Di Laura Astarita
Mie povere Giuliette, io vi capisco. Mi dispiace tantissimo: anche voi credevate che Romeo fosse diverso dagli altri, non è così? Siete sfuggite a Paride credendo di esservi abilmente scansate un fosso, e poi, in men che non si dica, vi ritrovate drogate a morte nella tomba di famiglia. Io vi capisco, amiche mie. Starete pensando: forse sono stata troppo leggera? Il senso di colpa vi attanaglia, vi sentite responsabili.
Rilassatevi, donne, oggi sono qui per dirvi che non è colpa vostra! Avete avuto, purtroppo, solo l'immane sfortuna di aver consegnato ad un uomo del XVI secolo il filo del vostro destino. Con tutti gli scrittori e i drammaturghi della storia dell'umanità, infatti, vi è capitato proprio William Shakespeare a farvi da demiurgo. Purtroppo, ora, siete intrappolate in una relazione tossica che vi porterà, probabilmente, alla pazzia e successivamente alla morte.
Del resto, il dramma della vostra vita, al tempo del vostro autore, è stato messo in scena da uomini con la parrucca. Per molti, moltissimi anni, infatti, sono stati gli uomini a dirvi che cosa dovreste desiderare, e mostrare al pubblico come voi donne dovreste amare un uomo, cosa siete disposte a fare per amore. Gli uomini. Direte voi: cosa ne sanno gli uomini, di cosa è disposta a subire una donna per l'uomo che ama? Eppure, al giorno d'oggi molte, moltissime ragazze (e ragazzi) desiderano la storia d'amore perfetta, e la vogliono esattamente "come se fosse uscita da un'opera di Shakespeare". Credo dunque sia giusto fare luce sulla faccenda, usando la vostra storia, e quella di altre vostre colleghe, per aiutare i lettori nella distinzione di un partner tossico da un partner salutare.
AMLETO
"Bello e impossibile!", cantava Gianna Nannini. Cosa c'è di più impossibile di un erede al trono di Danimarca? Forse, il suo carattere.
Ci troviamo di fronte ad un rancoroso, narcisista manipolatore. Probabilmente, infatti, il vostro lui è un narcisista schizofrenico che crede di vedere il fantasma del padre morto.
Non a caso, tutti coloro che lo conoscono credono che sia pazzo. Tutti tranne voi, chiaramente. Voi siete troppo innamorate, credete di conoscere il suo cuore. Voi non avete fatto nulla di male: avete fiducia in lui, tenterete di avere un dialogo. Credete che la purezza del sentimento che vi ha uniti possa rivelarsi più forte del rancore che sta logorando la sua mente. Lui, invece, vi respinge, e dirà che è solo per il vostro bene che lo sta facendo. L'orgoglio ferito vincerà sempre sull'amore, per un narcisista.
Non a caso, tutti coloro che lo conoscono credono che sia pazzo. Tutti tranne voi, chiaramente. Voi siete troppo innamorate, credete di conoscere il suo cuore. Voi non avete fatto nulla di male: avete fiducia in lui, tenterete di avere un dialogo. Credete che la purezza del sentimento che vi ha uniti possa rivelarsi più forte del rancore che sta logorando la sua mente. Lui, invece, vi respinge, e dirà che è solo per il vostro bene che lo sta facendo. L'orgoglio ferito vincerà sempre sull'amore, per un narcisista.
Eppure, molti si inteneriranno per questo suo gesto, diranno che lui fa così solo perché vi ama troppo, vuole tenervi lontane dalle oscure trame di vendetta del palazzo: si dirà: "che amore! Non capisci che preferisce vederti viva e al sicuro in un Convento, piuttosto che morta al suo fianco?"
Tutto molto bello. La verità, però, è un'altra: lui non vi sta aiutando, vi sta manipolando. Lo dimostra il fatto che arriverà ad uccidere vostro padre, e voi sarete convinte che sia colpa vostra. Sarete così convinte di essere nel torto da arrivare a togliervi la vita.
Perché questa visione dell'amore è tossica? Principalmente, perché Ofelia (futura moglie di Amleto), in quanto donna, non viene considerata come una possibile alleata, bensì come un ostacolo da superare per arrivare all'obiettivo finale.
La donna è considerata incostante, inaffidabile, troppo sentimentale, e non la si crede adatta a conservare un segreto o a tramare contro il Re. Fido alleato di Amleto, invece, è Orazio: l'amico (maschio) che lo aiuterà a portare a termine il suo piano. Perfino con il fratello di Ofelia, Laerte, Amleto riuscirà ad osare più complicità, nonostante tutti i torti inflittigli: perché riesce a spiegargli, da uomo a uomo, come stanno le cose. Con Ofelia, invece, non parlerà: si limiterà a decidere che lei non deve avere niente a che fare con il piano per portare a termine la sua vendetta contro Claudio. Ofelia non ha diritto di sapere la verità, e di scegliere come agire: se con o contro il suo amato.
Piuttosto che darle rilevo all'interno della trama, e fare in modo che possa aiutare Amleto nel compiere la sua vendetta (o ostacolarlo apertamente, perché no?), Shakespeare preferisce eliminare Ofelia. Darle il ruolo di vittima. Ofelia è infatti il peggiore effetto collaterale derivato dalle sanguinolente trame di palazzo che reggono il fulcro della storia, ma nient'altro. Se si eliminasse il suo personaggio dall'opera, probabilmente questa non cambierebbe di nulla. Ofelia è un surplus poetico, una parentesi rosa, come la scena del grano all'inizio del Gladiatore: bellissima, ma inutile.
Daisy Ridley in Ofelia (2019) |
Nel film Ofelia diretto da Claire McCarthy, la storia d'amore tra Amleto ed Ofelia viene riscritta chiedendosi: e se Ofelia fosse stata messa al corrente fin da subito del piano di vendetta di Amleto? Nel film del 2019, la McCarthy propone una versione edulcorata, e ben più femminista, dell'Amleto di Shakespeare. Il film trasforma il personaggio di Ofelia da "surplus poetico" in una protagonista. Ofelia qui è padrona del proprio destino: è sicura e fiduciosa dell'amore che la lega al suo amato, come anche lui dell'amore che la lega a lei. Lei e Amleto, infatti, decidono, in questa versione, di sposarsi di nascosto. Il famoso dialogo "Vai in Convento!" diventa una farsa messa in piedi da Ofelia e Amleto per far credere alla corte che Amleto sia impazzito. Così come Amleto chiede perdono ad Ofelia per aver, erroneamente, causato l'omicidio di suo padre, guadagnandosi l'esilio, evitando così che Ofelia non soffrisse di sensi di colpa per quanto accaduto. A questo punto la McCarthy riprende le dinamiche shakespeariane di Romeo e Giulietta: Ofelia mette in scena la sua pazzia e il suo suicidio per evitare un matrimonio di convenienza impostogli da Claudio e viene disseppellita da Orazio. Infine, Ofelia tenterà di convincere Amleto ad evitare il bagno di sangue nella scena finale, non riuscendoci. Alla fine lei riuscirà a fuggire, e scapperà via, sulle montagne, per dare alla luce il figlio di Amleto e crescerlo lontano dalla corte e dal sentimento di rancore.
Il film, per quanto non eccelli in genio e scrittura brillante, smaschera in piena regola tutta la tossicità della dinamica Ofelia-Amleto, riproponendo la vicenda come se fosse una storia d'amore, anziché una storia d'odio. Del resto, proprio perché l'odio è il motore che spinge il narcisista Amleto nelle sue azioni, bisognerebbe tenere in mente che questo può avvelenare anche il rapporto d'amore con Ofelia.
"Amleto" del National Theatre
Mie care amiche, evitate chi vi dice di non immischiarvi nei discorsi "da uomini", nei compiti "da uomini" e di "lasciar fare agli uomini", e di andare piuttosto in Convento "per il vostro stesso bene". Siete donne, non barboncini. Potete parlare, comprendere e usare i pollici opponibili: se il vostro partner non vi coinvolge nelle sue decisioni di vita, non è perché non siete in grado di tenergli testa, ma perché lui probabilmente è così narcisista da permettere al suo ego smisurato di mettere in ombra il vostro. E questo, nel caso nessuno ve lo abbia detto, non è romantico: è tossico. Cedere alla tossicità di un narcisista non vuol dire essere sciocche, ma essere fragili. Trovate la vostra volontà, restate ancorate ai vostri princìpi, nonostante l'amore e la sofferenza. In questo modo, senza dubbio, riuscirete a comprendere ciò che è giusto per voi.
OTELLO
Parliamo di gelosia. Avete un amico maschio, ma il vostro lui è convinto al 100% che tra voi ci sia qualcosa di più? Certo, è abbastanza normale in una relazione riscontrare una dinamica di questo tipo. Perciò, vi consiglio di fare un piccolo test: provate a parlargli, spiegandogli che tra voi e i vostri amici maschi non c'è assolutamente nulla, che amate solo lui e che se avete scelto di stare con lui anziché con gli altri un motivo c'è. Se lui vi crede, e non tirerà mai più in ballo l'argomento: congratulazioni, non è un partner tossico! Se lui per credervi ha bisogno di prove certe, concrete, come leggere i messaggi sul cellulare o capire perché avete donato al vostro amico un fazzoletto pregiato, continuando ad accusarvi di tradimento nonostante le vostre repliche: attenzione! Potreste trovarvi di fronte ad un insicuro patologico.
Parliamoci chiaro: l'atteggiamento di un insicuro patologico si aggrava nel momento di un confronto. Bisogna dunque chiedersi: perché il mio lui reputa una potenziale minaccia proprio questo mio amico e non chiunque altro?
Nel caso dell'Otello, ad esempio, Desdemona si ritrova a fronteggiare la gelosia del marito, Otello, nei confronti di un soldato, Cassio. Chi è Cassio? Ma soprattutto, chi è Otello?
Otello è un moro. Essere un moro, nel Cinquecento, voleva dire partire con una marcia in meno, sotto ogni punto di vista. Eppure Otello è condottiero comandante della spedizione per il Doge di Venezia, mentre Cassio è luogotenente. Quindi, non è per una questione di posizione: Otello si è fatto valere, nonostante il colore della pelle. Eppure Desdemona, essendo italiana, è stata costretta a sposare Otello in segreto. Ai due infatti non è permesso amarsi alla luce del sole, nonostante la legittimità della loro unione, perché il matrimonio misto, al tempo di Shakespeare, non è ancora pubblicamente consentito.
Ecco perché l'amicizia tra Cassio e Desdemona manda in crisi Otello: egli sente che, per diverse ragioni, Cassio rappresenterebbe un partner socialmente più accettabile per Desdemona. Le attenzioni di Cassio verso Desdemona fanno sentire Otello inadeguato, questo perché sbatte in faccia ad Otello la sua più grande insicurezza: il suo aspetto fisico.
Il fattore culturale in questo caso è determinante: in un mondo in cui certe fisicità sono reputate "più accettabili" di altre, è facile che un insicuro provi invidia verso l'aspetto dei vostri amici, e conseguentemente gelosia verso di voi. Perdere Desdemona, per Otello, rappresenta la perdita della sua ultima possibilità di essere socialmente accettato come un "bianco" qualsiasi, andando definitivamente oltre il colore della sua pelle. In Othello (1995), la versione cinematografica di Oliver Parker della tragedia, non a caso si sceglierà di lasciare all'antagonista, Iago, il compito di intessere una tensione di tipo razziale tra Cassio e Otello, assottigliando così il confine tra invidia e gelosia. Il primo razzista, infatti, è lo stesso Otello, nel suo rifiuto d'accettazione dell'amore incondizionato di Desdemona per chi e per com'è. Questo perché Otello in primis non riesce e non può accettare se stesso. Il sentimento d'inferiorità accieca totalmente Otello dall'essere obiettivo ed empatico nei confronti dei sentimenti che prova invece Desdemona verso di lui, arrivando così a compiere un atto che, a parer suo, sarà un'azione di misericordia: «Eppure lei deve morire, o continuerà a peccare con altri uomini».
Irène Jacob e Laurence Fishburne in Othello (1995) |
Morale della favola? Se vi trovate alle prese con un partner geloso, è inutile chiedersi dove abbiate sbagliato, o se sia giusto, per il bene della coppia, allontanare tutte le amicizie maschili per lasciarsi andare ad un rapporto fusionale. Ancora una volta: voi non avete fatto nulla di male. Non siete una proprietà del vostro partner, siete legittimate a stringere amicizia con chi volete.
Il vero problema, probabilmente, affonda le sue radici più nel profondo, nei trascorsi irrisolti del vostro partner geloso e nella visione che questi ha di se stesso. Assecondare le sue insicurezze, cercare di alleviarle, vi porterà soltanto ad isolarvi dal resto del mondo: ogni persona con cui instaurerete un legame sarà una prova, per il vostro partner, dei suoi stessi limiti. Mie care amiche: creare un rapporto di co-dipendenza affettiva, specialmente legandovi ad un insicuro patologico, non è mai la scelta giusta. Anche perché, per lui, cieco insicuro e paranoico, sarete sempre voi, la causa.
Il consiglio per affrontare un insicuro? Fatevi passare la sindrome da crocerossina, fatevi un passaporto falso e cambiate Stato.
Credete che stia esagerando? Non ricordate la fine che ha fatto la povera Desdemona?
OTELLO: « Non ti sovviene qualche peccato?»
DESDEMONA: «Solo l'amore che provo per voi»
OTELLO: «E per questo morirai!»
Desdemona, dopo essere stata uccisa per mano di Otello, pronuncerà le sue ultime parole: l'ammissione di un suicidio che non è mai stato compiuto. Giusto un piccolo dettaglio in più per ricordare al pubblico elisabettiano che lei sarebbe stata disposta a spergiurare in punto di morte pur di difendere il proprio marito.
Agli occhi del pubblico, Desdemona è una donna totalmente sottomessa, il cui destino, nonostante la sua innocenza, è in balìa di Otello, suo marito. Per tanto, lei deve subire la furia di lui, inerme: questa, ragazze, è la definizione di matrimonio secondo il patriarcato. O di Sindrome di Stoccolma, se vogliamo (per approfondire vedi: La Bella e La Bestia, ma lì siamo già nell'Ottocento, non precorriamo i tempi!).
Donare una parvenza di credibilità alla morte di Desdemona diventerà il centro della trama di Stage Beauty, un'opera teatrale (e metateatrale) di Jeffry Hatcher da cui poi verrà tratto un film con Billy Crudup e Claire Danes. Nell'opera, un'attrice spiega ad un attore (che fino a quel momento aveva recitato il ruolo di Desdemona en travesti nei teatri di Londra) perché la scena della morte non gli riusciva bene: «Vi hanno insegnato a piangere come una donna, muovervi come una donna, svenire come una donna. Ma non vi hanno insegnato a morire come una donna. Una donna [che viene aggredita dal marito] combatterebbe». E così, signore mie, è come Desdemona avrebbe dovuto reagire: combattendo, piuttosto che restare sottomessa. Ma alle donne per molto tempo non è stato permesso, il poter dire di no. Violenza e sottomissione sono figlie della stessa medesima radice: il costume patriarcale. Un uomo violento è vittima del patriarcato quanto una donna che subisce violenza, ma questo non lo rende meno tossico. Se il vostro lui alza le mani su di voi (non importa qual è il motivo), non fate le eroine Romantiche: combattete e se possibile, scappate!
La fine di Desdemona. Tratto dal film Stage Beauty
LADY MACBETH
Care donne Shakespeariane! Ahimè, non sempre la tossicità arriva dal fiore, ma spesso anche dalla libellula. O, nel caso di Lady Macbeth, più che di una libellula si parla di un corvo nero dagli occhi rossi e la voce rauca!
Perché sì: nel corso della storia, l'impossibilità delle donne di poter raggiungere posizioni di potere e ambire alla vetta più alta ha trasformato alcune di noi in certe Lady Macbeth. La caratteristica principale di queste donne? Spronare il proprio uomo a compiere ogni malefatta possibile per ottenere una promozione a lavoro. Lady Macbeth nasce dalla consapevolezza che, per essere Regina nel XIV secolo, il tuo partner deve essere Re.
Ellen Terry nella parte di Lady Macbeth, ritratta da John Singer Sargent nel 1889 (dettaglio). |
Lady Macbeth (non sappiamo nemmeno il tuo nome, sei letteralmente stata scritta in funzione di tuo marito), sei corrosa dall'ambizione e dal desiderio di arrivare al trono al punto tale che rinuncerai alla tua stessa femminilità, trasformandoti così in uno Iago con le tette. Quando la tua prima vittima raggiungerà casa tua, la preghiera che reciterai agli spiriti sarà: «Snaturate in me il sesso fino a colmarmi tutta, da capo a piedi, fino a traboccarne, della più spietata crudeltà». Questo perché nemmeno Shakespeare può metterti allo stesso piano di una Giulietta o un'innocente Desdemona: sei troppo cattiva!
Tutta questa ambizione, infatti, i gesti orribili che Macbeth compirà, sotto tua influenza, lo porteranno sì al trono, ma anche alla pazzia. E tu, povera diavola, lo seguirai, e più duramente. Febbriciterai, impazzirai, e morrai prima di lui. Nessuno di voi due si goderà la comodità del trono.
La tossicità di un personaggio come Lady Macbeth, più che nelle comuni trasposizioni cinematografiche del Macbeth, a parer mio viene evidenziata molto bene nel film: Lady Macbeth, di William Oldroyd. La pellicola del 2016 è liberamente tratta da Una Lady Macbeth del Distretto di Mcensk, la celebre novella dello scrittore russo Nikolaj Leskov. Ambientata nell'Ottocento, una donna, Catherine, sposa il proprietario di una fattoria che la tratta alla stregua di un animale: si rifiuta di consumare il loro matrimonio, e pretende che resti sempre in casa. Quando questi parte per un lungo viaggio, Catherine resterà da sola in casa con la serva, Anna, e la presenza occasionale del suocero.
Durante il periodo di assenza del marito, Catherine riscopre la libertà di poter uscire di casa e riprendere contatti con il mondo. Instaurerà così una relazione con Sebastian: uno stalliere di suo marito, del quale si innamorerà pazzamente. L'obiettivo di Catherine per il resto del film sarà tentare di rendere quel servo il nuovo padrone della tenuta. Catherine sa che questo è l'unico modo per permettergli di stare al suo fianco: la passione, e l'amore per Sebastian, sono apparentemente il motore delle sue azioni. Per piazzare un nuovo padrone, bisogna prima di tutto uccidere il vecchio: il marito, il suocero e perfino il figlioletto bastardo del marito. Tutti devono soccombere. Anna, testimone inerme, perde l'uso della parola, sconvolta di fronte alle atrocità commesse in quella casa.
Florence Pugh in "Lady Macbeth" (2016) |
Catherine è spietata: non si ferma nemmeno davanti ad un bambino innocente. Proprio quando stavano per farcela, però, Sebastian, vinto dal senso di colpa e dai nervi, confesserà davanti a tutti che lui e Catherine hanno compiuto il delitto con passionalità. Catherine, che invece rimane lucida, prenderà la situazione in mano. Accuserà Sebastian di star mentendo, e di avere una relazione con Anna. Li accusa di essere gli artefici dei delitti. Capiamo così che Catherine non ha mai ucciso davvero per amore: lei ha ucciso per essere libera. Sebastian e Anna verranno legati come animali e portati via, mentre Catherine resterà in casa sua, sola, vedova e con la coscienza sporca. Siederà di fronte al fuoco come Demetra, e l'immagine stona: la Regina del Focolare è in realtà una dittatrice spietata.
Sebastian è chiaramente Macbeth: il burattino delle orchestrazioni di Catherine, che però in realtà non sono davvero finalizzate al suo bene, ad uno scopo altruistico, ad un gesto d'amore verso il partner, ma invece verso se stessa. Il senso di colpa di Sebastian e la scena in cui confessa le sue colpe può essere vista come una rivisitazione della scena in cui Macbeth vede il fantasma di Banquo. Anche in quell'occasione Lady Macbeth s'intromette e riesce a salvare se stessa e il marito dal confessare pubblicamente. Il fatto che invece Catherine agisca per salvare esclusivamente se stessa, e non Sebastian insieme a lei, è indice della sua vera natura egoistica.
Lady Macbeth usa Macbeth per la sua personale sete d'ambizione, non per vedere l'amore della sua vita realizzato nel compiere il suo destino. L'abilità che adopera questo personaggio nel manipolare il genere maschile sono un esempio di femminilità tossica. Lady Macbeth nel corso dell'opera Shakespeariana insulterà spesso anche Macbeth per la sua scarsa virilità. Farebbe di tutto per spronarlo ad uccidere: in alcune regie ed interpretazioni spesso la Lady ridurrà il delitto ad un gioco erotico: sotto l'influenza di Lady Macbeth, Macbeth desidererà essere il tipo di uomo che la propria moglie crede di meritare.
MACBETH:
«Desisti, te ne scongiuro: io oso fare tutto quello che ad un uomo s’addice; ma chi di più vuole fare, cessa d’esser tale».
«Desisti, te ne scongiuro: io oso fare tutto quello che ad un uomo s’addice; ma chi di più vuole fare, cessa d’esser tale».
LADY MACBETH:
«Qual fu dunque la stupida belva che v’indusse a confidarmi un tal disegno? Allorchè osaste concepire [l'assassinio di Duncan], è allora che eravate uomo; e intendendo alla maggiore delle grandezze, vi mostraste degno di pervenirvi».
«Qual fu dunque la stupida belva che v’indusse a confidarmi un tal disegno? Allorchè osaste concepire [l'assassinio di Duncan], è allora che eravate uomo; e intendendo alla maggiore delle grandezze, vi mostraste degno di pervenirvi».
La femminilità tossica, al pari del suo corrispettivo maschile, finirà per risultare dannosa e castrante per entrambi i partner. Nella novella originale di Leskov, ad esempio, la protagonista, per gelosia, si scontra con la sua serva e, nello scontro, finisce annegata in un fiume. Nell'opera di Shakespeare, invece, Lady Macbeth impazzisce insieme a Macbeth e muore prima di lui. Nel film di Oldroyd, infine, Catherine resta da sola e finisce per essere odiata dall'unico uomo che abbia mai amato.
Donne, volete la corona? Prendetela! Ma non lanciate la patata bollente al vostro uomo, solo perché è un uomo e "insomma! Tu sei un uomo, dovresti essere più bravo a maneggiare le patate." I giochi di potere, per favore, lasciateli in camera da letto! Come scriveva Milan Kundera nell'Insostenibile leggerezza dell'essere: «Amare vuol dire rinunciare alla forza».
Judi Dunch nel soliloquio di Lady Macbeth
Ci sono moltissimi modi per essere tossici in una relazione, e Shakespeare è ognuno di loro. Sono rare le opere del Rinascimento in grado di mostrare una relazione sana ed edificante: questo perché, per molto, moltissimo tempo, non sono esistiti parametri per differenziare una "relazione sana" da una relazione "tossica". Oggigiorno, possiamo avere più cognizione della portata psicologica di certe azioni, di certe battute e della rilevanza (o irrilevanza) dei personaggi femminili nelle tragedie Shakespeariane. Con questa cognizione, possiamo dunque solo augurarci che i registi e attori (ma soprattutto attrici), possano portare in teatro, o sul grande schermo, dei nuovi adattamenti che possano invitare le ragazzine e i ragazzini a non romanticizzare più di tanto una relazione "come quella di Romeo e Giulietta".
Ahimè! Non abbiamo parlato, in questa sede, di Giulietta. La cara, povera Giulietta. Ma ditemi, lettrici, in sincera onestà: oggi, dall'alto del vostro balcone, direste mai al vostro Romeo: «Se vuoi, giura sul tuo grazioso io, che è il dio della mia idolatria, ed io ti crederò»?
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