per schiavizzare l'arte al capitale e per sminuire l'effettivo valore di un'opera.

L'arte astratta del Novecento, come oggi la intendiamo, ha però un precedente preciso: il Futurismo. Molti giudicano questo movimento in maniera puramente negativa per le appartenenze politiche di molti suoi esponenti (ricordo che Boccioni è morto durante la Grande Guerra e Carrà pure ha mandato a quel paese tutti per unirsi a De Chirico). Il Futurismo all'inizio si ispirava al Divisionismo, variante italiana delle idee impressioniste e realiste, ma dopo una visita a Parigi e alla mostra cubista (dove non erano presenti però Braque e Picasso, i fondatori del Cubismo), lo stile varia repentinamente, anche per rimanere aggiornati sul piano europeo. Di fatto, le mostre futuriste che in seguito avvennero in Europa influenzarono molti pittori, compreso un russo che è il nostro primo protagonista della storia: Kazimir Malevic.

La Russia di Malevic è quella zarista, che dopo il 1905 è ormai sull’orlo della Rivoluzione, ed è in questi anni che l’artista inizia a teorizzare un nuovo movimento artistico: «Gli oggetti si sono dileguati come fumo per una nuova cultura dell’arte e l’arte procede verso l’autonomia della creazione, verso il dominio sulle forme della natura». Questo è quanto scriveva Malevic nel 1916 nel suo primo manifesto, Dal Cubismo e dal Futurismo al Suprematismo.

Il Suprematismo ha come scopo quello di stabilire la superiorità della forma, intesa in puro senso figurativo, sulla natura, e nessun quadro riesce a spiegarlo meglio di Quadrato nero su fondo bianco. Nella sua prima esposizione, l’Ultima mostra futurista 0,10 (dicembre 1915), questa tela viene appesa in un angolo della stanza, tra due pareti, esattamente come le icone religiose nelle case russe. Un semplice quadrato nero, senza alcun concetto oltre, è posto come icona di una nuova religione, quella della forma.

In contemporanea, prendeva piede anche il Costruttivismo, altra avanguardia però più legata alle logiche della grafica e del manifesto, il cui principale esponente di rilievo in questo contesto è Aleksandr Rodčenko.

Kazimir Malevic, Quadrato nero su fondo bianco, olio su lino, 1915


Quadrato nero e altri quadri di Malevic alla mostra futurista 0.10, 1915

Tuttavia, il prossimo importante passo nella storia dell’astrattismo è in Germania, e si parla di Vasilij Kandinskij. Con lui inizia la parte principale di teorizzazione dell’arte astratta, da un lato con la rivista Il cavaliere azzurro, dall’altra con testi fondamentali come Lo spirituale dell’arte e Punto linea e superficie. Quest’ultimo, in particolare, è un trattato puramente pittorico su come considerare i singoli elementi grafici della pittura ed è in questa sede che inizia ad accomunare il disegno alla composizione musicale, idea ripresa più avanti da Piet Mondrian. Lo spirituale, invece, vuole dedicarsi all’analisi dei colori e il loro valore.

Sicuramente il massimo risultato di queste idee e studi si rappresenta nelle dieci Composizioni realizzate dall’artista, ma di cui le prime tre sono andate perse durante la Seconda guerra mondiale.

Vasilij Kandinskij, Composizione X, olio su tela, 1939

Piet Mondrian, invece, propone una nuova idea di arte astratta: il Neoplasticismo. Questa forma di arte astratta si sposa in molti termini col Futurismo, in particolare l’idea totalizzante di investire ogni aspetto della vita. Solo che a differenza di Marinetti, che dava relativa libertà ai realizzatori dei vari manifesti futuristi, Mondrian fu molto critico nei confronti dei suoi collaboratori. Per esempio, bocciò l’idea di introdurre le linee oblique di 45° nelle composizioni, perché per lui bastava ruotare il quadro e si era punto a capo. Infatti, lo stile composto di sole linee verticali e orizzontali nere (e colorate nell’ultimo periodo della sua vita, a New York), e aree colorate di diverse sfumature di bianco e grigio, oltre che dei tre colori primari, era molto rigido, non contribuendo particolarmente all’innovazione.

Questo stile però è anch’esso debitore del Cubismo, perché fu l’incontro con gli artisti cubisti tra le due guerre che portarono Mondrian a cambiare la sua arte spostandosi dalla decomposizione delle forme alla ricerca del segno e del suo valore, fino alla soluzione che nominò neoplastica.

Il Cubismo non finì mai di influenzare l’arte astratta, in particolare è importante la visione dei lavori di Picasso per un altro pittore, Jackson Pollock: sperimentando la pittura cubista, su consiglio del suo psicologo, l’artista arrivò presto a realizzare i primi dripping, facendo nascere l’Espressionismo Astratto. Ormai, l’astratto e l’inconscio del pittore si univano in un tutt’uno, dove non c’era alcuna meditazione sulla tela ma direttamente il colore.

Il discorso avviato con Malevic, di semplici forme su una superficie, annullando il valore della tela come piano per un Altro, si completa negli artisti americani degli anni '50: la tela diventa il tavolo di lavoro per un gioco fatto di sperimentazione, con colori e materiali atipici. Ma la tela è ancora lì, come una parete.

A superare veramente la tela fu Lucio Fontana, che col suo Spazialismo diede inizio alla ricerco dello spazio oltre la tela. Coltello e punteruolo al posto dei pennelli, o tubi al neon da modellare nello spazio circostante, sono le principali sperimentazioni dell’artista, che decide di portare la ricerca su un nuovo piano. Queste sono le sperimentazioni che anticipano le neoavanguardie italiane, come i Quadri specchiati di Michelangelo Pistoletto, dove lo specchio ora riflette il mondo così com’è, ignorando la necessità di un segno o di una tela.

Lucio Fontana, Concetto spaziale: Attese, cementite su tela, 1964

Questo excursus nella storia dell’astrattismo, in breve, serve per dimostrare una cosa molto importante: l’arte astratta, prima ancora di essere un concetto, è una sperimentazione, la possibilità di esplorare nuovi modi del fare arte. La ricerca di un concetto superiore, di una interpretazione, fa parte di un altro ampio discorso che in questa sede non verrà fatto. Basta ricordarsi che davanti a un’opera astratta, d’ora in poi, piuttosto che chiedersi “perché?”, si dovrebbe chiedere “perché no?”. Non c’è nulla di strano o assurdo, se si conosce la Storia.

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