Da mostro a sex symbol: tutte le versioni cinematografiche del Fantasma dell'Opera

Di Laura Astarita, Silvia Strambi e Alessandra Vita

È qui, il Fantasma dell'Opera...

Nato dalla penna dello scrittore Gaston Leroux nel 1910, il Fantasma dell'Opera è diventato una figura mitica della capitale francese, al pari di un altro "mostro" sacro e totalmente inventato, il gobbo Quasimodo. 
Il libro di Leroux aveva al proprio centro un mistero: le indagini di diversi personaggi su una creatura che creava scompiglio all'Opera di Parigi. In origine era un romanzo pubblicato a puntate. Per questo, pur dando il nome al libro, il Fantasma vi appare solo molto tardi: la scoperta della sua identità doveva essere il mistero con cui tenere avvinti i lettori.

Oggi, Il fantasma dell'Opera soffre dello stesso problema di altri romanzi del mistero divenuti classici della letteratura: tutti conoscono la soluzione del caso. Il "Fantasma" non è un'entità sovrannaturale, ma trattasi di Erik, un uomo nato deforme. Erik indossa una maschera per nascondere la sua bruttezza e da anni vive nel sottosuolo dell'Opera, dopo aver fatto per diversi anni il fenomeno da baraccone e aver lavorato per lo Scià di Persia. 
Quando la storia comincia, Erik sta cercando di favorire in tutti i modi una giovane cantante, Christine Daaé, di cui è anche il mentore, spacciandosi per l' "Angelo della Musica" mandatole dal padre defunto. Il Fantasma diventa più possessivo e comincia ad uccidere lo staff dell'Opera, per cui Christine cerca di fuggire dalla situazione. Ha dalla sua il Visconte Raoul de Chagny, suo amico d'infanzia e ora suo innamorato.

Pur apparendo così poco nel libro, Erik ne è diventato il personaggio più iconico. Questo anche grazie all'abilità di Leroux di mescolare in lui la malvagità con elementi più positivi: la sua sensibilità artistica, la sua genialità, il desiderio disperato di essere amato. Il lettore prova repulsione e allo stesso tempo pietà per un personaggio rifiutato dalla società per il suo aspetto fisico e per questo trasformatosi in un mostro, quando se fosse nato con un viso normale sarebbe stato probabilmente apprezzato e lodato.

Negli ultimi decenni la sua figura è tornata in auge grazie al musical di Andrew Lloyd Webber, il più longevo del West End londinese (quest'anno compie 35 anni in scena). In questo spettacolo Erik è un personaggio centrale a cui viene dato molto più spazio, e questo ha contribuito alla riscoperta del romanzo e del personaggio.

Ramin Karimloo e Sierra Boggess in The Phantom of the Opera at the Royal Albert Hall (2011)

Tuttavia, prima di essere soggetto di un musical, il Fantasma è apparso in molti altri prodotti mediatici, tra altri musical, spettacoli teatrali e ben otto film (di cui uno è andato perduto). In questo articolo analizzeremo la sua figura in ognuno di questi film, e come questa è cambiata radicalmente, trasformandosi da personaggio incompreso ma pur sempre mostruoso a vero e proprio sex symbol.

IL FANTASMA DELL'OPERA, regia di Rupert Julian (1925)

Di Alessandra Vita

Lon Chaney in Il fantasma dell'Opera (1925)

L'adattamento cinematografico più datato del Fantasma dell'opera che sia giunto fino a noi è quello del 1925. Il film vede protagonista il celebre Lon Chaney, divo dell'horror che qualche anno prima ci aveva regalato una delle più suggestive versioni di Quasimodo in un adattamento per il grande schermo di Notre-Dame de Paris di Victor Hugo.

Questa trasposizione della storia è molto fedele all'opera di Leroux ed è stata di grande influenza, soprattutto dal punto di vista estetico e di costruzione delle scene, per i film a venire. La produzione di questa pellicola ha una storia interessante: il presidente della Universal Pictures, Carl Laemmle, nel 1922 andò in vacanza a Parigi e incontrò lo scrittore Gaston Leroux. Egli rivelò a Leroux la sua fascinazione per l'Opéra e questi dunque gli regalò una copia del suo romanzo, Il fantasma dell'Opera. Laemmle divorò il libro e ne acquistò subito i diritti per una trasposizione cinematografica, pensando già a Lon Chaney nei panni del fantasma.


Mary Philbin e Lon Chaney in Il fantasma dell'Opera (1925

Mai scelta fu più azzeccata. Il fantasma di Chaney è un vero e proprio mostro. Per una prima parte del film tutti parlano di lui ma non viene mostrato, poi diventa un'ombra inquietante, dopo ancora viene visto con una maschera spaventosa che gli copre completamente il volto e infine, finalmente, ci viene rivelato il suo aspetto deforme. Il trucco fu ideato dallo stesso attore, il quale si dipinse di nero gli occhi come a formare un teschio, si tirò anche su la punta del naso bloccandola con un filo, si disegnò delle narici enormi e completò il trucco con dei denti finti.

All'inizio con questo fantasma si riesce a empatizzare: egli rivela di essere diventato un mostro a causa degli uomini, il suo nome una volta era Erik, è un musicista e un compositore pieno di talento ed è convinto che l'amore di Christine Daaé, la giovane soprano a cui ha insegnato l'arte del canto, potrà salvarlo.

Questo film però segue le teorie di Lombroso: la bruttezza esteriore equivale a una mostruosità interiore. Ed ecco che il film ci dice che il fantasma è in realtà uno psicopatico, qualcuno da cui dover scappare e da cui non si può restare affascinati, come invece accadrà nei successivi lungometraggi.

È inevitabile dunque che per questo personaggio qui non vi sia altra soluzione se non la morte.


IL FANTASMA DELL'OPERA, regia di Arthur Lubin (1943)

Di Alessandra Vita

Claude Rains in Il fantasma dell'Opera (1943

Il fantasma dell'opera del '43 è uno di quei film che avrebbero avuto potenziale ma che poi si sono conclusi in modo frettoloso e insipido.

Il film ci mostra sin da subito la backstory del protagonista e come egli sia diventato quel mostro che tutti conosciamo. Il fantasma infatti prima era un violinista di cinquant'anni, Erique Claudin, che però a causa di un impedimento alla mano venne licenziato dall'Opera di Parigi. L'uomo è innamorato di Christine DuBois, una giovane cantante che quasi non lo conosce ma a cui lui paga anonimamente delle lezioni di canto (n.d.R: in origine il Fantasma doveva rivelarsi il padre di Christine). Dopo il licenziamento Erique prova a vendere la sua musica in giro ma quando crede che qualcuno abbia rubato i suoi spartiti diventa un assassino e si tramuta nel fantasma dell'Opera.

Il conoscere già l'identità del protagonista secondo me ha fatto un po' perdere l'aria di mistero dell'opera, anche perché lo spettatore, che vede prima il suo volto privo di deformità, non si sconvolge quando poi, alla fine, Christine gli toglie la maschera e vede una metà della sua faccia bruciata dall'acido.
Il fatto che egli diventi esteriormente brutto non appena commette un omicidio però, se si abbracciano sempre le teorie di Lombroso, è molto interessante.

Forse la vera protagonista di questo adattamento è la musica: il terrore di essere privato della sua musica porta Erique alla follia, così come il ritrovamento della musica lo condurrà alla sua tragica fine.

Una scena del film Il fantasma dell'Opera (1943)


IL FANTASMA DELL'OPERA, regia di Terence Fisher (1962)

Di Silvia Strambi

Herbert Lom in Il fantasma dell'Opera (1962)

Questo adattamento è stato prodotto dalla Hammer Film Productions, specializzata in film horror tratti da classici della letteratura. Ricordiamo ad esempio le saghe dedicate al Conte Dracula e a Frankenstein.

Questa versione è molto diversa dal libro originale, in primo luogo perché è ambientata in Inghilterra. Al contrario di altri film successivi, tuttavia, ci si concentra molto di più sull'indagine per scoprire l'identità del Fantasma, proprio come era nel romanzo. Alla fine la verità viene a galla: il Fantasma altri non è che il Professore Petrie, l'autore dell'opera messa in scena a teatro, la cui musica è stata rubata. Reduce da un incendio nel tentativo di distruggere gli spartiti della sua musica, il professore si è rifugiato nei sotterranei del teatro. Al contrario del Fantasma originale, non compie il lavoro sporco con le sue mani ma manda un servo muto (di cui non scopriremo mai origini e motivazione) a sabotare la rappresentazione.

Dunque, vengono eliminati gran parte degli elementi più noti della storia di Leroux: il Fantasma non è più il mentore della cantante Christine (o meglio, lo diventa solo dopo averla vista cantare a teatro), non c'è nessun triangolo amoroso tra i tre protagonisti (in questo caso al posto di Raoul abbiamo Harry, un produttore)... 

La caratterizzazione del Fantasma risulta abbastanza inconsistente. Nella prima parte, quando non si conosce la sua identità, vediamo il suo servo uccidere una persona, e lui è autoritario con Christine. Dal momento in cui ne scopriamo la storia, rivela una grande sensibilità, e Christine ed Harry sono subito collaborativi. Nel finale il personaggio ha un momento di grande umanità: si commuove vedendo la sua protetta eseguire la propria opera. Addirittura, il film si chiude col suo sacrificio per salvare Christine da un candelabro che cade in scena.

Scena dal film Il fantasma dell'Opera (1962)

L'impressione che si ricava è quello di un personaggio non del tutto riuscito, scritto per metà come antagonista e per metà come tragica vittima degli eventi. Ovviamente in una storia come quella del Fantasma dell'Opera questi due elementi possono coesistere. Probabilmente, però, la transizione da potenziale cattivo a personaggio tormentato sarebbe riuscita meglio se si fosse deciso di escludere l'omicidio dalla lista dei suoi crimini, dal momento che tutte le altre azioni che compie contro il teatro sono praticamente dei dispettucci.

Resta comunque interessante il fatto che si decida di approfondire di più la natura pietistica di questa figura. Questo viene fatto anche eliminando elementi particolarmente negativi della sua persona, come la passione possessiva per Christine. 

IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO, regia di Brian de Palma (1974)

Di Silvia Strambi

Paul Williams e William Finley in Il fantasma del palcoscenico (1974)

Questo è decisamente il film più "trasformista" ispirato al Fantasma dell'Opera. Infatti non solo modifica completamente l'ambientazione (America) e il tempo (anni 70 del '900), ma attinge anche da altri due classici della letteratura, ovvero Faust e Il ritratto di Dorian Gray.

Via l'Opera House parigina: al suo posto c'è il Paradiso, un "mausoleo della musica" costruito dal leggendario produttore Swan (Paul Williams, che ha anche composto la colonna sonora). In questo ambiente si muove il nostro Fantasma, un compositore geniale di nome Winslow (William Finley) a cui Swan ha rubato prima la musica e poi la vita. Legato al produttore da un patto mefistofelico, Winslow cerca in tutti i modi di avvantaggiare la sua protetta, una ingénue dal nome evocativo: Phoenix (Jessica Harper).

Con una premessa che ricorda molto il Fantasma del '62, il film denuncia il mondo della discografia. Infatti vengono raccontati, in maniera satirica e strizzando l'occhio ad altri media, gli intrighi dietro le quinte e lo sfruttamento delle donne, ma anche l'ingerenza dei produttori nella vita degli artisti, l'assunzione di droghe, l'interesse morboso del pubblico per il macabro e l'incoraggiamento di questo tipo di intrattenimento.

Scena del film Il fantasma del palcoscenico (1974)

Winslow, troppo ingenuo per questo mondo perverso, è inizialmente una vittima degli eventi e successivamente un vendicatore. De Palma ci racconta la sua vicenda personale prima di diventare il Fantasma del Paradiso, dandoci modo di legarci a lui e di comprendere il motivo della sua vendetta personale nei riguardi di Swan.

Rispetto ad altri Fantasmi prima e dopo di lui, il look di Winslow è molto originale: abbiamo un Fantasma che, col mantello svolazzante, la maschera aquilina e la voce deformata, ricorda più un supercattivo fumettistico, con tanto di origin story.
Tuttavia Winslow non è il cattivo della situazione: è Swan l'antagonista da sconfiggere. Winslow non rientra di certo nei canoni supereroistici (prima di diventare il Fantasma è già prono a scatti di violenza ed è abbastanza dismissivo nei confronti di Phoenix quando viene molestata). Nonostante ciò, in questo caso la sua ingerenza nel Paradiso ha un suo perché ben preciso, e le sue azioni, anche quelle più malaccorte, nascono tutte da un desiderio di aiutare Phoenix prima e di sconfiggere Swan dopo.

De Palma si pone interamente dalla parte del suo Fantasma, rendendolo un artista incompreso contro un sistema che l'ha ingannato e sfruttato e che, dopo la sconfitta della sua nemesi, purtroppo continuerà a prosperare.

IL FANTASMA DELL'OPERA, regia di Dwight H. Little (1989)

Di Silvia Strambi

Robert Englund in Il fantasma dell'Opera (1989)

Questo film si è retto interamente, già nella fase di marketing, sulla scelta dell'attore protagonista. Infatti il Fantasma è Robert Englund, conosciuto principalmente per l'interpretazione del "mostro" Freddy Krueger. Una scelta decisamente azzeccata, almeno sulla carta.

L'ennesima riproposizione non ambientata in Francia, il film assume anche un carattere più sovrannaturale rispetto al libro, in cui a tutto veniva dato una spiegazione logica alla fine. In questo caso non solo la malformità del Fantasma viene spiegata (ancora) con un patto faustiano, ma è anche implicato un sistema di reincarnazioni. Infatti, il film si apre e si chiude con scene ambientate nella Manhattan degli anni 80, e ha per protagonisti delle versioni "moderne" dei personaggi di Leroux. Questo perché doveva avere un seguito, mai andato in porto a causa dell'insuccesso della prima pellicola, ambientato appunto nella New York moderna.
Oltre a ciò, rispetto ai propri predecessori, questo film vira su un tono più violento, da splatter: il Fantasma uccide molte più persone che nel libro, in maniera estremamente grafica e con grande spargimento di sangue.

Buona parte dell'orrore è anche dovuto al suo viso mostruoso: in questa versione, più simile al mostro di Frankenstein che al personaggio di Leroux, Erik è costretto a cucirsi addosso brandelli di pelle per coprire le proprie deformità. Un make up che gli appassionati riconosceranno come molto simile a quello di Krueger.  

Robert Englund in Il Fantasma dell'Opera (1989)

Nonostante la qualità decisamente bassa del film, l'interpretazione di Englund è interessante. La sua voce oscilla tra il profondo e lo stridulo, mantenendosi però sempre arieggiata e minacciosa, onnipresente negli spazi dell'Opera. Al contrario dei film precedenti, in cui le sue azioni venivano giustificate, in questo Englund interpreta un Fantasma mostruoso, sia dentro che fuori, un classico villain da film horror che la protagonista deve sconfiggere per salvarsi. Oltre a ciò, torna l'ossessione morbosa per Christine, che muove ogni sua azione e che lo fa agire in preda agli istinti più violenti. Una scena sembra addirittura implicare un avvenuto stupro.

Pur risultando decisamente più mostruoso e più in linea col personaggio negativo creato da Leroux, questo Fantasma manca purtroppo della profondità che lo caratterizzava. Questo anche perché vengono rimosse alcune delle caratteristiche che lo rendevano simpatetico: questo Erik non ha alcun talento ad eccezione di quello musicale (nel libro era anche un architetto, un inventore...); non è isolato, anzi, lo vediamo uscire dall'Opera e  rapportarsi con altre persone; infine, la sua deformità non è un difetto di nascita come nel romanzo, o il frutto di un incidente come nei film del '62 e del '74, ma una maledizione che si è autoimposto per diventare famoso. 


IL FANTASMA DELL'OPERA , regia di Dario Argento (1998)

Di Laura Astarita

Questo film rappresenta il tentativo del Bel Paese di dare la propria versione del Fantasma dell'Opera di Gaston Leroux. Siccome francesi e italiani non sono mai andati d'accordo, la coppia Argento/Brach ha deciso di sconvolgere qualsiasi riferimento inerente al personaggio che provenisse direttamente dalle pagine del romanzo, pur tentando di mantenere il contesto geografico e l'epoca storica originale. 

Gaston Leroux ci racconta con chiarezza del personaggio di Erik, fin dalla sua infanzia: il mostro ha una storia di maltrattamenti, abusi e discriminazione, e questo giustifica in parte l'odio cocente verso l'umanità che lo caratterizza. Dario Argento, però, sceglie di inventarsi da zero una nuova backstory per il personaggio lerouxiano, e abbastanza strana, aggiungerei, incoerente con ciò che concerne la musica o l'arte (al contrario dei film precedenti). A metà strada tra Mosé e Tarzan, questo Fantasma ci viene dunque presentato all'inizio del lungometraggio sì da bambino, ma abbandonato (non si sa perché) dai genitori in una cesta galleggiante sulla Senna. La cesta (non si sa come) raggiunge un condotto fognario abitato da ratti. I ratti "per una circostanza fortuita" scelgono di non sbranare il bambino alla vista, ma di allevarlo come se fosse un loro simile.

Julian Sands ne Il fantasma dell'Opera (1998)

Ne consegue che la caratterizzazione del Fantasma, interpretato da Julian Sands, cambia drasticamente: egli non è deforme, perciò non necessita di indossare una maschera. Alcuni tratti e aspetti della sua personalità e fisicità ricordano l'aspetto di un topo, ad esempio il suo odorato sopraffino e il modo di muovere gli occhi. Tuttavia, non assomiglia fisicamente a un uomo-ratto (un Peter Minus, per intenderci). Al contrario, Erik è un uomo di bell'aspetto e di incredibile fascino: capello lungo, corpo scolpito, voce profonda. Nessuno faticherebbe ad innamorarsi di lui, in nessun modo, se fosse solo per il suo fisico.

Erik, tuttavia, resta un emarginato. Non per via della rabbia e dell'odio represso nei confronti del mondo che lo ha rifiutato, come da canone, ma perché troppo legato alla comunità di ratti che vive con lui nel sottosuolo. Più che un uomo-ratto, Erik è infatti un uomo-bestia. Riprendo il parallelismo con Tarzan: egli davvero non riesce ad integrarsi al mondo in superficie per via della propria appartenenza al Regno animale. Egli stesso lo ammetterà, dopo che un operaio oserà chiamarlo "Signor Fantasma": «Io non sono un Fantasma. Io sono un topo».  Nonostante ciò, il Fantasma si esprime in modo inspiegabilmente colto e ricercato, ha il senso dell'eleganza e una certa sensibilità artistica (non viene spiegato come abbia ricevuto un'educazione "umana" in tal senso, ma ormai, giunti a questo punto, abbiamo già accettato la... sospensione del reale? La cattiva scrittura del film? Non saprei come definirla, onestamente). 

Asia Argento e Julian Sands ne Il Fantasma dell'Opera (1998)

Il magnetismo bestiale, unito al fascino e l'eloquenza con cui si esprime, conquisteranno fin dal primo minuto la giovane Christine (Asia Argento). Anche senza doverle raccontare la favola dell'Angelo della Musica, infatti, il soprano sarà attratta dalla presenza di quest'uomo letteralmente a prima vista. La relazione tra i due, però, inizia a sfuggire di mano nel momento in cui la bestia che è in Erik ha il sopravvento sul suo essere. Costringerà Christine a fare ciò che non desidera, tra cui accettare un ruolo principale e alcuni rapporti sessuale. A questo punto, la storia prende una piega molto più dark anziché strettamente horror. Christine sarà coinvolta nella relazione al punto tale da reagire in modo (eccessivamente) disperato quando Erik verrà ferito a morte da un fucile. La paura di perderlo è una dimostrazione del suo amore per lui. O almeno, dovrebbe esserlo. Forse era solo la Sindrome di Stoccolma. 

L'oscenità dei pensieri sessuali di Christine viene dunque paragonata al lato "bestiale" di Erik, dandoci così una nuova chiave di lettura del film: un elogio alla bellezza, e la bruttezza, di quella parte più "oscura" e animalesca che risiede in ciascuno di noi.
In qualche modo possiamo dire che venga rispettato anche il principio di Lombroso: la bellezza esteriore di questo Erik coincide con un certo tipo di positività caratteriale, che non è necessariamente riconducibile alla bontà d'animo e alla virtù in senso lato, ma più ad un tipo di bellezza interiore che conquista e affascina irreversibilmente la giovane Christine. Il tutto, nonostante le macabre premesse. 

Peccato soltanto che il prodotto finale, nel suo complesso, sia davvero troppo, troppo trash, per essere apprezzato ad un livello più profondo.  

IL FANTASMA DELL'OPERA, regia di Joel Schumacher (2004)

Di Laura Astarita


Concludiamo, infine, col parlare de Il Fantasma dell'Opera di Joel Schumacher: l'adattamento cinematografico, uscito nel 2004, del musical di Andrew Lloyd Webber. 

Il film riprende abbastanza fedelmente la linea intrapresa dallo spettacolo, che ha come elemento centrale la "romance" tra Christine e Erik. L'elemento ripreso dal libro su cui si basa tutta la drammaturgia musicale è il potere della voce ammaliante del Fantasma su Christine, esercitando un effetto potenzialmente "ipnotico". Il brano/tema principale dello spettacolo, The Phantom of the Opera, si conclude ad esempio con il Fantasma che, durante il duetto, chiede a Christine di cantare più forte, poi più forte, sempre più forte, fino a raggiungere un acuto al limite dell'impossibile (molto spesso in teatro sono costretti a usare una registrazione) per compiacerlo. Lei, succube, a momenti lascerà che  le sua corde vocali implodano, totalmente in balìa del suo mentore, pur di compiacerlo. Il Fantasma è un manipolatore, un assassino, non viene nascosta o giustificata nessuna delle sue azioni. «Eppure nei suoi occhi (risiede) tutta la tristezza del mondo, quegli occhi imploranti che odiano, ma allo stesso tempo adorano», così Christine descriverà il Fantasma. Sulla stessa linea melodica, lei canterà nel corso di una réprise«La tua faccia spaventosa non mi disgusta più adesso, è nella tua anima che si cela la vera deformità»

La réprise presa in esame sta a rappresentare l'opinione di Christine verso il fantasma: un uomo estremamente malvagio, ma anche profondamente triste e solo. La sua malvagità lo porta a prendere con la forza l'affetto di cui ha bisogno per poter essere felice, manipolando emotivamente la vittima del suo amore. Suona un po' tossico, non è vero? Infatti, alla fine, quando Erik si renderà conto che forzare una donna ad amarlo non lo renderà felice, ma anzi non farà altro che rendere infelice lei, sceglierà di lasciarla andare, di farla fuggire assieme a Raoul e sparire dalla sua vita per sempre. 

Emmy Rossum e Gerdard Butler in Il fantasma dell'Opera (2004)

Nel film il rapporto tra i due diventa molto più morboso. Erik, interpretato da Gerard Butler, infatti, è molto affascinante, nonostante la premessa che questi è e resta deforme, come da canone. La presenza della maschera, tuttavia, non rende Erik un mostro, ma ne fa un sex symbol "brutto e dannato". La tossicità, in questo caso, viene scambiata per una forma di fascino intellettuale: Christine è attratta dal Fantasma in quanto artista, dalla sua genialità, dalla sua voce, ma non dal suo corpo. Per un attimo questo basta a farci dimenticare che un uomo di mezz'età stia manipolando emotivamente una ragazzina per i propri scopi. 

Questo anche perché la bruttezza di Erik nel film viene palesemente "edulcorata". Nel musical di West End, ad esempio, il trucco del Fantasma prevede un labbro deformato che si possa intravedere sotto la maschera, così come la quasi totale assenza di capelli nascosta sotto un parrucchino. Nel film, invece, la deformità di Erik si adatta perfettamente alla sua maschera, è paragonabile ad una semplice bruciatura (nulla di troppo repellente, a mio parere) e soprattutto ha ancora tutti i capelli in testa, anche se leggermente più sfoltiti. Insomma, è quasi accettabile, considerato che è pure compositore, ingegnere e maestro di canto.

La scena del film dove Christine (Emmy Rossum) e Erik cantano The Phantom of the Opera ad esempio omette totalmente lo sforzo fisico di Christine sulle note più alte per compiacere il Fantasma, scegliendo di sfumare la voce di lei su una ripresa panoramica del covo di Erik. Anche durante l'attentato sul palcoscenico nel corso della replica del Don Giovanni trionfante Erik appare ben vestito, in una mise che definirei oggettivamente sexy, anziché coperto da capo a piedi con un telo nero come nel musical. Christine, a buon ragione, nonostante lo riconosca immediatamente, non si mostra spaventata da lui nemmeno per un attimo. Anzi, accoglierà il duetto quasi come una sfida erotica. Chi non lo farebbe, alla fin fine? Il Fantasma di Gerard Butler, infatti, è una figura molto più rassicurante rispetto ai "Fantasmi" del passato (per non dire che è spaventosamente fregno), e quasi ci fa venir voglia di "tifare" per lui, piuttosto che per Raoul. 

Gerard Butler in Il fantasma dell'Opera (2004)

Anche le recenti produzioni West End/Broadway del Fantasma dell'Opera stanno puntano molto sul fatto che Erik, come figura "topica", celi in sé una forma di fascino molto potente. Un fascino, appunto, più emotivo/intellettuale che fisico. Il processo di trasformazione del Fantasma dell'Opera da mostro a sex symbol nella rappresentazione cult, infatti, ci suggerisce che non è il mostro in sé, la sua deformità, ad essere attraente per le masse, ma il suo genio creativo. La genialità e l'arte di Erik, in queste rappresentazioni, lo rendono bello oltre il suo stesso aspetto. Se da una parte la creazione di un'icona erotica "sapiosessuale" risulta intrigante, dall'altro purtroppo tende a sminuire il personaggio di Christine e la sua scelta d'amore "carnale" per Raoul. Da questa dicotomia tra "beauty and youth" e "genius and art", Christine sceglie l'amore per la bellezza: una scelta sbagliata, secondo Lloyd Webber, che infatti comporrà il sequel Love never dies lasciando intendere che Christine avrebbe dovuto scegliere Erik piuttosto che Raoul fin dall'inizio. 

A questo punto ci si chiede: ma è stato questo il motivo per cui Christine ha scelto Raoul? Davvero può considerarsi superficiale una donna che sceglie di non restare insieme a un uomo che l'ha manipolata e ha abusato emotivamente di lei, anche se questi è un genio della musica?
Dentro il personaggio di Erik forse il mostro e il sexy brain hanno sempre convissuto. Tuttavia, se negli ultimi tempi il secondo sta iniziando a prevalere sul primo, vorrà dire che il mondo ha bisogno di questo tipo di bellezza, più che quel genere di bruttezza. Si può considerare un riscatto, per il Fantasma dell'Opera: rifiutato dai suoi simili fin dalla nascita, ora il mondo intero lo ama e lo apprezza per ciò che rappresenta: la naturale attrazione di tutti gli esseri viventi verso l'arte e la bellezza.

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