Come uno strappo al centro di un Van Gogh-Thor: Love and Thunder

Di Fhe Pacifico

Da mercoledì 6 luglio i cinema mondiali hanno offerto il quarto capitolo dei film sul Dio del tuono, uno dei pochi rimasti della squadra degli Avengers: Thor. Thor: Love and Thunder però sembra barcollare sulla lama della bellezza e del dubbio. Infatti, il film nonostante sottolinei la bravura di Taika Waititi come regista e la possibilità di unire autorialità e commerciabilità di un film, dall’altra vede problematiche concrete su diversi ambiti, dalla forzata comicità fino alle problematiche generali legata alla nuova fase che il mondo Marvel sembra aver acquistato. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, ma sembra che queste stiano sfuggendo dalle mani di uno dei più grandi universi cinematografici.

ATTENZIONE SPOILER

CHRISTIAN BALE: UNO DEI MIGLIORI-PEGGIORI CATTIVI

Se Avengers: Infinity War (2018) e Avengers: Endgame (2019) ci hanno emozionato con Thanos, uno dei cattivi migliori che la Marvel ha presentato sui suoi schermi, Taika Waititi ci mostra che il Titano viola non è la carta migliore che poteva essere buttata sul tavolo da gioco, presentandoci Gorr. Un semplice uomo, disperato per la morte della figlia, che pensa di poter trovare la felicità prostrandosi letteralmente ai piedi del suo Dio; un Dio che in pochi attimi si dimostrerà egoista e lontano dall’idea sul quale era stato costruito. Gorr, rimasto solo e senza speranza, si abbandona e diventa il Macellatore di Dei.

Ma cosa lo rende uno dei migliori cattivi della Marvel? Christian Bale ha portato sullo schermo un cattivo il cui obiettivo è distruggere tutte le divinità, non per noia, ma per sbarazzare i mondi da quei parassiti che fingono che realizzeranno desideri se pregherai abbastanza, se sarai abbastanza devoto. La fine degli Dei diventa, così, il possibile inizio dell’umanità. Eppure, alcune caratteristiche sembrano essere semplicemente sbagliate nella loro realizzazione.

Se la recitazione di Christian Bale mette in scena tutto il dolore che, come sangue vivo, pulsa nelle vene di Gorr e gli dà la forza per essere il Macellatore di Dei e non far vivere più a nessuno quello che lui ha vissuto, ossia la perdita della speranza, al contempo non sembra aver riscontrato un’elevata giustizia la sua recitazione e la bellissima scrittura del personaggio.

La prima ragione è il make-up. Gorr e le motivazioni al quale è legato sono come le radici di un albero, intrecciate nel suo passato e nella sua sofferenza. Nel momento in cui passa da essere un devoto discepolo al Macellatore di Dei perde tutti quei tatuaggi che aveva precedentemente sulla sua pelle, i quali invece sarebbero stati essenziali per sottolineare il suo legame con il perché sta facendo ciò. Trasformare i tatuaggi in cicatrici, escoriazioni della pelle avrebbe permesso di sottolineare “l’ustione” che ha provato la sua anima quando la fiaccola della speranza è stata spenta dal suo Dio.

A questo va a seguire il costume, una semplice toga cerimoniale, simile a quello che indossava quando era ancora con la figlia, ma sembra ancora troppo complesso per un personaggio che sembra basarsi sul minimalismo. Gorr, con i suoi colori bianco sporco, grigi e neri, è il doppio-contrario di Thor, la cui realtà colorata ed eccentrica invadono il film. Scegliere quindi per Gorr un costume che lo copre dalla testa ai piedi, anche se a primo occhio semplice, sembra allontanare dall’effettiva semplicità che racchiude e rappresenta il Macellatore di Dei, che piuttosto avrebbe dovuto, come nel caso dei tatuaggi, continuare ad indossare i piccoli ed usurati indumenti che aveva nel momento in cui ha perso la figlia e tutto ciò in cui credeva.

L’ultima ragione è legata al doppiaggio. Riccardo Scarafoni non sembra rendere perfettamente la rabbia trasmessa da Bale, piuttosto sembra presentare una versione stereotipata di un cattivo di film commerciali, un Joker-macchietta da portare su tutti gli schermi, quella voce e quel modo di parlare che ti aspetti da un cattivo di un qualche film di supereroi e commerciale indirizzato agli adolescenti.

Quindi, anche se la scrittura del personaggio e la recitazione di Christian Bale avrebbero potuto portare alla perfezione, questi piccoli dettagli hanno ampliamente rovinato ciò, rendendolo qualcosa di più vicino all’apprezzabile.

QUANDO SI DICE “IL TROPPO STROPPIA”: IL PROBLEMA DELLA COMICITA’

La comicità sembra essere una delle chiavi centrali del lavoro di uno dei registi più bravi dell’ultimo periodo: Taika Waititi. Basta vedere i suoi lavori precedenti, come l’intero Jojo Rabbit, per notare ciò. Molte volte, come nell’esempio precedentemente citato, la comicità diventa il modo per poter parlare di problemi più gravi. Anche se in Thor: Love and Thunder diventa il segno per differenziare questo suo film e il precedente Thor Ragnarok dagli altri film della saga di Thor di Kenneth Branagh (Thor, 2011) e di Alan Taylor (Thor: The Dark World, 2013), sembra che questa volta gli sia sfuggita leggermente di mano.

Nella prima mezz’ora le battute fanno entrare lo spettatore in questo universo spettacolare e unico. Potremmo dire che Taika Waititi è stato così capace di farci entrare nella testa di Thor, che molte volte sembra viaggiare in un suo universo colorato e magico. Ma da un certo punto in poi diventa troppo, un allarme che suona continuamente di notte impedendoti di dormire, e lo stesso grido di fastidio è rappresentato dall’urlo delle capre le quali, spuntando ogni tanto – quasi come un promemoria che loro sono lì – ti impediscono di vivere al meglio l’esperienza cinematografica. Se all’inizio del film fanno ridere delle capre giganti che urlano nella navicella dei Guardiani della Galassia finché non si bloccano impaurite quando si parla di “carne di capra”, nella scena in cui la nave della Valchiria si schianta sull’universo oscuro, l’urlo delle capre ha rovinato quello che sarebbe potuto essere una delle parti più belle realizzate nei film degli ultimi vent’anni. Come uno strappo al centro di un Van Gogh.

NAVIGANDO NELL’OBLIO

In generale il film è abbastanza interessante, ma dov’è che la Marvel vuole effettivamente arrivare?

La sua quarta fase si è aperta il 7 luglio 2021 con Black Widow di Cate Shortland e da allora sono usciti 6 film (contando Thor: Love and Thunder) e sette serie televisive, eppure sembriamo abbastanza sballottolati da una parte all’altra, incapaci di vedere un’effettiva linea da proseguire. Dove andremo effettivamente? Quello che sembrano avere in comune queste serie è il multiverso, ma di un argomento così importante ancora sembra che il seme non sia neanche stato ancora effettivamente piantato. Ce l’abbiamo, abbiamo comprato anche il vaso e il terriccio e tutti gli attrezzi che servono per poterlo far diventare un rigoglioso albero ma quando potremo effettivamente piantarlo? Il nuovo film di Thor continua su questa strada del “non farci capire”. Non farci capire cosa avverrà, cosa dobbiamo aspettarci e cosa effettivamente vuole fare la Marvel.

Inoltre, ci sono stati proposti anche nuovi universi, nuovi mondi, nuovi personaggi, che si aggiungono alle migliaia di possibilità che potremmo vedere sullo schermo. Ma quello che mi preoccupa è: vedremo effettivamente qualcosa? O ancora meglio, verrà messo in scena qualcosa di decente? Il tema del multiverso è un tema ampio e se l’anno scorso con Wandavision, Loki e Spiderman: No Way Home sembrava esistere una vera strada per la costruzione di un vero universo che trattasse ciò (in parte una speranza rinata anche con Doctor Strange: l’universo della follia) sembriamo essere ricaduti in un fossato di incertezze. La mia speranza è che un tema così bello e pieno di potenziale venga effettivamente sfruttato.

Concludo dicendo che, nonostante tutta la negatività sottolineata nell’articolo, all’interno del film c'è tanto potenziale. La bravura di Taika Waititi sottolinea l’importanza di Thor come personaggio della Marvel (e magari di una nuova Marvel che si prendi cura anche della salute mentale di quelli finora visti come gli indistruttibili) e segna l’inizio per quei film molto più simili ai fumetti. Già con Wandavision ci erano stati presentati gli originali costumi di Wanda, Visione e Aghata Harkness, un passaggio ripreso con Thor e il suo costume così fumettistico (come anche il tuono). È possibile quindi che in realtà in parte ci stiano indirizzando più che verso un'era del multiverso verso un periodo dove il fumetto venga preso e magicamente reso reale, pagine che danzano sugli schermi dei cinema.

Thor: Love and Thunder è un insieme di tante opportunità e porte che pian piano si aprono per la Marvel; quindi, confidiamo che non rimangano così ma che vengano spalancate e vissute tutte le stanze e le bellezze al loro interno.

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