L'immensità: uno sguardo su un microcosmo famigliare

Di Sara Lodi

Un angolo di guancia, uno scorcio di labbra e alcuni secondi di occhi: la telecamera indugia su questi particolari all’inizio del film L’immensità. Alcuni istanti di incertezza rispetto all’identità della persona inquadrata lasciano infine lo spazio alla protagonista Clara, interpretata da Penelope Cruz, sapientemente truccata e acconciata in perfetto stile anni Settanta: pesante eye-liner nero sugli occhi e matita nera nella rima inferiore. Eppure, l’aspetto così curato non è sufficiente a camuffare una malcelata stanchezza, che la figlia maggiore, Adriana, detta “Adri”, subito smaschera. Adri, infatti, entra in cucina, e, piantandole addosso due occhi inquisitori, rivolge alla madre queste parole: “Di solito, quando ti trucchi, o esci o hai pianto”. Ecco che con questa frase cominciano ad aleggiare i molti sottintesi che si espliciteranno via via nel corso del film. 

Credits: Angelo Turetta

L’immensità è un film del 2022 diretto da Emanuele Crialese e ambientato a Roma negli anni ’70. L’intero fulcro delle dinamiche è la famiglia di Clara e Felice Borghetti, i quali hanno tre figli: Adriana, Gino e Diana. Il loro è un matrimonio infelice e disfunzionale, a tal punto da sfociare in violenza domestica. Emblematica la scena in cui i due coniugi si recano a dormire e Adri si intrufola nella loro stanza strisciando fin sotto il letto. Felice vorrebbe avere un rapporto con sua moglie ma lei si rifiuta con chiari e ripetuti “no”. A quel punto, Adriana rompe il suo silenzio invisibile, gridando a sua volta “no”. Tuttavia, questa è solo una delle scene in cui Clara subisce violenza. Un’altra è quando riceve delle sberle dal marito, dopo avergli confessato di sapere che lui ha messo incinta la segretaria, Maria; per non parlare degli innumerevoli litigi durante i quali Clara viene tacciata di non essere una buona madre, incapace di insegnare l’educazione ai loro figli. 
Ma perché Clara viene accusata di questo? In primo luogo per via di Adriana. La ragazzina, infatti, rifiuta il proprio genere e dice di chiamarsi Andrea. A questo proposito, all’inizio del film, si assiste ad una scena molto toccante, anche se a primo acchito bizzarra, perché ancora non si conosce il disagio di Adriana. La bambina si trova sul tetto della loro casa e con un nastro, che fa passare intorno agli oggetti presenti sulla superficie, forma un reticolato e vi si mette al centro, in piedi. Volgendo lo sguardo al cielo, chiede che le venga inviato un segno. Adri non sente di appartenere a questo mondo, poiché il proprio corpo le è estraneo: lei è Andrea. Pertanto pensa di essere un alieno, di provenire da un’altra galassia, e attende che i propri simili le facciano sapere che non è l’unica “così”, che non è sola.
Credits: Angelo Turetta

Clara non denigra mai la figlia per come si sente ma, allo stesso tempo, non la incoraggia apertamente ad identificarsi con Andrea. Eppure, la connessione che c’è tra madre e figlia è profondissima: Clara comprende la sensazione di inadeguatezza che prova Adriana, perché è la stessa che vive ogni giorno. Quindi, per sfuggire alla realtà opprimente che le circonda, Clara gioca insieme a lei e agli altri due bambini; insieme cantano e ballano mentre apparecchiano la tavola. Stupenda è la scena iniziale in cui danzano sulle note di Rumore di Raffaella Carrà. Alimentando le loro fantasie è come se li aiutasse a creare un rifugio sicuro dentro il quale essere liberi e se stessi, un rifugio indispensabile in primis ad Adriana, ma anche agli altri due bambini e a Clara stessa. La perenne insoddisfazione che prova Clara si allevia almeno in parte quando può tornare bambina per un po’. Felice non è mai a casa ma scarica comunque qualsiasi responsabilità che riguarda le mura domestiche sulla moglie, ragione per cui la accusa di non essere stata all’altezza di educare Adriana a dovere.
Credits: Angelo Turetta

L’immensità è un film molto lieve, che tocca senza turbare. È come un ladro che sgattaiola dentro un’abitazione e piazza una telecamera al suo interno: le scene che il regista ci regala sono attimi di vita famigliare rubati. Lo spettatore ha l’occasione di assistere alle dinamiche intime di una qualsiasi famiglia in crisi. 
I problemi di violenza domestica sono restituiti con una drammaticità silenziosa, sommessa. La violenza è nei non detti, nell’aria pesante come il piombo che aleggia sopra le loro teste durante le cene, e che irrompe, di tanto in tanto, in maniera scomposta e selvaggia. 
L’immensità è un film denso di sentimento, carico di problematiche attualissime, che, tuttavia, rimangono abbozzate: compito dello spettatore è di approfondire gli spunti di riflessione offerti dal film. Come in qualsiasi microcosmo, tutte le dinamiche che vi avvengono all’interno sono complesse e molteplici, dunque non credo sarebbe stato efficace strutturare il film con una trama più organica. Forse questo aspetto di evanescenza l’ha reso a tratti lento, ma, a mio parere, è un effetto che si addice ai sentimenti presentati nel film. 
Credits: Angelo Turetta

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