Gli Oscar che vorremmo, ovvero 12 nomination mancate

Di Eleonora Groppelli e Silvia Strambi

Anche quest'anno gli Academy hanno stilato le loro liste e cavato, dall'ammasso dei ben 276 film papabili per gli Oscar, le loro cinquine. In testa con 12 nomination il film Netflix Il potere del cane (Jane Campion), seguito con 10 dal fantascientifico Dune (Denis Villeneuve) e con 7 da Belfast (Kenneth Branagh) e dal musical West Side Story (Steven Spielberg) a parimerito. 
Ma in un anno in cui la macchina del cinema si è lentamente ripresa, dopo il momento critico affrontato nel 2020, le uscite sono state tante e tali che, nonostante l'ampia selezione effettuata (che tra l'altro si è aperta anche al nostro paese, con la candidatura a miglior film straniero per È stata la mano di Dio), alcuni contendenti sono comunque rimasti fuori dal gioco. Vi lasciamo, allora, alcune delle candidature secondo noi ingiustamente omesse in questa edizione degli Academy Awards. 

MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE-Petite Maman (Celine Sciamma)

Scena dal film Petite Maman (2021)

Dopo il capolavoro Ritratto di una giovane in fiamme (2019) Celine Sciamma ritorna nelle sale con Petite Maman, la storia di Nelly, una bambina che un giorno, dopo la recente scomparsa della nonna, incontra una coetanea dalle sembianze familiari, con cui inizia a giocare tutti i giorni. 
Sciamma costruisce un racconto d’infanzia che intrecciando il fantastico con il reale, giocando con il tempo, tratta il tema della perdita e del suo superamento. Ritrae con estrema tenerezza il rapporto di una mamma con la sua bambina, il tutto immerso in un’atmosfera autunnale intrisa di colori caldi. I personaggi si muovono con delicatezza e sembrano essere disegnati con i pastelli. 
Uno degli elementi più convincenti della pellicola è la spontaneità rappresentata dalla piccola Nelly: quest’ultima è infatti capace di dimostrare la grande sensibilità di cui i bambini sono dotati e attraverso cui sono in grado di capire i genitori. 

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA-Adam Driver (Annette)

Adam Driver in Annette (2021)

Solo nel 2021 abbiamo potuto vedere Adam Driver in sala in 3 film e in 3 ruoli molto diversi: il volgare e prepotente Jacques Le Gris in The last duel, il pacato Maurizio Gucci nell’altrimenti sopra le righe House of Gucci, ed infine lo stand up comedian Henry McHenry nel musical Annette
Per quanto il film sia stato accolto con critiche discordi, l'interpretazione di Driver meriterebbe sicuramente più riconoscimento. L'attore non ha solo dato vita ad una performance canora per lui inedita, ma ha convogliato inoltre una straordinaria gamma di emozioni. Henry è un personaggio spregevole, interessato unicamente ai propri fini e al proprio guadagno, eppure l’interpretazione di Driver riesce a donargli una profondità che ce lo rende se non simpatico simpatetico. Le profondità oscure a cui il personaggio arriva sono rese sopportabili solo grazie al suo ottimo lavoro.

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA-Jodie Comer (The last duel)

Credits: 20th Century Studios

Se da un punto di vista narrativo l’ultimo blockbuster di Ridley Scott ha diviso le opinioni del pubblico, da quello recitativo non ha affatto deluso. Vogliamo infatti evidenziare l’impeccabile performance dell’attrice britannica Jodie Comer, che nel film interpreta Marguerite de Carrouges. 
Già nota per l’interpretazione di Villanelle nella serie televisiva Killing Eve, Comer è in grado di restituire un’autentica Marguerite in tutti e tre i punti di vista attraverso cui la storia viene narrata. La sua interpretazione è stoica ed efficace, bilancia al meglio sfumature che riflettono la determinazione e la forza di volontà del suo personaggio, così come le sue paure. La sua recitazione è una spada tratta che fende e si fa spazio, spiccando fieramente tra quelle dei colleghi Driver e Demon. 

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA-Mike Faist (West Side Story)

Mike Faist in West Side Story (2021)

Il cast di West Side Story, composto principalmente da attori di Broadway e\o alla loro prima esperienza cinematografica, è stato perfettamente centrato (eccezion fatta per il protagonista). Un performer in particolare, tuttavia, ha catturato l'attenzione collettiva, ovvero Mike Faist nei panni di Riff, miglior amico del protagonista Tony. 
Definire la sua interpretazione criminalmente sottovalutata sarebbe un eufemismo: Faist non solo convince nei panni del teppistello di strada, ma lo fa anche infondendo nel personaggio una buona dose di tragica fragilità e una comprensione profonda delle sue motivazioni. Il tutto lavorando molto con gli occhi, specchio della sua anima combattuta, portando sullo schermo un Riff più che mai certo, come afferma lui stesso, di essere destinato a morire giovane e di non aver altro che la sua gang e "i suoi ragazzi".

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA-Ruth Negga (Due donne-Passing)

Credits: Netflix

Il film di Rebecca Hall è passato abbastanza inosservato. Tuttavia c'è un aspetto di Passing che avrebbe meritato più attenzione durante la stagione dei premi: l'interpretazione di Ruth Negga nei panni di Clare, donna nera che "passa" per bianca per avere accesso alla ricca società bianca. 
Negga crea un personaggio sfaccettato, dotato di un carattere non sempre decifrabile: costretta nel suo ruolo di moglie-trofeo o felice di essere scampata alla povertà? Sinceramente interessata a ristabilire i rapporti con la comunità nera o decisa a mantenere la sua posizione? Amica della protagonista Irene o solo affascinata da suo marito? Clare è affabulatrice, elegante ed affascinante tanto quanto è confusa e fragile. 
Negga dona profondità ad un ruolo che forse, in altre mani, sarebbe risultato meno memorabile.

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE-C'mon C'mon (Mike Mills)

Credits: A24

Lo scorso novembre la casa di produzione A24 ha sfornato questo piccolo capolavoro in bianco e nero, diretto e scritto da Mike Mills. Joaquin Phoenix è Johnny, un giornalista munito di microfono e computer che, accompagnato da una piccola troupe, viaggia attraverso l’America intervistando bambini. La sua vita verrà stravolta quando dovrà iniziare ad occuparsi di suo nipote Jesse.
È una storia che non possiede una linea temporale rigida: attraverso pochi personaggi, Johnny, la sorella Viv, e il figlio Jesse, Mills tesse una rete di rapporti familiari complessi. Il bianco e nero crea un’atmosfera che esalta la parte più importante dell’opera, i dialoghi. In questo film le parole sono fondamentali, quelle complesse dei discorsi tra Johnny e Viv si mescolano a quelle semplici ma cariche di verità dei bambini
Questa storia dimostra come parlare ma soprattutto ascoltare sia la chiave per comprendere gli altri e anche sé stessi. 

MIGLIORI COSTUMI-Spencer (Jacqueline Durran)

Credits: Neon

Nonostante l’interpretazione di Kristen Stewart nei panni di Lady Diana abbia valso al film di Pablo Larraín la candidatura a miglior attrice protagonista, c’è un aspetto di questa pellicola che merita altrettanta attenzione. 
Parliamo di costumi. Questi hanno un ruolo fondamentale all’interno del film perché contribuiscono ad esprimere il conflitto interno della principessa durante il periodo di separazione con il principe Carlo. La costumista Jacqueline Duran ha realizzato, in collaborazione anche con Chanel, abiti che non si limitano ad essere delle repliche di quelli veri, ma si ispirano ad essi. I colori sgargianti e i tessuti ricercati che permeano il vestiario della Stewart nel film, come il lungo vestito senza spalline del poster, riflettono al meglio la vita triste ma privilegiata di Lady Diana. 

MIGLIOR CANZONE ORIGINALE-We don't talk about Bruno (Encanto)


Diciamoci la verità: se questa canzone fosse stata selezionata per concorrere agli Oscar non avremmo alcun dubbio sulla sua vittoria. 
We don't talk about Bruno non è solamente l'ennesimo tormentone di TikTok, o l'ultimo fenomeno reso virale dalla Generazione Z. La canzone del compositore Lin-Manuel Miranda (autore di Hamilton e della colonna sonora di Oceania) prende a piene mani dal suo background teatrale e si configura come un grande numero da musical, con armonie che si alternano al rap, marchio di fabbrica dell'artista. Oltre a ciò, aiuta a dare spessore ai personaggi del film, che intervengono durante l'esibizione portando ognuno un diverso commento e un proprio stile. Contribuisce all'iconicità del brano anche la trovata, semplice ma efficace, del ripetuto "no, no, no" dopo aver pronunciato il nome del personaggio. Anche se forse, tra questo film e Luca, la Disney dall'anno prossimo dovrebbe cominciare a lasciar stare tutti i Bruno del mondo.

MIGLIOR FOTOGRAFIA-The French Dispatch (Robert D. Yeoman) e Sir Gawain e il Cavaliere Verde (Andrew Droz Palermo)

Scena dal film The French Dispatch

Scena dal film Sir Gawain e il Cavaliere Verde

Il 2021 è stato un anno ricco di film mozzafiato con una fotografia non da meno, motivo per cui comprendiamo la difficoltà dell’Academy nella scelta dei candidati. Però ci sono altri film che, secondo noi, avrebbero meritato la nomination

Sir Gawain e il Cavaliere Verde, scritto e diretto da David Lowery ed ispirato al poema cavalleresco omonimo, è un fantasy atipico, costellato da numerosi campi lunghi dominati da oscurità, dalle ombre della notte. Raramente lo schermo viene inondato dalla luce chiara del giorno. La fotografia di Andrew Droz Palermo spazia, dipingendo ogni scena con colori prettamente freddi in cui prevale il verde scuro e il blu, mentre i punti di luce vengono offerti da candele sparse nel buio. Tali scelte non sono altro che lo specchio di un’introspezione delle lotte interne del protagonista.

L’ultima opera di Wes Anderson, definita come una lettera d’amore al giornalismo, è il collage delle migliori vicende riportate dai giornalisti del quotidiano The French Dispatch
L’immagine, e tutto ciò che ha a che fare con essa, prevale su qualsiasi altro aspetto. Formati, luci e colori sono il mezzo attraverso cui il regista dà informazioni riguardo a personaggi e ambientazioni. Robert Yeoman non esalta pochi e vivaci colori, perché l’obiettivo della fotografia (e del film) non è di offrire immedesimazione ma di dare tante informazioni sterili. Particolare è la scelta di alternare il bianco e nero con una vasta gamma di colori pastello. 

MIGLIOR REGIA-Ridley Scott (The last duel) e Edgar Wright (Last night in Soho)

Credits: 20th Century Fox

Scena dal film Last night in Soho

Un'altra categoria che deve aver dato il mal di testa agli addetti degli Academy dev'essere stata quella di "miglior regia", visto il ritorno di mostri sacri come Campion ed Anderson. Ci teniamo comunque a segnalare il lavoro di altri due grandi cineasti che non hanno ottenuto l'attenzione meritata.

Siamo onesti: Ridley Scott ha diretto un buon film nel 2021. Solo che non era House of Gucci.
Scott non sempre fa colpo, ma quando lo fa il risultato è curato, minuzioso e perfettamente leggibile. Insomma, è il regista perfetto per The last duel (racconto in costume di uno stupro da tre punti di vista) in cui sono i piccoli dettagli a contare e a necessitare di essere visti anche dello spettatore meno attento. Oltre a ciò, il cineasta è riuscito a dirigere bene il suo team: questa storia in tre parti è eterogenea, necessita di stili di scrittura e di interpretazioni attoriali diverse ma che risultino comunque e sempre coerenti. Il risultato finale è decisamente ben calibrato.

Dall'altra parte segnaliamo il lavoro svolto da Edgar Wright per l'horror Last night in Soho, storia di una ragazza dei nostri giorni che si trova catapultata nella Swinging London degli anni '60. In un film in cui la fotografia la fà da padrona, con richiami cinematografici che spaziano da Hitchcock a Clouzot e ancora a Refn, è assolutamente lodevole e più che mai evidente la perizia tecnica di Wright. La sua padronanza della macchina da presa dà vita a scene assolutamente impensabili senza l'uso del digitale. Ugualmente lodevole la sua scelta di affidarsi prevalentemente (non esclusivamente) a trucchi pratici.

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