La vicenda di Cloe Bianco rivive in "Laurence Anyways e il desiderio di una donna"

Di Sara Lodi

Laurence Anyways e il desiderio di una donna… è un film del 2012 diretto da Xavier Dolan (n.d.R: che recentemente il regista ha presentato a Torino). La trama ruota attorno alla vicenda di Laurence, che nel giorno del suo trentacinquesimo compleanno rivela alla compagna Fred di voler cambiare sesso. In un primo momento, la notizia suscita grande turbamento nella donna, la quale decide di allontanarsi per un periodo; successivamente accetta la sua decisione e sceglie di rimanergli accanto. Laurence insegna in una scuola superiore e Fred la sprona ad indossare abiti femminili sul posto di lavoro, per poter finalmente mostrare se stessa agli altri. 
Il giorno in cui entra in classe indossando un tailleur con gonna gli studenti ammutoliscono e fissano l’insegnante. Trascorrono alcuni pesantissimi secondi nel silenzio più assoluto, fino a quando una studentessa interviene chiedendo una delucidazione rispetto ad un paragrafo da studiare. In quel momento, sulle note di The funeral party, la situazione sembra prendere una piega positiva, perché i ragazzi non danno peso al cambiamento (almeno apparentemente).


Tuttavia la serenità è solo momentanea: dopo alcune settimane, Fred inizia a manifestare i primi sintomi di insofferenza, causati da una distanza sempre maggiore da parte di sua sorella e di sua madre. La giovane donna è sempre più isolata dai suoi familiari e a ciò si aggiunge una gravidanza inaspettata che decide di interrompere, vista la fase transitoria e delicata che stanno attraversando. 
Il colpo di grazia giunge con il licenziamento di Laurence dal liceo dove insegna: infatti, un gruppo di genitori indignati per la sua decisione di cambiare sesso scrive un articolo in cui la definiscono “malato mentale”, e quindi una persona inadatta a ricoprire un ruolo pubblico di esempio per i ragazzi. Durante il colloquio viene esplicitato che tale decisione non dipende dalla sua professionalità, ma dalla sua immagine scandalosa.

Allontanata dalla scuola, Laurence comincia a fare i conti con gli sguardi curiosi e beffardi della gente. Invadente e grossolana, la proprietaria di un bistrot si sente autorizzata a fare battute e domande sulla sua condizione, mentre le persone sedute intorno assistono alla scena a metà tra lo sbigottito, il compassionevole e l’accusatorio; nessuno, però, prende la parola per difendere Laurence, eccetto Fred, che inveisce contro la cameriera, rendendo palpabile allo spettatore l’esasperazione crescente, poi esplosa in grida esauste, che chiedono solo una tregua dall’invadenza della gente, che fa del dolore altrui un argomento di gossip. Da lì è tutta una discesa, perché Fred non è disposta ad accettare l’ostracismo sociale e l’emarginazione dalla famiglia. Laurence si ritrova sola. 

Questa storia ricorda molto il suicidio di Cloe Bianco, la professoressa transgender trovata morta all’interno della propria abitazione l’11 giugno 2022. La docente insegnava fisica all’Istituto Mattei di San Donà sul Piave, plesso da cui era stata allontanata nel 2015, perché, ancora una volta, un padre si era dichiarato indignato per la sua scelta di presentarsi in classe vestita da donna. L’uomo aveva scritto una lettera all’allora assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan, chiedendo che venissero presi dei provvedimenti per porre fine a tale “carnevalata”. In nome del decoro e dei valori morali tradizionali, l’insegnante era stata relegata alla mansione di segretaria, senza più la possibilità di avere interazioni con gli studenti. Anche in questo caso, come per Laurence, la sentenza giunse per motivi che esulavano dalla preparazione della docente, ma che avevano a che fare con la mancata adesione ai principi tradizionali che contemplano due soli generi, corredati dei rispettivi genitali: quello maschile e quello femminile. 

Cloe Bianco è stata vittima del pregiudizio altrui: in sociologia, il pregiudizio è l’estremizzazione di uno stereotipo, ovvero una rappresentazione rigida e semplificata della realtà, che impedisce all’individuo di giudicare con consapevolezza una situazione, e ciò si verifica per varie ragioni, tra cui, ad esempio, una conoscenza superficiale del fenomeno da giudicare o un’insufficiente livello di educazione in generale. Lo stigma che da sempre grava sulle persone trans è quello di essere dei pagliacci, dei travestiti, degli scherzi della natura; l’aspetto grottesco non può che essere il riflesso di un’interiorità marcia, che per questo può diventare oggetto di scherno e motivo di esclusione. Quando Cloe Bianco si presentò a scuola con abiti femminili aveva attirato su di sé in modo irreversibile il pregiudizio della  collettività e ne era stata esclusa. La sua competenza come insegnante non aveva più valore. Funziona così in una società in cui si ragiona secondo binari: giusto o sbagliato, sì o no, etero o escluso, bianco o bullizzato, maschio o femmina (il resto è innaturale, una “carnevalata”). 

Il 25 giugno 2022 c’è stato il Pride a Bologna, a cui ho assistito, a malincuore, attraverso la vetrina del negozio in cui lavoro. C’erano persone transessuali e non, omosessuali e non, diciamo solo tante persone e tantissimi colori. Un’energia travolgente animava la strada e la musica altissima scandiva la forza di tutti quei piedi marcianti per conquistare il legittimo diritto di occupare con sicurezza lo spazio. Ad avanzare e gridare c’erano tutti coloro che non tollerano più che uno spazio, qualsiasi esso sia, dal posto di lavoro all’angolo della strada, sia loro negato da un sistema che non accetta la diversità. 

Ciò che è successo a Cloe Bianco rappresenta il fallimento dei valori tradizionali carichi di ipocrisia e di odio. Il giorno del Pride, una cliente è entrata in negozio e mi ha detto che era sconvolta da quel disordine; io, invece, lo sono nel leggere che una donna si è tolta la vita, perché abbandonata e privata del proprio mestiere per via del suo corpo e del suo aspetto. Quel giorno, da via dell’Indipendenza, quella bolgia mal assortita si è radunata portando con sé la promessa di un cambiamento, pregno di speranza e di gioia profonda. Come scrive amaramente Laurence rivolgendosi ai professori che lo stanno allontanando dall’istituto, «Ecce Homo», il quale sa essere spietato, ma anche straordinariamente meraviglioso. 

Fonte: La Repubblica

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