Itinerari filosofici 1. La classicità filosofica

Di Federico Rossato

Quando si parla di filosofia, gli atteggiamenti di ricezione possibili sono due: terrore lovecraftiano per quegli agghiaccianti nomi sentiti, nonché odiati, al liceo oppure ammirazione reverenziale, quasi come si stesse parlando di manifestazioni astrali all’occhio umano. 
La verità, molto meno poeticamente stupefacente, è che quei grandi autori, da Platone a Kant passando per Wittgenstein o Tommaso d’Aquino, erano, se non sono, persone come tutte le altre, ma con all’attivo una serie di pubblicazioni tecniche rispetto a determinati campi del sapere. Certamente ci sono figure più ostiche di altre, così come scritti estremamente tecnici ed altri, al contrario, di perfetta divulgazione. 
Dunque, perché non cercare di tracciare una serie di itinerari nei boschi filosofici? Delle passeggiate in compagnia di quegli autori che hanno cambiato la storia della riflessione occidentale, veri nuclei culturali imprescindibili per chiunque voglia affacciarsi allo studio di un qualunque campo del sapere e/o dell’espressione umana. Come comprendere, infatti, Marcel Proust senza un quadro di quella corrente filosofica che è il decadentismo estetico? Come approfondirlo senza la guida d’importanti studiosi come Gilles Deleuze o Harold Bloom? Fine di questi cinque itinerari filosofici sarà trovare quei testi adatti per accompagnare il lettore in una passeggiata lungo la storia del pensiero occidentale, arrivando ad avere un quadro mentale più chiaro, o quantomeno qualche libro in biblioteca da sfoderare per far colpo, finalmente mandando in pensione Gomorra, La canzone di Achille e Il piccolo principe.

La morte di Socrate, Jacques-Louis David, 1787, olio su tela, 129,5 × 196,2 cm,
Metropolitan Museum of Art, New York

Il nostro primo itinerario attraverserà la classicità filosofica, ovvero quel periodo che s’innesta tra l’Atene di Socrate, la Roma imperiale e quel mondo di polvere, marmo e simposi, tra grandi otri di vino e fiaccole che illuminano le notti in cui si alza il vento. Parliamo di grandi nomi che, in una maniera o nell’altra, sono conosciuti pressoché a tutti. Socrate, Platone, Aristotele, Marco Aurelio, Seneca sono solo alcuni di quei personaggi che hanno plasmato l’idea della ricerca filosofica così come siamo genericamente portati a raffigurarcela, anche solo per citazioni sparse qua e là. Come dimenticare il mito degli androgini raccontato da Marina Massironi in Tre uomini ed una gamba? Oppure il Marco Aurelio interpretato da Richard Harris in Il gladiatore di Ridley Scott? Nonostante in forma alquanto idealizzata (cfr. l’immagine di una Grecia classica completamente bianca, anziché ricca di colori sgargianti ovunque), tutte queste figure ci parlano ancora da vicino. Ma come affrontare un percorso di lettura in questo periodo storico?

Innanzitutto, eliminiamo dalla rosa di possibili letture i presocratici, ovvero tutta quella manica di autori vissuti prima della figura di Socrate. Oltre ad esserci poche edizioni in commercio (nonché spesso molto costose per il lettore medio), questi figuri non hanno avuto modo di lasciarci veri e propri scritti, ma piuttosto dei frammenti che gli studiosi sono riusciti a ricomporre, ammesso e non concesso si finisca nella terribile situazione in cui non dovessimo avere neanche questi, attraccando sui lidi della trattazione stilizzata di qualche buona anima che s’è dannata per stilare una qualche forma di dossografia (cfr. Aristotele ed il suo recap degli autori prima di lui all’interno della Metafisica, della Fisica o l’intero primo libro del De anima). Vuol dire che non sia interessante leggere Democrito? Nella maniera più assoluta! Figure come quella di Eraclito non possono che esercitare una qualche forma di fascino sul lettore, ma è anche innegabile come siano molto ostici da affrontare, soprattutto se a digiuno di letture di settore. 

Democritus, Antoine Coypel, 1692, olio su tela, 69x57 cm, Museo del Louvre, Parigi




Perché non leggere qualcosa di Socrate, allora? Semplicemente perché non ha mai scritto nulla! Non sappiamo nulla di prima mano rispetto a Socrate, bensì dobbiamo rifarci a figure a lui vicine e coeve per tratteggiarne una qualche figura. Questo ci permette d’entrare a contatto con il primo autore raccomandato: Platone. Allievo dell’uomo dalla barba più brutta di Atene, Platone è uno dei giganti della storia, non solo filosofica, occidentale. Tra filosofi c’è una battuta che viene tirata fuori di tanto in tanto quando si vuole scherzare e fare un po’ di sano riduzionismo, ovvero che la storia della filosofia occidentale sia solo un commento a piè pagina alle opere di Platone. Ma da cosa iniziare? Le possibilità sono due: il Critone e/o il Fedone

La scuola di Atene, Raffaello Sanzio, 1509-1511, affresco, 500×770 cm, Musei Vaticani, Città del Vaticano

Il Critone, primo testo qua citato, ci ricorda il perché un cittadino non dovrebbe sfuggire all’osservanza della legge (sia che ci si chiami Socrate, Silvio Berlusconi o Matteo Salvini). Infatti, non è dell’opinione del popolo che ci si deve curare eccessivamente, bensì di quella del saggio, il quale agisce virtuosamente sulla base della propria conoscenza stabile di ciò che è il giusto. 
Platone, però, si lancia persino più in là, volendo non solo rendere vivido il messaggio del maestro, ma cercando di dargli una forza evocativa inedita. Le leggi, infatti, vengono rese come enti viventi attraverso una straordinaria prosopopea che non può lasciare indifferenti. Le leggi, infatti, sicuramente criticherebbero ed accuserebbero Socrate se questi scappasse lontano da Atene per paura della propria condanna a morte. Le leggi, quasi come dei genitori per lui così come per gli uomini, hanno garantito alla sua vita un sistema di controllo cui affidarsi nelle questioni prettamente civili, ergo trasgredirle implicherebbe quasi ricusare l’ordine che la sua vita ha avuto, cosa spiacevole soprattutto considerando come le leggi terrene siano sorelle di quelle dell’aldilà e farsi presentare come vili ignoranti del Bene sarebbe alquanto spiacevole. 
Delle tante edizioni sul mercato, le due consigliate maggiormente da chi scrive sono quelle di Einaudi e Laterza. Entrambe hanno il testo greco a fronte e sono curate da figure di grande fama nel panorama italiano (Valgimigli per Laterza e Bruno Centrone per Einaudi). 

Copertina Eutifrone-Apologia di Socrate-Critone, edizione Einaudi

Il Fedone, invece, è un must have per chiunque sia interessato all’uomo. Non perché sia un trattato di anatomia, bensì perché porta avanti tanto un discorso sull’immortalità dell’anima, la morte e come sia più corretto approcciarcisi quanto un carico emotivo difficile da evitare. La morte di Socrate, infatti, sancisce una cesura lungo la storia della filosofia, creando un prima ed un dopo rispetto a quello che Annalisa Ambrosio chiama «un dolore che cambia il mondo» (cfr. Platone. Un dolore che cambia il mondo edito da Bompiani). C’è una cosa molto curiosa da dire rispetto alla morte di questo Cristo laico della storia della filosofia occidentale. La scena descritta da Platone, infatti, non è affatto tragica: l'intero dialogo platonico ha dimostrato che all'uomo buono, il quale ha esercitato la filosofia per tutta la vita, non può succedere nulla di male né in vita, né in punto di morte. Il Fedone, in soldoni, non si presenta come una tragedia, ma come un superamento di questa. L’edizione di riferimento, in questo caso, è quella edita dalla Piccola Biblioteca Einaudi a cura di Franco Trabattoni e tradotto da Stefano Martinelli Tempesa. Impossibile, quando si parla di questo capolavoro, non citare il suo celebre epilogo:

«L’addome era già quasi freddo. Allora si scoprì la faccia – s’era già coperto – e parlò. Furono le ultime parole: "Ah, Critone, abbiamo un debito con Asclepio; un gallo. Pagateglielo, non dimenticatevi".
"Sarà fatto: vedi se devi dirci altro" replicò Critone.
A questa domanda di Critone non rispose più. Ci fu un momento, una sospensione. Si scosse. Allora l’uomo lo svelò. Immobile, occhi sbarrati. Critone capì. Gli compose la bocca, gli occhi.
Così ci è morto il nostro amico fedele, caro Echecrate: l’uomo più perfetto conosciuto a quei tempi. Lo potremmo giurare. E non basta: il più cosciente e retto»

Platone, però, non basta per rendere appieno la portata di un periodo così ricco, soprattutto quando a contraltare c’è Aristotele. 

Ritratto di Aristotele, conservato a Palazzo Altaemps, Roma. Marmo, copia romana di un originale greco di Lisippo (330 a.C. ca.); il mantello in alabastro è un'aggiunta moderna. Dalla collezione Ludovisi.

Così come per Platone sarebbero da evitare i testi più complessi quali il Gorgia, il Teeteto o la Repubblica, poiché fin troppo ostici per un novizio del campo, così per lo Stagirita bisognerebbe evitare la Metafisica o l’Organon, testi difficili persino per chi naviga in queste acque giorno e notte da anni. 
Molto più accessibile, invece, è la Poetica
Un consiglio di lettura sarebbe evitare di leggerla pensando che ci stia parlando esclusivamente della tragedia classica, bensì optare per uno sguardo più ampio, vedendo come Aristotele ci stesse parlando già dei romanzi gialli, dei film western e di tutte queste produzioni. Il maestro di Alessandro Magno aveva già capito quello che pressoché duemila anni dopo avrebbero colto i mastodontici Alfred Hitchcock o John Ford, senza citare i contemporanei come Bong Joon-ho o Park Chan-wook. Per questo libro, le edizioni consigliate sono o quella edita dalla Piccola Biblioteca Einaudi, a cura di Pierluigi Donini, oppure quella edita da UTET, a cura di Marcello Zanatta. 

Chiudiamo questa carrellata di consigli letterari con un autore non più greco, bensì romano de Roma, di quelli che si fanno du’ spaghi e conoscono il segreto del cognome di Totti: Seneca.

Il suicidio di Seneca, Manuel Dominguez Sanchez, 1871, olio su tela, Museo del Prado, Spagna

Autore celebre pressoché a chiunque, il consiglio di lettura, in questo caso, consiste nelle sue Lettere morali a Lucilio. Non ci si aspetti una paternale all’interno di queste lettere, sia ben inteso: all’interno di quelle lettere, infatti, troviamo il profilo di un uomo che è sì maestro, ma è ancor di più allievo del proprio mondo. Non troviamo solo consigli su come vivere virtuosamente, ma anche e soprattutto punti che possono risuonare vicini alla nostra sensibilità. Per cogliere la portata della riflessione senecana basterebbe quasi una sola citazione: «Quomodo fabula, sic vita: non quam diu, sed quam bene acta sit, refert», ovvero «Come una commedia, così è la vita: non quanto è lunga, ma quanto bene è recitata, è ciò che importa». L’edizione di riferimento, in questo caso, è quella edita dalla Biblioteca Universale Rizzoli, a cura di Giuseppe Monti e l’introduzione di Luigi Canali. 

Sperando sia stata una passeggiata piacevole, non rimane che fermarsi in un pub alle pendici di un passo alpino e salutarsi, dandosi appuntamento per quella strana abazia abbarbicata sulla cima di un cucuzzolo innevato. Perché un luogo così singolare? Perché la prossima passeggiata sarà in compagnia dei grandi geni medievali.

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