Così è se vi pare: l'enigmatica arte drag

Di Anna Rizzo

Maschere.
Nei millenni sono state strumento di burla, di divertimento, di satira politica, adoperate nei rituali magici e volti di  teatranti. 
Drag è questo. È la sottile arte della maschera, del trasformare il proprio volto in uno specchio che riflette la società in chiave ironica e tagliente fino a ferire e pungere lo spettatore. 

Sigourney Beaver - Killer Clowns (Floorshow)

Il termine maschera è un antico vocabolo contenuto in alcuni dialetti del Nord Italia, come il piemontese, deriva dai sostantivi longobardi masc e mascone i quali letteralmente significano strega/stregone e sono permeati nel sentire comune con l’accezione di fantasma, dall’aspetto camuffato per incutere paura.

L’arte drag ha sempre spaventato e per molto tempo è rimasta una forma espressiva di nicchia, per pochi disposti a guardarsi allo specchio, a mettersi in discussione,  a farsi pungere.
Le rimostranze mosse, sia in passato che attualmente, nei confronti degli artisti drag, sono legate prevalentemente a pregiudizi originati dalla mala informazione. 
Infatti, chi pratica l’arte drag non rientra né nella categoria dei crossdresser né nella definizione di trans. L’artista drag indossa i panni di un personaggio che porta sul palco. Vi sono dei casi in cui a spettacolo terminato se ne distacca; altri casi in cui l’interpretazione prosegue anche nella vita privata dell’artista poiché quei panni si fanno manifesto di un messaggio potente appartenente alla filosofia della persona. 

Nonostante gli straordinari progressi raggiunti dall’essere umano, è fortemente radicata ancora la diffidenza e l’ostilità verso tale arte, come se fosse una novità spiazzante.
Mi rivolgo a voi che sussultate di fronte a un uomo che indossa panni tradizionalmente femminili: le drag esistono da secoli insieme ai loro merletti e al fruscio degli abiti sontuosi, e non hanno alcuna intenzione di andarsene.

STORIA

Sin dai tempi dell’Antica Grecia gli uomini sono stati chiamati a interpretare personaggi femminili a teatro. Antigone, Fedra, Medea, grandi donne portate in scena da straordinari artisti. Purtroppo, ciò avvenne a causa dell’estromissione delle donne dal mestiere di attrici per via della mentalità maschilista e  delle soffocanti prevaricazioni della Chiesa Cattolica sulla società. Solo con Carlo II, nel 1683, fu concesso alle donne di recitare a teatro. Ciononostante, gli uomini non smisero mai di indossare panni femminili a teatro. 

Claire Danes e Billy Crudup in Stage Beauty (2004)

Fino agli anni ’10 del ‘900 l’omosessualità e il travestitismo rappresentavano un reato. Si chiudeva un occhio e malvolentieri soltanto a teatro e agli spettacoli di vaudeville (commedie leggere caratterizzate da strofe cantate) a inizio ‘900. L’arte drag ormai stava avanzando sotterranea da molti anni impregnandosi di varie forme artistiche che poteva vivere soltanto da spettatrice o da infiltrata. La vera ascesa fu avviata con il proibizionismo. Negli speakeasy, i locali segreti in cui si consumavano alcolici e si ballava con persone dello stesso sesso, si tenevano periodicamente i pansy craze – feste drag che si diffusero velocemente fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Il proibizionismo era cessato e durante il conflitto, i pochi che potevano ancora continuare a svolgere l’arte drag si esibivano per l’esercito. 

Negli anni ’50 entrò in vigore la "Three Pieces Rule", la regola dei tre capi. Per combattere le "deviazioni psichiche e le perversioni sessuali" si impose l’obbligo di indossare almeno tre elementi appartenenti al codice d'abbigliamento previsto per il genere di appartenenza. In caso di non osservanza della norma si rischiava l’arresto finanche la detenzione aggravata dal sovraccarico di accuse per crimini inventati e accompagnata dalla pubblicazione sulle prime pagine delle testate giornalistiche dei nomi e cognomi di queste persone; queste, una volta uscite di prigione, avrebbero dovuto fare i conti con le conseguenze di un outing estorto con la forza.

Saranno proprio queste barbarie a portare, nel 1961, alla prima candidatura politica da parte di una drag: José Sarria. Fu una delle tante vittime di quelle retate; tuttavia, a differenza di molti altri che terrorizzati si arresero a una vita nell’ombra, Sarria decise di unire la propria arte alla politica. Si autoproclamò Imperatrice di San Francisco e dedicò la propria esistenza alla difesa dei diritti umani e alla lotta contro le discriminazioni e le ingiustizie. Riuscì a mettere alle strette le istituzioni che dopo un iniziale inasprimento delle sanzioni si videro costrette ad allentare la presa; i politici si ritrovarono di fronte a un fiume di persone a sostegno della causa di Sarria, un fiume di voti da cui dipendeva la prosecuzione delle loro cariche pubbliche. 

José Sarria

La lotta raggiunse il culmine nel 1969 con lo scoppio dei Moti di Stonewall a causa degli ennesimi soprusi della polizia sulle drag e sui membri della comunità LGBTQ+. Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera divennero i volti di questa ondata rivoluzionaria. La prima afroamericana, mentre la seconda era di origini portoricane e venezuelane. Non è un caso che José Sarria provenisse da una famiglia di colombiani e spagnoli. Le minoranze hanno sempre occupato le prime file di questa battaglia e a loro va attribuito il merito di straordinarie vittorie per l’intera comunità.

Johnson e Rivera

1970. Con l’inizio del decennio si perse il conto del numero di adolescenti senza fissa dimora. Cacciati dalle famiglie, visti come fonte di imbarazzo per la loro diversità rispetto alle regole della vita borghese. Diversi per poter sopravvivere in strada furono costretti a vendere droga e a prostituirsi. Molti non sopravvissero. 

Nacquero così i Drag Ball, delle vere e proprie feste suddivise in categorie tematiche dove le drag e i membri della comunità potevano dare libero sfogo alla creatività e alla propria vena artistica. Attraverso le esibizioni sperimentavano come sarebbe stata la vita per loro se avessero potuto accedere alle professioni dei loro sogni.  
Mentre sfilavano eseguivano uno stile di danza da loro inventato – il voguing – che consisteva in una serie di pose in successione, spesso acrobatiche, ispirate alle fotografie delle modelle sulle copertine. Il voguing veniva accompagnato dal lip-sync, ovvero l’interpretazione mimica annessa al playback della canzone di accompagnamento. Era diventato un vero e proprio circuito artistico all’interno del quale vi erano dinastie, re e regine. 
Le dinastie erano famiglie capeggiate dai membri anziani. Questi ultimi erano incaricati di salvare dalle strade gli adolescenti senza tetto e accoglierli all’interno della propria famiglia attribuendo loro il titolo di figli. Venivano assicurati loro pasti caldi, una casa e la libertà. Ovviamente i figli non erano costretti a seguire la strada dei Drag Ball. I capi delle dinastie venivano chiamati affettuosamente "padri" e "madri" e si assicuravano che i figli conducessero una vita sana. 
Alcune dinastie divennero molto famose come la Famiglia LaBeija, la Famiglia Ninja e la Famiglia St. Laurent. 

Il merito della nascita dei Ball e delle famiglie spetta alla celebre Flawless Sabrina, di origini ebraiche e italiane, inaugurò i primi concorsi di bellezza per drag come Miss all American beauty pageant proponendosi come madre dei concorrenti.

Flawless Sabrina

Purtroppo l’AIDS stava divorando fette sempre più grandi della comunità. Non era ancora chiara la correlazione tra la diffusione delle malattie veneree e il mancato uso di profilattici. La società additava come untore chiunque non fosse etero e la ricerca scientifica non aveva ancora individuato una cura. Negli anni ’80 molte madri delle dinastie si trovarono a dover seppellire i propri figli e a vedersi chiuse in faccia numerose porte da parte delle madri naturali dei ragazzi a seguito di lunghi viaggi attraverso gli stati per comunicare i decessi.  

Il 1990 fu un anno di svolta e di nuova ascesa per l’arte Drag. Madonna lanciò il suo nuovo singolo Vogue. Una grandiosa celebrazione dei Ball che rivitalizzò le speranze e le aspirazioni delle dinastie. Tutti coloro che precedentemente discriminavano i membri della comunità, negli anni ’90 accorrevano alla disperata ricerca di un corso di voguing

Finalmente le Drag venivano prese in considerazione e molte di loro divennero insegnanti dei corsi di voguing. E alla soglia degli anni ’00 finalmente la medicina realizzò i primi farmaci terapeutici per le malattie sessualmente trasmissibili.


2009: la RuPaul’s Hera 

RuPaul, icona della cultura pop e LGBTQ+ americana, nel 2009 crea il programma televisivo America's Next Drag Queen/ RuPaul’s Drag Race, ovvero una riproposizione sulla tv nazionale dei Ball che si erano tenuti per più di 30 anni negli scantinati fatiscenti dei palazzi. Il programma continua ad andare in onda ogni anno ancora oggi, condotto dallo stesso ideatore. RuPaul raggiunse il successo negli anni ’90 sia come drag che come cantante grazie al suo album Supermodel of the World e ad alcuni duetti con artisti già affermati come Lil Kim ed Elton John. Tuttavia, con il lancio del programma, RuPaul oggi è da ritenersi padre della comunità drag di tutto il mondo. 

Il 18 novembre 2021 è andata in onda la prima puntata della storia di Drag Race Italia. Il programma è stato condotto dalla drag queen Priscilla, dall’opinionista Tommaso Zorzi e dall’attrice Chiara Francini. Questa prima edizione è stata vinta dalla drag di Beinasco Elecktra Bionic.

E così le drag cominciano a risplendere a ritmo di uno scrosciante applauso di coloro che si sacrificarono in nome  di un futuro luminoso per l’intera comunità. 

What you think/ Quel che pensi
What you feel now/  Quel che senti
What you know/  Quello che sai
To be real/  È REALE


DRAG KING e BIO QUEEN

Come si diceva in apertura, l’arte drag non implica necessariamente un orientamento sessuale o un’identità di genere diversa da quella etero cisgender. A tal proposito è importante sapere che le drag non sono solo uomini con abiti tradizionalmente femminili. Esistono altre due tipologie: i drag king e le bio queen.

I primi sono artiste donne che indossano i panni di personaggi maschili con la stessa cifra stilistica dell’eccesso. Le seconde sono donne che interpretano ruoli femminili esasperandone i caratteri.


Kim Chi


L’INTELLIGENTE FRIVOLEZZA 

È facile pensare che uno spettacolo drag sia una divertente forma d’intrattenimento frivola, leggera. Tuttavia, quei lustrini e paillettes celano serio e duro lavoro supportato da approfonditi studi che portano l’artista ad ampliare continuamente il proprio bagaglio culturale. Chi abbraccia questa forma d’espressione deve saper canticchiare con voce stridula monologhi di satira politica, ballare sui tacchi a spillo mentre recita e interpreta versi di capolavori della letteratura, ballare Burlesque conoscendone e ricontestualizzandone le dinamiche sociali. Inoltre deve anche sapersi destreggiare tra sartoria, modellistica e tutte le attività progettuali e laboratoriali che compongono la messa in scena. Dal confezionamento dei costumi all’ideazione delle scenografie.

L’artista drag è un intellettuale e un artigiano. 

Così è se vi pare.

Pirandello definiva le maschere come frammentazioni dell’io in identità molteplici indossate in base al contesto e alla situazione sociale vissuta.


«(…)Vogliamo la comedia de la vita

rappresentar stasera.

Ho comprato una maschera di cera,
che un volto finge di donna gentil,
una parrucca che par chioma vera,
e velo nero d ‘ordito sottil.

Vedrai bel gioco!
Tu ridi, o teschio vuoto
che sciocca vita! io rido al par di te (…)».

dalla poesia La Maschera di Luigi Pirandello  


Ora che ho stimolato la vostra curiosità -spero- vi invito ad assistere a uno spettacolo drag. Vedrete che come il teschio vuoto della poesia di Pirandello, anche voi alternerete la risata all’amaro raccoglimento di riflessione. Probabilmente ogni tanto  vi sentirete chiamatə in causa e forse vivrete momenti di spaesamento. Lì, vi protrarrete in avanti alla ricerca di qualcuno dietro la maschera e allora udirete un bisbiglio tagliente: 

«Io sono colei che mi si crede» (Così è se vi pare - L.Pirandello)


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