Di Elena Di Ruvo
Attenzione: la recensione contiene spoiler dal film.
Di trasposizioni cinematografiche dell’Amleto ne abbiamo a profusione: come dimenticare la splendida versione di Kenneth Branagh del 1996 o quella di Franco Zeffirelli di sei anni prima?
Questa nuova versione, diretta da Robert Eggers, non si discosta troppo dalla trama di Shakespeare; un’ambientazione prettamente vichinga sa rendere il prodotto decisamente accattivante e suggestivo. Quello che risalta dalla visione del film, infatti, sono le località crude e spoglie dei villaggi scandinavi in cui il protagonista in esilio, Amleth (Alexander Skarsgård), si imbatte durante il suo viaggio per uccidere lo zio Fjölnir (Claes Bang) per aver assassinato il padre, re Aurvandill (Ethan Hawke), in un’imboscata. La figura della regina madre, Gudrún (Nicole Kidman), fa da collante all’intento del figlio di ripristinare lo status quo, così da porre fine agli orrori dello zio e conquistare il trono che gli spetta. Principale aiutante di Amleth è Olga (Anya Taylor-Joy), una schiava e maga slava con cui si allea, nella prospettiva di fuggire insieme. I due diventano così il principale ostacolo di Fjölnir, per mezzo di omicidi e depistaggi nel villaggio favoriti dalle divinità - in particolare, le valchirie e i corvi mandati da Odino per proteggere Amleth.
Fonte: Universal Pictures Italia |
La base norrena è sicuramente un fattore curioso nel panorama delle trasposizioni cinematografiche della tragedia; dal punto di origine (l’ambientazione shakespeariana in Danimarca), il focus si allarga per esplorare isole e villaggi più remoti. Di conseguenza è chiaro che, avendo a che fare con una storia vichinga, gli elementi magici si sprechino: l’offerta spazia tra miti, religioni, superstizioni, tutto ciò che riguarda la cultura vichinga nella Scandinavia del X secolo. Il voler vendicare il padre, portando onore alla famiglia e al buon nome della sua stirpe, sprona Amleth a perseguitare lo zio per anni, vedendo nell’ascesa al Valhalla la ricompensa per quella che si rivelerà una disfatta totale: entrambi zio e nipote, infatti, moriranno nello scontro finale nel vulcano Hel - con una serie di inquadrature, tra l’altro, che ricordano parecchio il combattimento finale tra Scar e Simba ne Il Re Leone (n.d.r.: altro film ispirato alla tragedia Amleto).
La descrizione visiva così truce degli eventi, come la caratterizzazione dei personaggi principali, tradisce il lirismo usato da Shakespeare, avvicinando il film sensibilmente a quella che poteva essere la realtà dei conquistatori all’epoca; non si risparmiano scene di efferata violenza e le possessioni del protagonista, segnali del suo rito di passaggio da giovane principe a schiavo a uomo dannato. La messinscena generale, i costumi e l’uso dei colori esprime in maniera efficace questi punti, restituendo allo spettatore tutta l’asprezza nei toni e nei caratteri dei singoli personaggi.
Fonte: Universal Pictures Italia |
Il film, dal canto suo, cerca di stare al passo con la modernità delle tematiche portate nel cinema contemporaneo, mostrando il classico plot twist finale: la madre si rivela una pazza cospiratrice, che fu costretta a sposare Aurvandill solo per convenienza e partorì Amleth come risultato di una violenza. Questa scelta registica potrebbe rispondere all’intenzione di dipingere la donna come moderna ed emancipata, come spesso ormai accade in molti film storici; una donna che vuole - e sa - prendere in mano la propria vita per ribellarsi ad un sistema patriarcale in cui non riesce a identificarsi. In effetti, perpetrare un simile tema come totem costante nel cinema contemporaneo, alla lunga diventa stagnante, rischiando di privare il prodotto di inventiva. Eppure, per assurdo, l’idea dell’ emancipazione non contraddice lo spirito del personaggio di Gudrún, la cui follia è perfettamente bilanciata rispetto alla sua condizione di donna-schiava. La pazzia della regina, infatti, non sembra il frutto di una reazione ad una situazione scatenante, quanto piuttosto un tratto caratteristico della sua persona. Il matrimonio combinato con Aurvandill ha solo acceso la miccia. Questa caratteristica permette di avvicinare il personaggio ad un altro di matrice shakespeariana, che è lady Macbeth; come lei, anche Gudrún pagherà per la sua follia, venendo uccisa insieme al fratellastro di Amleth, Gunnar.
Fonte: Universal Pictures Italia |
In conclusione, questo nuovo Amleto si muove su frequenze d’onda molto particolari, che un amante del mito norreno sicuramente sa apprezzare; per i più “profani”, è comunque una buona occasione per esplorare un nuovo modo di narrare la storia arcinota del principe dannato, sotto una luce che valorizzi certi aspetti piuttosto che altri, dalla prospettiva di personaggi intrecciati tra loro dal filo comune dell’aldilà.
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