Baroque Heart Mother: Plautilla Bricci

Di Alma Taormina

Questa storia nasce con una premessa: non prendiamo questo racconto e questa figura rileggendo l’arte del Seicento in ottica femminista, come se fossimo nel Novecento. I personaggi che vedremo erano figli dei loro tempi, vivendo in una società diversa e con ideali diversi. Non si vuole di certo negare il valore dei gender studies nel campo storico artistico, ma invitare invece ad approcciarsi con l’occhio critico dello storico.

Pittore attivo a Roma nel terzo quarto del XVII secolo, Ritratto di architettrice (Plautilla Bricci?)

Il 13 agosto 1616 nasce a Roma, dal genovese Giovanni Bricci e dalla napoletana Chiara Recupito, Plautilla. Seconda figlia della coppia, lei e il suo fratello minore Basilio fin da piccoli vennero educati dal padre, artista tout court, al mestiere della pittura.
Il panorama fuori dalla finestra dei Bricci era quello di una Roma nuova, che sotto al regno di Urbano VIII Barberini (papa filofrancese, teniamo a mente questo dettaglio), vedeva una nuova stagione di mecenatismo artistico. Proprio nel primo Seicento tre figure in particolare si presentano come le vere e proprie star dell’arte italiana: Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona. Rispettivamente, scultore, architetto e pittore. Di questi tre, l’influenza e la fama di Bernini è sicuramente quella che è giunta integra ai giorni nostri. Il Barocco non sarebbe stato lo stesso senza di lui, ma neanche senza le volte affrescate di Cortona o le facciate delle chiese curvilinee di Borromini.
La presenza di questi mostri sacri dell’arte moderna sicuramente ha influenzato Plautilla, in particolare Bernini.

Plautilla ebbe il suo debutto artistico con la Madonna del Carmelo (1640), una Madonna col Bambino che divenne celebre perché, pare, fosse stata completata dalla Madonna in quanto Plautilla fosse vergine. Gli storici hanno ovviamente messo in dubbio questa storia, raccontata da un foglio sul retro della tela (insieme alla firma “Plautilla Briccia Romana Ping.”), e ipotizzano che se davvero l’opera fosse stata completata da una seconda mano allora sarebbe stata quella del padre Giovanni, nella speranza che la storia del miracolo garantisse alla figlia una carriera futura. Oggi il quadro è conservato a Santa Maria in Montesanto, e sono state fissate due corone metalliche sul bambino e Maria.

Plautilla Bricci, Madonna del Carmelo, olio su tela, 1640 ca.

La Roma dei papi nel Seicento era, infatti, piena di artisti che cercavano di avere il loro momento di gloria, cercando un valido mecenate. Nel caso di Plautilla Bricci, l’aiuto arrivò da Elpidio Benedetti, abate e segretario del cardinal Mazzarino quando quest’ultimo si legò alla corona francese, prima al servizio di Luigi XIII e poi di Luigi XIV.
L’abate Benedetti, originario di Poggio Mirteto, delegò le commissioni date da Mazzarino, come la sua tomba in Francia e la nuova scalinata di Piazza di Spagna, a Plautilla. La giovane artista, quindi, ebbe modo di lavorare fin da subito per un alto esponente del clero, anche se attraverso il suo segretario.
Nel frattempo, Plautilla e il fratello Basilio erano entrati ufficialmente nella Accademia di San Luca, nel 1654: si trattava della più importante istituzione artistica in Roma, e il cui titolo di membro era garanzia per gli artisti e per i loro mecenati.

L’abate Benedetti fu però il committente di quella che è l’architettura più famosa di Plautilla giunta fino a noi: la Villa del Vascello (1663-1665), sul Gianicolo. Quella che doveva sembrare una semplice villa romana sui colli, come molte costruite tra Cinquecento e Seicento, divenne una prova del talento dell’artista e dell’ambizione dell’abate. La struttura venne infatti modificata perché sembrasse dall’ingresso un vascello che puntasse verso San Pietro, e la pietra sottostante venne scolpita come se fosse uno scoglio (imitando la Fontana dei Quattro Fiumi di Bernini).
La Villa però venne distrutta nel 1849, durante l’assedio francese alla Repubblica romana, durante la stagione rivoluzionaria del 1848. Era infatti la base da cui il comandante Giacomo Medici dirigeva i suoi uomini dal Gianicolo, per evitare che entrassero in città. Medici, dopo l’Unità d’Italia, venne nominato Marchese del Vascello e la villa passò in sua proprietà.

Sopra: Disegno della facciata del Vascello
Sotto: Domenico Amici (1808-1877), da Carlo Werner (1808-1894), Il Vascello distrutto, 1858, acquaforte e bulino su carta

La maternità del progetto ci viene confermata dal notaio che scrisse i versi da incidere su una lastra di bronzo che andava posta nelle fondamenta, e che fortunatamente riportò tra le sue carte: «Jani templo / proper bellum inter quirites et gallo / reserato / Elpidius abbas de benedectis romanus / in gallis degens / domun in urbis janiculo quieti extruxit / Plautilla Briccia / architectura et pictura celebris / primum lapidem posuit / anno salutis MDCLXIII».
D’altronde, la stessa Plautilla Bricci coniò il termine “architettrice”, firmandosi così nel contratto con le maestranze prima dell’avvio del cantiere sul Gianicolo.

Le opere pittoriche più importanti di Plautilla Bricci giunte fino a noi sono poche. Due sono conservate a Poggio Mirteto, sempre su commissione di Elpidio Benedetti: lo Stendardo della Compagnia della Misericordia raffigurante la nascita e il martirio di San Giovanni Battista (1675) e la Madonna del Rosario coi santi Domenico e Liborio (1683-87). Inoltre, l’artista realizzò la lunetta intitolata Un angelo offre il Sacro Cuore di Gesù al Padre Eterno (1669-74), oggi conservata ai Musei Vaticani ma in origina pensata per la sacrestia di San Giovanni in Laterano.

L’intervento più memorabile di Plautilla Bricci dopo la Villa Benedetti, tuttavia, è la Cappella di San Luigi IX, nella chiesa nazionale di Francia a Roma (chiamata, guarda caso, San Luigi dei Francesi). Questa cappella, commissionata da Elpidio Benedetti molto avanti con la volontà di avvicinarsi di più a Luigi XIV, prese ispirazione dalla più famosa Cappella Cornaro di Bernini, dove si vede in azione una macchina di luce con lo scopo di illuminare la scena. Bricci ideò un grande sipario blu coi gigli dorati (richiamo ai reali di Francia) che introduceva in una cappella dove, sull’altare, era posta una pala sempre realizzata da Plautilla: San Luigi IX di Francia tra la Storia e la Fede (1680), firmata dall'artista con "Plautilla Briccia Romana Invenit", al posto di "fecit", per rivendicare la maternità del disegno, come i grandi maestri.

Plautilla Bricci, San Luigi IX tra la Storia e la Fede (1676-80, olio su tela)

Al di fuori di Bernini, Plautilla Bricci sentì le influenze di Poussin e del Cavalier d’Arpino, generando una commistione che si allineò a quella di molti pittori romani che cercavano di adeguarsi alle novità barocche. Ma non dobbiamo farci trarre in inganno: Plautilla non fu l’unica pittrice o architettrice in Italia durante il Seicento. I nomi di donne che ebbero l’opportunità di imparare il mestiere dell’artista potrebbe sembrare esiguo rispetto ai secoli a seguire, ma dobbiamo tenere conto di una serie di elementi.
Il primo è che la società dell’epoca non era particolarmente aperta al vedere le donne impegnate in attività creative, con l’unica eccezione dei passatempi per le dame di corte, e anche in quei casi erano proibiti gli studi di nudi e dal vivo. Un secondo punto da considerare è che l’educazione artistica spesso partiva da casa, perché il padre spesso vedeva nella figlia una possibile erede dell’attività di famiglia, come nel caso di Artemisia Gentileschi.
Infine, non dobbiamo rileggere questa intera storia cercandone qualche forma di stravolgimento a favore di una narrazione piuttosto che di un’altra. Era un altro periodo storico, la società, le persone e la cultura erano plasmati diversamente. A poco serve fare la morale a gente ormai divenuta fertilizzante.
Piuttosto, si può imparare qualcosa, come la nipote di un materassaio genovese che riuscì, grazie al padre artista a tutto tondo, a lasciare il suo segno sulla Città Eterna.

Un paio di testi per approfondire: 
-L’Architettrice, Melania G. Mazzucco, Einaudi
-Plautilla Bricci. Pictura et Architectura Celebris. L’architettrice del Barocco Romano, Consuelo Lollobrigida, Gangemi Editore

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