Un giorno del giudizio e un angelo con la spada: Carrie White e Stephen King

Di Fhe Pacifico

‹‹Gesù Cristo mi guarda là dal muro
Ma la sua faccia è fredda come pietra
E se mi ama
Come lei dice
Perché mi sento così sola e infelice?›› (1)

Stephen Edwin King è uno degli scrittori più famosi al mondo e può essere considerato uno dei migliori dell’ultimo secolo. Originario del Maine, l’autore statunitense è conosciuto per opere come It, Il miglio verde, Misery e Shining, ma da dove nasce il re dell’orrore? Per il suo settantacinquesimo compleanno, l’articolo sarà dedicato alle sue origini e in particolare ad una delle più sanguinolenti vendette che la storia della nostra letteratura e del nostro cinema hanno avuto l’opportunità di assaporare: Carrie.

Dal film Carrie-Lo sguardo di Satana (1976)

STEPHEN KING E LA PAURA DI UNA SOCIETÀ IMPERFETTA

‹‹Forse la più fraintesa opinione di chi non ha mai letto King o visto dei film adattati dai suoi lavori è che manca una sufficiente base morale che contrappone l’umano alla cattiveria del soprannaturale che l’immaginazione popolare associa con la sua arte›› (2). Ma in ogni singolo libro di Stephen King si può notare come il suo obiettivo sia quello di sfruttare le paure della società, dando vita a racconti moralisti e mettendo in luce la comunità conservatrice nella quale viviamo. La maggior parte dei libri di Stephen King hanno al centro delle proprie storie persone perfette, famiglie da “Mulino Bianco” e cittadine di periferia rappresentanti del sogno americano, quartieri tranquilli che ti permettono di dormire con entrambi gli occhi chiusi la notte, mentre la porta non solo è aperta, ma è spalancata. Stephen King prende tutto ciò e lo distrugge, guardando con una lente di ingrandimento le fratture che intersecano il sogno americano. 

Nella sua opera di esordio, Carrie, Stephen King mette in scena ciò che lo renderà famoso. Il libro, come i suoi successivi, sono una denuncia ad una società imperfetta, mettendo sotto gli occhi di tutti il prefisso “im” che nella nostra mente esiste, ma contemporaneamente, per sentirci meglio con noi stessɘ, nascondiamo. 
Al centro dell’opera vi è una cittadina di periferia, Chamberlain nel Maine, dove chiunque si conosce, chiunque ha dei segreti, e chiunque rientra in quello standard di imperfetta-perfezione accettata dalla società, quella costante visione in cui chiunque sa cosa succede dietro le tende di ogni casa, i peccati che ne hanno dimora, ma a nessuno interessa. Il vero palcoscenico della prima opera del re dell’orrore è ben altro, il luogo della crescita, il luogo del sapere, il luogo per la creazione della propria identità: il luogo nel quale dolci bambinɘ diventano mostri assetati della disperazione dei più deboli. Stephen King sceglie la scuola per criticare la società statunitense nella quale vive. La scuola americana, il distruttore del “sogno americano”, il tassello centrale nel puzzle delle problematiche statunitensi. King sceglie la scuola non solo per denunciare un fenomeno ancora, purtroppo, diffuso, centinaia di morti uccisi nelle scuole, ma denuncia anche tutte quelle persone che vengono distrutte da un sistema che non solo non li vede, ma non li vuole ascoltare. Carrie diventa così un urlo per tutte quelle persone la cui scuola è sinonimo di ansia, attacchi di panico, bullismo, suicidio. La storia di Carrie White non è solo una semplice storia dell’orrore, bensì ci troviamo di fronte ad ‹‹un terribile Gesù di sangue e di giustizia›› (3): il desiderio viscerale del “diverso” di esistere.

Dal film Carrie-Lo sguardo di Satana (1976)

Il contatto con la realtà di Stephen King non si connette solamente parlando delle problematiche che divagano nella nostra società, ma si riferiscono anche alla rappresentazione di persone reali. Ciò vale anche per il suo primo libro, King trae le basi del personaggio di Carrie da due persone, due ragazze che nell’articolo per il The Guardian - Stephen King: How I wrote Carrie - chiama Tina White e Sandra Irving. ‹‹Prima che avessi completato due pagine, i miei fantasmi cominciarono a intromettersi; i fantasmi di due ragazze, entrambe morte, che alla fine si unirono per diventare Carrie White›› (4). La storia d’orrore che macchia le scuole statunitensi e rappresentante della sofferenza di migliaia di adolescenti, deriva direttamente da storie vere, storie di ragazze che, come Carrie, sono state bombardate dal bullismo e dalla sofferenza. Il tutto rende perfettamente l’obiettivo di King: dare una voce a chi, in questo Paese, una voce non ne ha.

Carrie ci viene raccontato attraverso frammenti, parti di diari, giornali, interviste, telegiornali, racconti di altre persone. Le elevate capacità del re dell’orrore sono visibile proprio attraverso ciò. Una singola scelta, che cambia drasticamente il senso della storia. Stephen King avrebbe potuto parlarci della storia di Carrie White in qualsiasi modo, ma sceglie di spezzettare gli avvenimenti e di far parlare qualcun altro, perché come nella vita, anche nella morte Carrie White non è nessuno. Carrie White non ha diritto di parola. Carrie White non è nessuno. Le hanno distrutto così tanto la vita da spezzettarla in mille pezzi. Non a caso l’ultimo documento presentato nel libro è un estratto della pagina 98 di Il mio nome è Susan Snell, un fittizio libro nel quale una delle poche sopravvissute – e una delle ragazze che ha bullizzato Carrie – parla di quello che ha vissuto. Ancora una volta King mette in scena la realtà. Nel libro la vittima è Carrie. Carrie è stata picchiata dalla madre, costretta a crescere sotto torture fisiche e psicologiche, rinchiusa in uno sgabuzzino per ore. A scuola, la situazione peggiorava, tra insegnanti e compagni di classe, le sue sofferenze aumentavano ancora di più. Ma più scorrono le pagine e più ciò svanisce. Il sangue buttato addosso a Carrie, il continuo bullismo, l’essere stata bombardata con degli assorbenti, ogni singolo atto alla quale è stata sottoposta è svanito. Rimane Sue la vittima, Sue e chiunque altro ha gradito ridicolizzare Carrie.

CARRIE AL CINEMA

Sin dalla sua pubblicazione, moltissimi studios furono interessanti alla possibile produzione di un film. I diritti vennero acquistati dall’United Artists, portando alla nascita di un cavallo oscuro: un cast di sconosciuti, basato sul romanzo di uno scrittore non famoso e diretto da un regista di talento relativamente non ancora nato. ‹‹I dirigenti dell’United Artists limitarono il budget di Carrie a un modesto 1,8 milioni di dollari […] e rimasero sbalorditi dal suo successo; nessuno allo studio aveva previsto l’insaziabile volontà nazionale di essere spaventati senza senso. Carrie fruttò ai produttori 15 milioni di dollari netti›› (5). Il film divenne un clamoroso successo critico e commerciale, portando alla ribalta sia le due attrici protagoniste, le quali furono nominate per diversi premi, tra cui i quarantanovesimi Academy Awards®, il premio alla miglior attrice a Sissy Spacek (Carrie White) e il premio alla miglior attrice non protagonista Piper Laurie (Margaret White), sia al regista Brian De Palma e allo scrittore Stephen King. ‹‹Non è perciò un paradosso affermare che sia proprio il film di De Palma a inserire ufficialmente Carrie il romanzo di King, e di conseguenza il suo autore, nel circuito del genere horror›› (6). ‹‹Da quel romanzo di debutto nel 1974, è diventato uno degli autori più adattati del cinema e uno degli scrittori più venduti al mondo›› (7).

Anche il regista Brian de Palma raggiunse il successo con Carrie. ‹‹Egli aveva realizzato dei cortometraggi mentre studiava fisica all’università›› (8).  ‹‹Aveva ricevuto molta attenzione per i suoi primi sforzi comici, Greetings (1968) e Hi, mom (1970), ma doveva ancora sviluppare lo stile che gli avrebbe fatto guadagnare la reputazione di essere un regista di suspense›› (9).  Fu con Carrie che De Palma ottenne il suo successo, riuscendo a realizzare ciò che non aveva conseguito nei suoi progetti precedenti. 

‹‹La Carrie di Brian de Palma inizia un ciclo di film di commedie adolescenziali – Animal House (1978), Porky’s (1981), Fast Times at Ridgemont High (1982) – che celebrano il disgusto fisico, il corpo fuori controllo degli adolescenti. […] Ma Carrie inizia anche un ciclo di film horror adolescenziali con il corpo dell'adolescente sotto assalto violento in film come Halloween (1978), Friday the 13th (1980) e Nightmare on Elm Street (1984). […] È un film che gestisce la creazione di una tensione drammatica tra lo humor e l’orrore, anche se l’aspetto horror eventualmente finisce per dominare lo schermo›› (10). ‹‹ L’orrore è il canale che favorisce la creazione e l’uso di metafore forti ed esasperate relative alla società nel suo senso più ampio›› (11). ‹‹Per realizzare ciò, il regista Brian de Palma e lo sceneggiatore Lawrence D. Cohen abbandonano la struttura pseudo-documentaria del romanzo, incentrandosi su tutti gli eventi che hanno portato al ballo di fine anno e alla fine della breve vita di Carrie White. De Palma ne ha ampliato la portata posizionandolo come un racconto morale religioso che affronta il bigottismo, la pressione dei coetanei e il bullismo che si possono trovare in qualsiasi scuola superiore›› (12).

Importante è anche la scelta di De Palma di concludere il film con Carrie che tenta di prendere la mano di Sue Snell, l’unica sopravvissuta alla strage, diversamente dal libro e dagli adattamenti successivi. Questa decisione distintiva rispetto al film sottolinea che, nonostante i tentativi di redenzione della ragazza, Sue continua ad essere una delle tormentatrici impunite di Carrie. De Palma lascia allo spettatore l'ardua sentenza, facendo rimanere quel retrogusto amaro che permette di assaporare la vita desolata dei personaggi e della storia nel suo complesso.

Dal film Carrie-Lo sguardo di Satana (1976)

‹‹LA MAMMA NON DICEVA CHE CI SAREBBE STATO UN GIORNO DEL GIUDIZIO E UN ANGELO CON LA SPADA?›› (13)

Carrie rimarrà continuamente ‹‹l’eterno capro espiatorio, sempre derisa per colpa della  tristezza dei vestiti e perché lei è “diversa dagli altri bambini”, Carrie è vittimizzata sia dai suoi compagni di classe che da sua madre›› (14). Nel romanzo di Stephen King continua ad essere considerata un mostro, il demone di cui sua madre aveva paura. ‹‹Tutti mi odiano e non la finiranno mai. Non si stuferanno mai›› (15). Come in vita, anche in morte, Carrie non sarà nessuno, sarà la persona a cui dare la colpa per i propri problemi, sarà il nome di tutti i problemi che si vivono a Chamberlain. Ma come nella cittadina del Maine in Stephen King, anche nella realtà ogni Carrie è solo una facciata, una scusante per lavarsi le mani, consapevoli che la responsabilità è propria, di ogni singola persona. La responsabilità è di Miss Desjardin, Sue Snell, Margaret White, Christine Hargensen, Tommy Ross, Billy Nolan, Stella Horan. Ogni persona presentata nel libro o nel film ha dipinto uno dei quadri del museo delle sofferenze di Carrie White.

Scena dal film Carrie-Lo sguardo di Satana (1976)

La bellezza del libro e del film è proprio qui, Stephen King – e dietro di lui Brian de Palma – non ha paura di sottolineare il suo pensiero e additare la società meschina nella quale vive. Una società che durante le pulizie di primavera nasconde sotto il tappeto la sporcizia, con la quale conviverà per sempre, ma, almeno, è nascosta dalla sua vista. Le sofferenze di Carrie White come una muffa fanno marcire la società che cerca di sbarazzarsi del suo ricordo, ed è per questa ragione che, in onore del compleanno di Stephen King penso sia giusto parlare di ciò. Come per il 1974 o il 1976, rispettivamente l’anno della pubblicazione del libro e dell’uscita del film, o per il 1979, l’ultimo anno di vita di Carrie White; anche oggi sembra che nulla sia cambiato. 

Viviamo in un periodo nel quale, nonostante le prove, la crisi climatica non viene presa sul serio, considerata una frottola. Viviamo in un periodo nel quale, se qualcuno ci implora di aiutarlo facciamo finta di star telefonando. Viviamo in un periodo nel quale, se qualcuno denuncia o dice di aver subito violenze, il nostro primo pensiero è che stanno mentendo. Viviamo in un periodo nel quale, nonostante la gente venga picchiata, ammazzata, brutalizzata, insultata per il proprio orientamento sessuale, la propria religione, il proprio aspetto, il colore della propria pelle, la propria identità di genere o le proprie origini diciamo che in realtà sono tutte frottole e che nulla di ciò esiste. Ho deciso di parlare oggi di questo libro, perché proprio come quarantotto anni fa, nulla è cambiato e al nostro fianco – o noi stessɘ – proprio come Carrie White siamo state sommerse dalla solitudine e dall’indifferenza.


BIBLIOGRAFIA

(1) King Stephen, Carrie, Firenze, Giunti Editore, 2019, pagina 67.
(2) Magistrale Tony, Hollywood’s Stephen King, New York, Palgrave Macmillan, 2003, pagina 23.
(3) Cfr nota 1, pagina 26
(4) King Stephen, Stephen King: How I wrote Carrie, The Guardian
(5) Horsting Jessie, Stephen King at the movies, New York, Starlog Press, 1986, pagina 12.
(6) Fichera Francesca, La transmedialità tra generi narrativi e dimensione autoriale. Il caso Stephen King in Frezza Gino, Brancato Sergio, Pastore Sara, Tirino Mario, Di Paola Lorenzo, Leonzi Silvia et al., Indistinti confini: transmedialità nei processi culturali e comunicativi, Roma, Casa Editrice Sapienza, 2013, pagina 165.
(7) Jones Alan, The rough guide to horror movies, New York, Penguin Group, 2005, pagina 74.
(8) Ivi, pagina 181.
(9) Cfr nota 5, pagina 16.
(10) Cfr nota 2, pagine 24-25.
(11) Cfr nota 6
(12) Cfr nota 7, pagina 73.
(13) Cfr nota 1, pagina 25
(14) Cfr nota 2, pagine 23-24.
(15) Cfr nota 13

Commenti